Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16745 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 5233/2021 R.G., proposto da:
COGNOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, con l’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrenti –
contro
REGIONE MARCHE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Ancona n. 894/2020 pubblicata il
15.7.2020;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 15.4.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata, indicata in epigrafe, il Tribunale di Ancona, in totale riforma della sentenza di primo grado (Giudice di pace di Fabriano, sent. dep. 13.12.2018), accolse l’appello proposto dalla Regione Marche e respinse la domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME per il risarcimento dei danni loro procurati da fauna selvatica, nell’ambito di un sinistro stradale occorso al secondo, quale conducente dell’autovettura della prima. Considerò il Tribunale che il Giudice di pace aveva violato il principio di cui all’art. 112 c.p.c., ponendo a fondamento della decisione fatti non allegati dalle parti. Invero, ha proseguito il giudice d’appello, i danneggiati non avevano evidenziato specifici profili di colpa della Regione, né avevano fornito la prova che la diversa condotta che l’ente avrebbe dovuto adottare sarebbe stata idonea ad evitare il verificarsi del sinistro. Il giudice d’appello rilev ò, altresì, che il conducente COGNOME preteso danneggiato non aveva neppure superato la presunzione di responsabilità posta a suo carico, testualmente sottolineando che ‘ nessuna prova ha offerto in relazione all’onere posto a suo carico ai sensi del primo comma dell’art. 2054 c.c., nulla emergendo dalla documentazione prodotta e non essendo stato articolato alcun capitolo specifico sul punto. Va peraltro evidenziato che il sinistro è avvenuto in area in cui era segnalata la possibile presenza di animali selvatici (nella relazione della Polizia intervenuta sul luogo del sinistro si dà atto della presenza di segnaletica verticale contenente segnali di pericolo per animali selvatici vaganti, cfr. doc. 3 allegato al fascicolo di primo grado degli odierni appellati), sicché i danneggiati avrebbero dovuto fornire la prova rigorosa di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ‘.
N. 5233/21 R.G.
Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso la Regione Marche, che ha pure depositato memoria. Il Collegio ha riservato il deposito della motivazione dell’ ordinanza entro sessanta giorni dall’odierna udienza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. -‘ erronea imputazione della responsabilità per i danni cagionati dalla fauna selvatica ‘, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., per aver il Tribunale ritenuto che la responsabilità della Regione debba inquadrarsi nell’ambito dell’art. 2043 c.c., anziché dell’art. 2052 c.c., come invece ritenuto dalla più recente giurisprudenza di legittimità.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, motivazione apparente, contraddittoria, manifesto travisamento di prova, errata ripartizione dell’onere della prova, che si con verte nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. ‘, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , per aver il Tribunale omesso di prendere in considerazione le risultanze istruttorie di carattere decisivo: ossia, che l’animale selvatico non si trovava al centro della strada, ma comparve all’improvviso, ‘attaccando’ colpendola sulla parte anteriore destra -l’autovettura che transitava a velocità moderata lungo la strada ‘Muccese’. Il Tribunale, poi, avrebbe omesso di operare il bilanciamento tra le due presunzioni di responsabilità di cui agli artt. 2052 e 2054 c.c.
2.1 -Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
N. 5233/21 R.G.
Anzitutto, esso viola l’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., difettando pressoché completamente l’esposizione dei fatti sostanziali (a mala pena si comprende che si discute dell’urto di un’autovettura con un cinghiale, che l’avrebbe ‘attaccata’, nel resto rimanendo avvolte nell’oscurità le circostanze di tempo e di luogo, oltre che le concrete modalità con cui il sinistro sarebbe avvenuto), nonché di quelli processuali: non è dato neppure comprendere quale fosse la causa petendi originariamente fatta valere dagli odierni ricorrenti.
Tanto rende praticamente incomprensibili le censure proposte, noto essendo che ‘ Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata ‘ (così, ex multis , Cass. n. 1352/2024).
2.2 -In secondo luogo, il ricorso difetta comunque di specificità.
N. 5233/21 R.G.
Infatti, come evincibile dalla sola lettura della sentenza impugnata, il Tribunale -qualificata la domanda attorea ai sensi dell’art. 2043 c.c. ha accolto l’appello della Regione sulla base delle seguenti rationes decidendi :
il primo giudice aveva accolto la domanda attorea in violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo posto alla base della decisione fatti neanche allegati dagli appellati;
questi ultimi non avevano allegato e provato alcun profilo di colpa della Regione, tanto più che essa non era proprietaria della strada;
infine, ‘ Per completezza di trattazione … ‘ (così la sentenza impugnata) si è dato atto del nuovo corso della giurisprudenza di legittimità (inaugurato da Cass.
7969/2020) sull ‘interpretazione dell’art. 2052 c.c., affermandosi che comunque gli appellati non avevano neppure allegato le modalità della condotta di guida tenuta , nell’occasione, dal Beni .
Ora, non essendo stata minimamente censurata la prima ratio decidendi , da sé idonea a definire il gravame, il ricorso non può che rivelarsi vieppiù inammissibile, perché non sono state censurate tutte le rationes decidendi : sulla questione della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato da parte del primo giudice, infatti, è sceso il giudicato, donde l’inammissibilità del ricorso ( sulla necessità di impugnare tutte le ragioni decisorie della sentenza, se ciascuna è in grado di sorreggere, di per sé, il fondamento della decisione, v. per tutte Cass. n. 17182/2020).
2.3 In ogni caso -e nonostante il già visto deficit espositivo -, per quanto è possibile evincere dal tenore delle doglianze proposte, i ricorrenti invocano nella sostanza l’applicazione dell’art. 2052 c.c., senza considerare che: 1) il Tribunale
ha affermato che la domanda era stata proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c. ; 2) la qualificazione della domanda così effettuata dal Giudice di pace non era stata censurata dagli odierni ricorrenti con appello incidentale, sicché s’è formato il giudicato sul punto (v. Cass. n. 31330/2023); 3) proprio per questa ragione, la valutazione operata ‘per completezza’ dal Tribunale sul l’art. 2052 c.c. costituisce vero e proprio obiter dictum .
Ma se anche tanto costituisse, invece, autonoma ratio decidendi , l’affermazione del giudice d’appello per cui i pretesi danneggiati non hanno neanche allegato di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (oltre che mancato di fornire la relativa prova) è totalmente non censurata , donde l’inammissibilità del ricorso anche per tal verso.
3.1 In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 1.800 ,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data