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Danni fauna selvatica: prova a carico del danneggiato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26055/2025, ha rigettato il ricorso di un automobilista che chiedeva il risarcimento per i danni subiti dalla sua auto a seguito di una collisione con un animale selvatico. Il caso verteva sulla richiesta di risarcimento per i cosiddetti danni da fauna selvatica. La Suprema Corte ha confermato la decisione di secondo grado, stabilendo che l’attore non aveva fornito prove sufficienti e incontrovertibili né sull’entità dei danni né sulla loro diretta derivazione dall’incidente. Applicando il ‘principio della ragione più liquida’, la Corte ha ritenuto assorbente la mancata prova del danno, rendendo superfluo esaminare la questione della responsabilità dell’ente pubblico.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danni da Fauna Selvatica: la Prova del Danno è Decisiva

L’ordinanza n. 26055/2025 della Corte di Cassazione affronta un tema molto comune: la richiesta di risarcimento per danni da fauna selvatica a seguito di un incidente stradale. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: prima ancora di stabilire chi sia il responsabile, è necessario dimostrare in modo inequivocabile di aver subito un danno e la sua esatta entità. Senza questa prova, qualsiasi domanda di risarcimento è destinata a fallire.

I Fatti di Causa

Un automobilista citava in giudizio un ente regionale per ottenere il risarcimento dei danni riportati dalla propria vettura dopo una collisione con un tasso su una strada provinciale. In primo grado, il Giudice di Pace accoglieva la domanda. Tuttavia, il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, ribaltava la decisione e rigettava la richiesta risarcitoria.

Il Tribunale motivava la sua scelta sulla base di una ragione ‘più liquida’ e assorbente: l’insufficienza della prova del danno. Nello specifico, il giudice di secondo grado riteneva che:
1. Le ‘conseguenze dannose’ non erano state descritte in modo dettagliato nell’atto di citazione.
2. I meri preventivi di spesa, seppur confermati dai loro autori sentiti come testimoni, non erano sufficienti a quantificare il danno.
3. Mancava un riscontro certo sullo stato del veicolo prima e subito dopo l’incidente, impedendo di stabilire con certezza la ‘effettiva derivazione dei danni’ dal sinistro.

L’automobilista, insoddisfatto, ricorreva quindi in Cassazione, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui quelle sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e sulla valutazione delle prove (art. 115 c.p.c.).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, confermando in toto la sentenza d’appello. La decisione si articola su alcuni punti cardine che chiariscono gli obblighi di chi agisce in giudizio per ottenere un risarcimento.

La Prova del Danno e i Danni da Fauna Selvatica

Il cuore della pronuncia risiede nell’onere della prova. La Cassazione sottolinea che la prova del danno è un fatto costitutivo del diritto al risarcimento. Spetta quindi a chi si afferma danneggiato (l’attore) fornire al giudice tutti gli elementi necessari per dimostrare non solo l’esistenza del danno, ma anche il suo preciso ammontare e il nesso di causalità con l’evento (in questo caso, l’impatto con l’animale selvatico).

Secondo gli Ermellini, il ricorrente non è riuscito a superare questo scoglio. Le censure mosse alla sentenza del Tribunale, infatti, si risolvevano in una richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, attività che non è consentita nel giudizio di legittimità. La motivazione del giudice d’appello è stata ritenuta adeguata, logica e non contraddittoria.

L’Applicazione del Principio della Ragione più Liquida

La Corte ha inoltre validato l’applicazione del cosiddetto ‘principio della ragione più liquida’. Questo criterio processuale permette al giudice di risolvere la controversia basandosi sulla questione che appare di più facile e rapida soluzione, tralasciando l’analisi di altre questioni più complesse.

In questo caso, la questione più ‘liquida’ era proprio la mancanza di prova del danno. Poiché l’attore non ha dimostrato adeguatamente il danno subito, è diventato irrilevante e superfluo stabilire se la responsabilità dell’incidente fosse da attribuire all’ente regionale ai sensi dell’art. 2052 c.c. (danno cagionato da animali) o dell’art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito). La causa è stata decisa per un difetto a monte, che ha assorbito ogni altra discussione sulla colpa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa delle norme processuali in tema di prova. I giudici hanno chiarito che non è sufficiente allegare dei preventivi di riparazione per considerata assolta la prova del danno. È necessario un quadro probatorio completo che permetta di ricostruire con certezza la dinamica e le conseguenze del sinistro. Il ricorrente avrebbe dovuto fornire prove più solide, come perizie, fotografie dettagliate dello stato dei luoghi e del veicolo immediatamente dopo l’incidente, o altre documentazioni idonee a dimostrare che i danni richiesti erano una conseguenza diretta ed esclusiva della collisione con l’animale.

La Corte ha respinto anche le doglianze relative a un presunto ‘travisamento delle prove’ e a un ‘omesso esame di un fatto decisivo’, ritenendo che il ricorrente stesse in realtà contestando nel merito l’apprezzamento del giudice, operazione preclusa in sede di Cassazione. Il Tribunale aveva esaminato gli elementi a sua disposizione e li aveva motivatamente ritenuti insufficienti, esercitando correttamente il suo potere di valutazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque intenda agire in giudizio per ottenere un risarcimento, in particolare nei casi di danni da fauna selvatica. Non basta raccontare un fatto e indicare un presunto responsabile. È indispensabile costruire fin da subito un solido impianto probatorio che documenti in modo inconfutabile ogni aspetto della propria pretesa: l’evento storico, il nesso causale e, soprattutto, l’esatta entità e natura dei danni subiti. In mancanza di una prova rigorosa, la domanda risarcitoria è destinata al rigetto, a prescindere da ogni altra considerazione sulla responsabilità.

Chi deve provare i danni subiti in un incidente con un animale selvatico?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova grava interamente sul danneggiato. È quest’ultimo che deve fornire in giudizio le prove concrete e incontrovertibili non solo che l’incidente sia avvenuto, ma anche l’esatta entità dei danni e la loro diretta derivazione dalla collisione.

Cosa significa il ‘principio della ragione più liquida’ applicato in questo caso?
Significa che il giudice ha deciso la causa basandosi sulla questione più semplice e dirimente, ovvero la mancanza di prova del danno. Poiché l’attore non ha dimostrato adeguatamente il danno subito, il giudice non ha avuto bisogno di esaminare le questioni più complesse relative alla responsabilità dell’ente pubblico, rigettando la domanda per questo motivo assorbente.

È sufficiente presentare dei preventivi di spesa per dimostrare l’entità del danno?
No. La sentenza chiarisce che i meri preventivi di spesa, anche se confermati in testimonianza dai loro redattori, non sono considerati di per sé prova sufficiente a dimostrare l’entità del danno e la sua riconducibilità all’incidente, specialmente in assenza di altri elementi come perizie o documentazione fotografica che attestino lo stato del veicolo prima e dopo il sinistro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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