Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 913 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 913 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4289/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente –
contro
REGIONE UMBRIA, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di TERNI n. 506/2019 depositata il 18/06/2019.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 23/11/2023, dal Consigliere relatore NOME COGNOME:
Rilevato che:
l’RAGIONE_SOCIALE divenne cessionaria del credito di NOME COGNOME per la riparazione dei danni materiali a ll’autovettura , dalla stessa condotta e di proprietà di NOME COGNOME, a seguito di un impatto con un cinghiale sulla S.S. Valnerina, il giorno 30/10/2015 e chiese la condanna al pagamento della somma occorsa per le riparazioni nei confronti della Regione Umbria, che, anche a seguito della procedura di negoziazione, aveva negato il suo obbligo;
il Giudice di pace di Terni accolse parzialmente la domanda, attribuendo la responsabilità dell’occorso per la percentuale del sessanta per cento alla Regione e la condannò al pagamento di oltre duemila euro (€ 2.066,40) ;
su ll’ appello della Regione Umbria il Tribunale di Terni, con sentenza n. 506 del 18/06/2019, ha accolto l’ impugnazione della Regione e ha rigettato la domanda proposta dall’autocarrozzeria ;
avverso la sentenza d’appello r icorre per cassazione con un unico complesso motivo l’RAGIONE_SOCIALE
risponde con controricorso la Regione Umbria, che ripropone anche la questione, sulla quale il Tribunale, in applicazione del criterio della ragione più liquida, non si era pronunciato, della irritualità della cessione del credito, che non le sarebbe mai stata notificata;
per l’adunanza camerale del 23/11/2023, alla quale la causa è stata trattenuta per la decisione, la ricorrente ha depositato memoria;
Considerato che
la causa può essere decisa ugualmente, come già in appello, sulla base del criterio della ragione più liquida, a prescindere dalla ritualità della cessione del credito risarcitorio, posto che sul punto il contraddittorio non si è dipanato e la materia del contendere è agevolmente definibile, sulla questione principale e dirimente del criterio di imputazione della responsabilità e sulla prova dei relativi presupposti;
il motivo di ricorso è così rubricato: errata applicazione ed interpretazione dell’art. 2043 cod. civ. mancata contraddittoria e (o) errata valutazione delle prove, violazione degli artt. 2697 e 2699 cod. civ. nonché degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., violazione e (o) omesso esame dell’art. 17 della legge regionale n. 4 del 30/03/ 2011, che ha inserito l’art. 38 bis alla legge Regione Umbria n. 14 del 17/05/1994, con riferimento all’art. 360 , comma 1, n. 3 cod. proc. civ.;
l’unico motivo di ricorso è imperniato sull’erronea valutazione da parte del Tribunale del materiale probatorio e sull’errata applicazione della normativa codicistica e regionale;
il Tribunale di Terni ha ritenuto che, nella specie, la domanda dell’autocarrozzeria fosse infondata per insussistenza dei presupposti della colpa e della carente vigilanza esigibile da parte della Regione Umbria, e quindi ai sensi dell ‘art. 2043 cod. civ .;
il motivo di ricorso – che, oltretutto, riporta promiscuamente ampi stralci della sentenza di primo grado, di quella d’appello e degli atti difensivi di merito, senza adeguatamente evidenziare di quale atto si tratti di volta in volta – non censura adeguatamente l’impianto motivazionale del Tribunale ;
il giudice dell’appello continua a muoversi nell’orbita dell’art. 2043 cod. civ. ed esclude che l’RAGIONE_SOCIALE abbia fornito adeguata prova della colpa della Regione Umbria,
vieppiù a fronte della circostanza, pacifica, che quella su cui è avvenuto l’incidente , ossia la S.S. 209 Valnerina, è una strada di competenza dell’ANAS e non della Regione;
in breve, la sentenza impugnata afferma che non vi è colpa specifica della Regione Umbria nella mancata adozione di accorgimenti generalizzati, ossia su ogni tratto viario, atti ad impedire gli attraversamenti da parte di animali selvatici e che, inoltre, detta colpa non era stata adeguatamente provata in giudizio dalla parte che ne era onerata, secondo il paradigma dell’art. 2043 cod. civ. ;
la domanda della RAGIONE_SOCIALE si è, pertanto, incentrata sulla cristallizzazione della ragione della domanda risarcitoria ( causa petendi ) su una tesi giuridica in sé infondata;
nonostante il recente mutamento della giurisprudenza di legittimità sul regime applicabile in tema di danni provocati dalla fauna selvatica protetta, ossia non più ai sensi de ll’art. 2043 cod. civ., ma de ll’art. 2052 cod. civ. , e comunque la tendenziale esclusione di un giudicato implicito sulla qualificazione ai sensi dell’art. 2043 o 2052 cod. civ. (Cass. n. 31330 del 10/11/2023 Rv. 669467 -01, in motivazione) , nella specie l’impugnazione in cassazione si muove soltanto nell’orbita dell’art. 2043 cod. civ. ed è allora inammissibile, perché di carattere meramente fattuale e non pone validamente in discussione la statuizione di mancanza prova della colpa in capo alla Regione Umbria posta dal Tribunale di Terni a fondamento della decisione;
del tutto fuori tema è il richiamo , nell’ultima parte del motivo di ricorso, alla legislazione regionale e segnatamente legge Regione Umbria n. 14 del 17/05/2004, come modificata dalla legge regionale n. 4 del 30/03/2011, che prevede una tutela indennitaria e non risarcitoria e a condizione che non vi sia stata violazione
delle norme del codice della strada da parte del conducente del mezzo incidentato (sulla legislazione regionale in materia, e sul suo carattere complementare, si veda, con riferimento ad altro ente regione, Cass. n. 8383 del 29/04/2020 Rv. 657600 -01), trattandosi di argomento speso per la prima volta in sede di legittimità e, comunque, relativo a causa petendi inconciliabile con quella sola articolata fin dall’instaurazione della lite ;
il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile;
le spese di lite seguono la soccombenza dell’RAGIONE_SOCIALE e, tenuto conto dell’attività processuale espletata , in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
la decisione di inammissibilità d ell’unico motivo -e quindi dell’impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di