Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13999 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 33120-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 430/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 22/10/2018 R.G.N. 1144/2014;
Oggetto
Danno alla professionalità
R.G.N. 33120/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/03/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 453/2012, depositata il 19.4.2012, la Corte d’appello di Catanzaro, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Cosenza del 27.5.2004 (che aveva emanato diverse statuizioni anche di condanna in favore di COGNOME NOME), e, in riforma del capo della sentenza di primo grado che aveva condannato la società al pagamento in favore del lavoratore di somme maturate per il periodo dal 30 aprile 1995 al 15 maggio 1998, data dell’effettiva riammi ssione in servizio del lavoratore, aveva qualificato tali importi come risarcimento del danno derivato al lavoratore in seguito all’inadempimento del datore di lavoro che aveva illegittimamente rifiutato le prestazioni del COGNOME; aveva, quindi, ritenuto applicabile l’art. 32 L. n. 183/2010 ed aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di una somma pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita prima della conversione del rapporto, oltre accessori.
Con sentenza n. 19295, depositata il 12.9.2014, questa Corte Suprema, dichiarato inammissibile il secondo motivo del ricorso per cassazione proposto dal COGNOME avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, aveva accolto, invece, il primo motivo dello stesso ricorso e, in relazione ad esso, aveva cassato la sentenza allora impugnata ed aveva rinviato alla Corte d’appello di Reggio Calabria, cui rimetteva anche la pronuncia sulle spese di giudizio.
2.1. Più nello specifico, era ritenuto fondato detto primo motivo, con il quale si denunciava violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, per aver la sentenza allora impugnata ritenuto applicabile la disposizione richiamata al periodo successivo alla sentenza che aveva dichiarato la conversione del contratto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato. Si osservò che era ‘infatti incontestato che la sentenza che ha accertato l’illegittimità del termine è del 16 marzo 1995, mentre la Corte distrettuale aveva applicato la L. n. 183 del 2010, art. 32, in relazione al periodo oggetto del contendere che va dal 30 aprile 1995 al 15 maggio 1998’, e che: ‘In tal modo, però, la gravata pronuncia ha erroneamente applicato la citata disposizione, che, come questa S.C. ha già avuto modo di statuire più volte, anche sulla scorta di Corte cost. n. 303 del 2011, copre con un’indennità forfetaria solo il periodo c.d. intermedio, cioè quello compreso dalla scadenza del termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro fino alla sentenza che ne accerta la nullità e dichiara la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato (Cass. n. 19098 del 2013; Cass. n. 9023 del 2012; Cass. n. 3056 del 2012)’.
2.2. Pertanto, in accoglimento di tale motivo, la sentenza allora impugnata era cassata con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, che doveva attenersi al seguente principio di diritto: ‘In tema di risarcimento del danno per i casi di conversione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, lo ‘ius superveniens’ rappresentato dalla L. n. 183 del 2010, ex art. 32, commi 5 e 7, configura, alla luce dell’interpretazione adeguatrice offerta dalla Corte costituzionale con sentenza n. 303 del 2011, una sorta di penale ex lege a carico del datore di lavoro per i danni causati dalla nullità del termine sino alla
sentenza di conversione, e non può operare per il periodo successivo a detta sentenza’.
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Reggio Calabria, in sede di rinvio, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Cosenza del 27.5.2004, e in parziale riforma di quest’ultima, che nel resto confermava, così provvedeva: ‘1) dichiara il diritto di COGNOME NOME all’inquadramento quale programmista di terzo livello dal 15 maggio 2001; 2) ridetermina il credito retributivo maturato dal COGNOME nei confronti della convenuta nel periodo compreso fra il 21 aprile 1995 e il 15 maggio 1998 in 69.403,25 euro, oltre interessi e rivalutazione dalle singole scadenze al soddisfo; 3) ridetermina il credito per il risarcimento del danno da lesione della professionalità in un terzo delle somme di cui al punto 2 oltre un terzo delle somme maturate a titolo di retribuzioni dovute da febbraio 1990 al 20 aprile 1995, queste ultime come risultanti dalla sentenza del Pretore di Cosenza 1260 del 1999 una volta espunto quanto maturato fino a gennaio 1990; 4) condanna la convenuta a erogare al COGNOME le somme di cui ai punti 2) e 3), autorizzandolo a detrarre quanto erogato con i prospetti paga di agosto 1999 (imputazione febbraio 1990 -aprile 1995) e luglio 2004 (imputazione maggio 1995maggio 1998)’; 5) condannava la convenuta a rimborsare al COGNOME le spese di lite, come liquidate per ogni grado e fase, ponendo anche a carico della Rai le spese di C.T.U. come liquidate in separata ordinanza.
Per quanto qui ancora interessa, la Corte del rinvio riteneva circa il danno alla professionalità del lavoratore che, avuto riguardo alla funzione attribuita al COGNOME, di natura intellettuale e legata ad un settore in cui l’innovazione è
costante per fatto notorio, il danno poteva essere senz’altro presunto, e che anche la parametrazione a 1/3 della retribuzione dovuta appariva congrua, considerando che, come insegnava giurisprudenza pacifica, la retribuzione costituisce un attendibile indice dell’impoverimento delle capacità del lavoratore per il mancato esercizio quotidiano dell’attività, e che la frazione individuata dal primo giudice era ictu oculi ragionevole in un’ottica inevitabilmente equitativa.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Ha resistito l’intimato con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia ‘Violazione e falsa applicazione articoli 111 comma 6 Costituzione ed articolo 132 comma 2, n. 4 cpc in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’, per non avere la Corte territoriale motivato, o per aver introdotto nella sentenza una motivazione solo apparente e tautologica, e comunque, certamente incomprensibile sia sulla individuazione della natura del pregiudizio alla professionalità, sia sulla sua sussistenza, sia sulla introdotta presunzione di detto danno in presenza di funzione intellettuale attribuita al lavoratore (senza il benché minimo accenno a tale funzione ed alle sue caratteristiche specifiche), sulla base di un altrettanto apodittica affermazione di ‘fatto notorio’ di ‘innovazione costante’ nel setto re (senza chiarire a cosa ci si riferisce con innovazione e settore).
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione art. 2059 cc e principi in materia di danno non patrimoniale. Violazione art. 2697 cc. e 115 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc’, per aver la Corte d’appello, nel riconoscere affrettatamente ed apoditticamente il risarcimento del danno alla ‘professionalità’ pur in presenza del rigetto di tutte le altre istanze risarcitorie, violato e falsamente applicato i principi in tema di risarcimento del danno non patrimoniale e l’art. 2059 cc, individuando e riconoscendo una autonoma figura di danno (ritenuta sussistente e da risarcire) distinta da altre (ritenute insussistenti e da non risarcire) all’interno della generale categoria del danno non patrimoniale e per aver dato per scontati effetti pregiudizievoli che invece andavano, ove sussistenti, chiaramente indicati e provati, finendo sostanzialmente per individuare una ipotesi di ‘danno evento’ o ‘danno in re ipsa ‘ non contemplata dall’ordinamento, peraltro in assenza di allegazioni e prove fornite al riguardo da controparte su cui gravava il relativo onere.
Con un terzo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione art. 32 commi 5 e 7 legge n. 183/2010 vigente ratione temporis ed articolo 384 e 394 cpc nonché del principio di diritto fissato da Cassazione Lavoro con la Sentenza n. 19295/2014, di rinvio, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cpc’, per aver riconosciuto e liquidato a titolo di risarcimento del danno alla personalità, 1/3 della retribuzione anche per il periodo dal febbraio 1990 (data di offerta della prestazione lavorativa da parte del RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE) al 16 marzo 1995 (data della sentenza di conversione del rapporto di lavoro) e dunque anche per ‘IL PERIODO CD INTERMEDIO’, con riferimento al quale, in base alla sentenza della Cassazione Lavoro n. 19295 del 2014 resa inter partes , con la quale è stato disposto ex art.
384 comma 2 cpc il rinvio alla Corte d’appello Lavoro di Reggio Calabria, non può riconoscersi null’altro che la ‘penale’ ex art. 32 comma 5 legge 183 del 2010.
Con un quarto motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione art. 32 commi 5 e 7 lege n. 183/2010 vigente ratione temporis ed articoli 384 e 394 cpc nonché del principio di diritto fissato da Cassazione Lavoro con la sentenza n. 19295/2014, di rinvio, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc’, per le stesse ragioni di cui al precedente motivo n. 3) richiamate per tuziorismo, deducendo il medesimo motivo anche in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc, sub specie di violazione e falsa applicazione di norme di diritto.
Con un quinto motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cpc nonché del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cpc’, per aver liquidato e riconosciuto motu proprio , a titolo di risarcimento del danno alla personalità, 1/3 della retribuzione anche per il periodo dal febbraio 1990 al 16 marzo 1995, nonostante la domanda del lavoratore fosse limitata al risarcimento del danno, esclusivamente per il periodo 1995-1998.
Il primo ed il secondo motivo, esaminabili congiuntamente per connessione, sono infondati.
La Corte, nel riferire le conclusioni rassegnate dal COGNOME, il quale aveva riassunto il giudizio a seguito della sentenza rescindente di questa Corte Suprema, ha riportato che questi aveva chiesto di ‘Condannare RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno contrattuale per dequalificazione professionale connessa alla forzata inattività per il periodo 16 marzo 1995 -15 maggio
1998, in misura equitativa o in quella indicata nel ricorso introduttivo di 173.529,51 euro (lire 336.000.000 pari a una mensilità di retribuzione per ogni mese di inattività) oltre accessori al soddisfo, ovvero ancora nella misura stabilita dal tribunale di Cosenza con la sentenza 1969/04 o quella maggiore o minore che sarà accertata con consulenza’ (cfr. pag. 2 della sua sentenza).
In parte motiva (nel già cit. § 3), la Corte, dando atto che la RAGIONE_SOCIALE contestava ‘essere dovuto risarcimento alcuno anche per il danno alla professionalità’, ha testualmente affermato: ‘Avuto riguardo alla funzione attribuita al COGNOME, di natura intelle ttuale e legata ad un settore in cui l’innovazione è costante per fatto notorio, il danno può senz’altro essere presunto’.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrare con le più varie, ipotetiche congetture (così, tra le altre, Cass., sez. un., 9.10.2019, n. 25392; id., 3.11.2016, n. 22232).
Ritiene il Collegio che la motivazione così resa dalla Corte in sede di rinvio non sia affatto ‘ apparente ‘ .
14.1. Più nello specifico, l’aver valorizzato la ‘funzione attribuita al COGNOME‘, ritenuta ‘di natura intellettuale’, costituisce apprezzamento da leggere alla luce del rilievo che in
parte precedente della propria motivazione la Corte aveva considerato che il COGNOME aveva rivendicato lo svolgimento di mansioni di ‘regia del telegiornale e degli altri programmi radiofonici e televisivi, direzione della ripresa, del montaggio, edizione e messa in onda, prestazioni al microfono o in video e al mixer video per riprese dirette o differite di attualità, inchieste, dibattiti, riprese di avvenimenti sportivi’ (così a pag. 8 della sua sentenza , nell’ambito del § 1) dedicato al tema del ‘Diritto all’inquadramento nel 3° livello’ ). Ed è di tutta evidenza che trattasi di attività di natura intellettuale, ricondotte infatti alla figura contrattualcollettiva del ‘programmista regista’. Ed è sempre al lume dei rilievi sopra riportati che dev’essere intesa la seguente specificazione che detta funzione è ‘legata ad un settore in cui l’innovazione è costante per fatto notorio’ , volendo la Corte significare che l’ambito di pregressa operatività del lavoratore atteneva anche a peculiarità tecnologiche del campo specifico destinate ad evolversi nel tempo.
14.2. Nel confermare la congruità del parametro di 1/3 della retribuzione dovuta, già utilizzato dal primo giudice, la Corte ha quindi considerato che ‘la retribuzione costituisce un attendibile indice dell’impoverimento delle capacità del lavoratore per il mancato esercizio quotidiano dell’attività’ .
14.3. Né sono riscontrabili in tale parte di motivazione le violazioni di norme di diritto specificamente denunciate dalla ricorrente nel secondo motivo.
Piuttosto, sono fondati il terzo, il quarto e il quinto motivo, da esaminare congiuntamente.
15.1. Anzitutto questo Collegio sottolinea che, come già notato, il petitum del lavoratore circa il risarcimento del danno
in sede di riassunzione era circoscritto al periodo dal 16 marzo 1995 al 15 maggio 1998, di allegata ‘forzata inattività’.
15.2. Inoltre, la Corte del rinvio ha riferito che il Tribunale di Cosenza, all’epoca quale giudice d’appello, con sentenza n. 361/1995 del 15.3.1995 aveva dichiarato l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 31 ottobre 1988 (cfr. pag. 2 della sua sentenza), e, pur dando molto sinteticamente conto della sentenza di questa Corte n. 19295/2014, dal principio di diritto ivi enunciato ne aveva desunto: ‘nel caso di specie, che il danno maturato dal 17 marzo 1995, data della sentenza 361/95, deve essere calcolato secondo i criteri previgenti’ (cfr. pag. 4 della stessa sentenza).
Ebbene, nonostante tali premesse, il risarcimento del danno per danno alla professionalità è stato poi rideterminato dalla Corte in sede di rinvio secondo i comuni criteri ed in via dichiaratamente equitativa per un ampio lasso cronologico, soprattutto comprensivo in parte del periodo c.d. intermedio, vale a dire quello che va dalla scadenza del termine sino alla sentenza di conversione, ossia, nella specie, la sentenza n. 361/95 del Tribunale di Cosenza in data 16.3.1995; periodo intermedio, in ordine al quale questa Corte di legittimità aveva ritenuto operante l’art. 32, commi 5 e 7, L. n. 183/2010, circa l’indennità risarcitoria onnicomprensiva ivi disciplinata.
15.3. La decisione resa in sede di rinvio è affetta anche dall’ulteriore error in procedendo , denunciato nel quinto motivo di ricorso.
15.4. Avendo, difatti, la stessa Corte di merito constatato la formazione di un giudicato interno circa il rigetto delle pretese del lavoratore in ordine alle altre voci di danno fatte valere,
diverse, cioè, da quella del danno alla professionalità nei limiti intesi e riconosciuti dal primo giudice, non si è considerato che in sede di riassunzione il lavoratore aveva circoscritto la domanda di condanna al risarcimento del danno sotto quest’ultimo profilo al ‘periodo 16 marzo 1995 -15 maggio 1998’, avendo connesso tale danno ‘alla forzata inattività’ in detto periodo.
Laddove, come più volte evidenziato, ‘il credito per risarcimento del danno da lesione della professionalità’, come rideterminato dalla Corte di merito, riguarda il ben più esteso periodo dal ‘febbraio 1990′ al ’15 maggio 1998’.
Tanto, pervero, integra vizio di evidente extrapetizione ex art. 112 c.p.c., in quanto il giudice di rinvio avrebbe dovuto pronunciarsi non oltre i limiti di tale domanda risarcitoria come riproposta in sede di riassunzione.
Per completezza, mette conto aggiungere che, diversamente da quanto sostenuto in proposito dal controricorrente, il quinto motivo di ricorso non solleva affatto una questione nuova e, quindi, non deducibile in questa sede di legittimità, ma afferisce a vizio consumatosi all’esito della fase di rinvio, e non in gradi e fasi precedenti del giudizio.
Conclusivamente, rigettati il primo ed il secondo motivo di ricorso, sono meritevoli di accoglimento i restanti tre motivi con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza in parte qua ; più nello specifico, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, giusta l’art. 384, comma secondo, seconda ipotesi, c.p.c., devesi statuire che dal risarcimento del danno alla professionalità del lavoratore, oggetto del capo 3) del dispositivo di detta sentenza, va espunto il risarcimento
relativo al periodo da febbraio 1990 al 20 aprile 1995, restando ferme nel resto le statuizioni della stessa sentenza, ivi comprese quelle relative alle spese dei due gradi di merito, del precedente giudizio di cassazione e di quello di rinvio.
Tenendo conto del parziale accoglimento del ricorso, sussistono i presupposti per compensare interamente tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, esclude il risarcimento del danno alla professionalità limitatamente alla parte del capo 3) del dispositivo in cui esso è stato riconosciuto per il periodo da febbraio 1990 al 20 aprile 1995; conferma nel resto, anche con riferimento al regolamento delle spese di gradi e fasi precedenti, e compensa tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 20.3.2024.