Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21141 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 1096/2024 R.G., proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
REGIONE MARCHE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Macerata n. 479/2023 pubblicata l’1 .6.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 12.5.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Macerata, la Regione Marche, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni materiali da lui subiti quantificati in € 2.432,12 oltre accessori – in occasione del sinistro occorsogli in data 13.7.2018, alle ore 00,35 circa, allorché egli, alla guida della propria autovettura, mentre transitava lungo la S.P. 78 Picena nei pressi della località San Ginesio in direzione Macerata-Sarnano , all’altezza del INDIRIZZO, entrò in collisione con un cinghiale, che si immetteva improvvisamente ed imprevedibilmente nella sua corsia di marcia, nonostante esso attore stesse procedendo a bassa velocità. Si costituì in giudizio la Regione Marche, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva e contestando le avverse domande, di cui chiedeva il rig etto. Istruita la causa, l’adito Giudice di pace, con sentenza n. 1185/2019 del 10.12.2019 , accolse la domanda attorea, condannando l’ente al risarcimento del danno in favore del COGNOME , in misura pari ad € 2.432,12, oltre accessori, regolando le spese. La Regione Marche propose appello dinanzi al Tribunale di Macerata , contestando l’accertata sua responsabilità ex art. 2043 c.c.; si costituì NOME COGNOME resistendo al gravame e proponendo anche appello incidentale in ordine al mancato riconoscimento della responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 2052 c.c. I l Tribunale di Macerata, con sentenza dell’1.6.2023, accolse l’appello principale , rigettò l’incidentale e , riformando la prima decisione, rigettò le domande attoree. Osservò in particolare il giudice d’appello che la domanda attorea era stata espressamente proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c.; che comunque il rigetto della domanda si giustificava anche ai sensi dell’art. 2052 c.c.; che la domanda era stata accolta dal Giudice di pace
per l’accertata negligenza della Regione, consistita nella ‘ mancata adozione delle adeguate misure di gestione e vigilanza della fauna ‘, mediante guard-rail, nonché di sistemi di contenimento della sua indiscriminata proliferazione, e ancora per non aver la Regione adeguatamente compulsato l’ente proprietario della strada (Provincia) per l’apposizione di adeguata segnaletica . Rilevò quindi che l’assenza di adeguata segnaletica non può ritenersi di per sé causa del sinistro cagionato da animali selvatici e che, dunque, non poteva che essere priva di rilievo la mancata compulsazione della Provincia da parte della Regione per la sua apposizione; che la notoria presenza di ungulati nella zona avrebbe dovuto indurre il danneggiato ad una ancor più prudente condotta di guida; che peraltro il COGNOME aveva accettato il rischio di passare per quella strada, per di più di notte e in assenza di pubblica illuminazione; che, sotto altro profilo, mancava la prova che, con l’adozione delle opportune cautele di competenza della Regione, l’evento dannoso non si sarebbe verificato; che nell’ipotesi di scontro tra l’autoveicolo e l’animale selvatico, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità occorre che il conducente fornisca la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare l’incidente che la condotta dell’animale selvatico abbia assunto connotati di imprevedibilità e di irrazionalità; che tale prova non era stata fornita dal danneggiato; che, in particolare, il teste COGNOME che seguiva la vettura del COGNOME con la propria, a poche decine di metri, aveva avvistato il cinghiale, sicché anche il danneggiato avrebbe potuto fare altrettanto e schivarlo; che tanto escludeva anche la possibilità di accogliere l’appello incidentale del COGNOME.
N. 1096/24 R.G.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME sulla scorta di due motivi, cui resiste con controricorso la Regione Marche. Le parti hanno depositato memoria. Il Collegio ha riservato il deposito della ordinanza entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo ‘ Si censura la gravata sentenza per aver deciso in aperto contrasto con i principi stabiliti dalla Suprema Corte con sentenza 20 aprile 2020, n. 7969, confermati dalle successive pronunce di legittimità, omettendo di qualificare giuridicamente i fatti dedotti dall’attore e confermare l’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 2052 c. c., di cui si contesta la violazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ‘.
1.2 -Con il secondo motivo ‘ Si censura la gravata sentenza per violazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 84, comma 2, Reg. Codice della Strada (D.P.R. 495/1992) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non aver ritenuto in ogni caso raggiunta la prova richiesta dall’art. 2043 c.c. in ordine alla responsabilità del sinistro occorso con un animale selvatico, in contrasto con i principi stabiliti dalla sentenza 18 febbraio 2020, n. 4004 della Suprema Corte ed in violazione dell’art. 84, comma 2, del regolamento del Codice della strada ‘.
2.1 -Il primo motivo è con ogni evidenza fondato.
Il Tribunale marchigiano, nella decisione della causa, ha senz’altro esaminato le vicende processuali nel prisma dell’art. 2043 c.c., valutando quindi il tema degli elementi costituitivi della domanda risarcitoria aquiliana , compreso l’elemento psicologico in capo alla Regione, ritenuto nella specie insussistente. Ha poi affermato, ma apoditticamente, che la domanda era comunque infondata anche
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nell’ottica dell’art. 2052 c.c., fermo il fatto che l’attore non aveva provato di aver guidato con prudenza, tanto più che egli fu in grado di avvistare l’ostacolo e di schivarlo per tempo.
2.2 -Ora, premesso che nessun ostacolo sussiste circa la possibilità di qualificare la domanda proposta dal COGNOME nell’ambito dell’ art. 2052 c.c., non potendo al riguardo configurarsi alcun giudicato interno, tanto più che il danneggiato vittorioso ex art. 2043 c.c. -prudenzialmente -resistendo al gravame principale della Regione, aveva anche proposto appello incidentale condizionato sul punto, non v’è dubbio che la sentenza impugnata abbia applicato senz’altro l’art. 2043 c.c., anziché l’art. 2052 c.c., poi affermando apoditticamente che anche in tale ultima ipotesi la domanda non avrebbe potuto trovare accoglimento.
Tuttavia, è noto che la giurisprudenza di questa Corte, sul tema dei danni da fauna selvatica, a partire dalla nota sentenza n. 7969 del 2020, s’è ormai consolidato nel senso che: a) ‘ I danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della l. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema ‘ (Rv. 657572-01); e che 2) ‘ In materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre
spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi ‘ (Rv. 657572-02; in senso conforme, ex plurimis , Cass. n. 12110/2020).
Il citato insegnamento, poi, si è via via arricchito di ulteriori spunti, in relazione all’ipotesi, pure ricorrente nel caso di specie, in cui il sinistro avvenga con impatto tra l’animale selvatico e un veicolo , occorrendo coordinare la regola della presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. con quella di cui all’art. 2054, comma 1, c.c. Si è così affermato il principio per cui ‘ Nell’ipotesi di scontro fra un veicolo ed un animale selvatico, il concorso fra le presunzioni di responsabilità stabilite a carico del conducente del veicolo e del proprietario dell’animale, rispettivamente dagli artt. 2054 e 2052 c.c., comporta la pari efficacia di entrambe le presunzioni e la conseguente necessità di valutare, caso per caso, e, senza alcuna reciproca elisione, il loro superamento da parte di chi ne risulta gravato; pertanto il danneggiato, ove sia anche il conducente del veicolo, deve allegare e provare non solo la dinamica del sinistro, il nesso causale tra la condotta dell’animale appartenente ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla l. n. 157 del 1992 e l’evento dannoso, ma anche di avere adottato, nella propria condotta di guida, ogni opportuna cautela (da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui è nota la possibile presenza
di animali selvatici) e che la condotta dell’animale ha avuto, effettivamente ed in concreto, un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui, nonostante la prudenza, non sarebbe stato possibile evitare l’impatto, mentre la Regione deve dimostrare il caso fortuito ‘ (così, da ultimo, Cass. n. 17253/2024; sost. conf. Cass. n. 11107/2023, pure citata dalla sentenza impugnata, ma evidentemente fuori contesto).
Sotto diverso ma collegato angolo prospettico, si è poi condivisibilmente affermato che ‘ In tema di responsabilità per danni derivanti dall’urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di responsabilità a carico del conducente (ex art. 2054 c.c.) concorre con la presunzione di colpa a carico del proprietario dell’animale, ma non prevale su questa, sicché, se uno dei soggetti interessati supera la presunzione posta a suo carico, la responsabilità grava sull’altro; se, invece, entrambi vincono la presunzione di colpa, ciascuno va esente da responsabilità; se nessuno dei due raggiunge la prova liberatoria, la responsabilità grava su ognuno in pari misura ‘ (Cass. n. 31335/2023).
2.3 -Da quanto precede, risulta quindi evidente che il mezzo in esame sia fondato, da un lato perché il Tribunale ha falsamente applicato l’art. 2043 c.c. ad una fattispecie non pertinente, e dall’altro perché ha violato l’art. 2052 c.c., avendo utilizzato gli argomenti a sostegno dello scrutinio della domanda risarcitoria aquiliana per rigettare comunque la domanda attorea, anche al lume del revirement del 2020.
Va pure soggiunto -come pure correttamente evidenziato dal ricorrente – che la valutazione sulla possibilità del COGNOME di evitare l’impatto col cinghiale , al lume del contenuto delle dichiarazioni del teste COGNOME (che seguiva il ricorrente
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a qualche decina di metri di distanza), così come espressa dal giudice d’appello, è sostenuta con argomenti di rara illogicità, fattuale prim’ancora che giuridica : sostenere che il conducente di un mezzo, attraversando in piena notte un bosco, possa accorgersi del repentino arrivo laterale di un animale selvatico, al buio, e schivarlo, sol perché chi lo segue a qualche decina di metri (evidentemente, sotto il fascio di luce dei riflettori e con adeguato spazio di manovra) ha potuto farlo, sfugge in tutta franchezza ad ogni logica. Se poi una conclusione del genere fosse davvero sostenibile, la possibilità per il conducente di superare la presunzione di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., implicherebbe giocoforza la necessità di non percorrere quella determinata strada: il che è, già in astratto, realmente insostenibile.
4.1 -Il secondo motivo, proposto in subordine, è conseguentemente assorbito.
5.1 -In definitiva, il primo motivo del ricorso è accolto, mentre il secondo è assorbito. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Macerata, in persona di diverso magistrato, che si atterrà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
la Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio al Tribunale di Macerata, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data