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Danni da fauna selvatica: la scelta della norma

Un’automobilista cita in giudizio Regione e Provincia per i danni causati da un capriolo, fondando la richiesta sull’art. 2043 c.c. (responsabilità per colpa). Dopo il rigetto in appello, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il tentativo di modificare la base giuridica della domanda in art. 2052 c.c. (responsabilità oggettiva) in sede di legittimità. La sentenza chiarisce che la qualificazione giuridica della domanda, se non contestata, passa in giudicato e non può essere alterata, cristallizzando l’onere della prova e il tema del contendere. Questo principio si applica anche ai casi di danni da fauna selvatica.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danni da fauna selvatica: l’importanza della qualificazione giuridica iniziale

Quando si subiscono danni da fauna selvatica, la scelta della norma su cui fondare la richiesta di risarcimento è un passo decisivo che può determinare l’esito dell’intero giudizio. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale: la qualificazione giuridica della domanda, una volta definita nei primi gradi di giudizio, non può essere modificata in Cassazione. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del caso: un incidente con un capriolo

Una cittadina subiva danni materiali alla propria autovettura a seguito di una collisione con un capriolo su una strada provinciale. Per ottenere il ristoro, decideva di citare in giudizio sia la Provincia, responsabile della gestione della strada e della fauna, sia la Regione, ente con poteri di vigilanza e normativi.
La richiesta di risarcimento era basata sull’articolo 2043 del codice civile, che disciplina la responsabilità per fatto illecito. Secondo questa norma, chiunque subisca un danno ha l’onere di dimostrare non solo il danno stesso e il nesso di causalità, ma anche la colpa o il dolo di chi lo ha causato.

L’esito nei gradi di merito

In primo grado, il Giudice di Pace accoglieva la domanda, ritenendo entrambi gli enti responsabili in solido. In appello, tuttavia, il Tribunale ribaltava la decisione. Pur confermando l’applicabilità dell’art. 2043 c.c., il giudice di secondo grado riteneva che l’attrice non avesse fornito la prova di un concreto comportamento colposo da parte della Provincia, escludendone così la responsabilità.

L’analisi della Cassazione sui danni da fauna selvatica

L’automobilista ricorreva quindi in Cassazione, tentando una mossa strategica: modificare la base giuridica della sua pretesa. Invece dell’art. 2043 c.c., invocava l’applicazione dell’art. 2052 c.c., che regola la responsabilità per i danni cagionati da animali. Questa norma prevede una forma di responsabilità oggettiva, in cui il proprietario o utilizzatore dell’animale è responsabile a prescindere da una sua colpa, a meno che non provi il “caso fortuito”.

Il divieto di mutamento della qualificazione giuridica

La Corte di Cassazione ha dichiarato questo primo motivo di ricorso inammissibile. I giudici hanno spiegato che, sebbene la giurisprudenza più recente tenda a ricondurre i danni da fauna selvatica alla responsabilità oggettiva ex art. 2052 c.c. a carico delle Regioni, tale riqualificazione non può avvenire per la prima volta in sede di legittimità.
Il processo si era interamente svolto sulla base dell’art. 2043 c.c. Di conseguenza, il “thema probandum” (ciò che le parti dovevano provare) era incentrato sulla dimostrazione della colpa degli enti pubblici. Introdurre l’art. 2052 in Cassazione avrebbe significato stravolgere l’oggetto del contendere, poiché la difesa degli enti si sarebbe dovuta concentrare sulla prova liberatoria del caso fortuito, un elemento mai discusso prima. La qualificazione giuridica data in primo grado, e non contestata in appello, era quindi passata in “giudicato interno”, rendendo impossibile un suo riesame.

Le altre censure respinte

La Corte ha respinto anche gli altri motivi di ricorso. La presunta “motivazione apparente” del giudice d’appello sulla mancata contestazione dei fatti da parte degli enti è stata ritenuta infondata. Infine, la censura relativa alla presunta errata applicazione delle norme sulla segnaletica stradale è stata giudicata irrilevante. Il Tribunale, infatti, aveva fornito una doppia motivazione (una c.d. “doppia ratio decidendi”): anche se la segnaletica fosse stata carente, l’incidente sarebbe avvenuto ugualmente, poiché il veicolo era già fermo quando è stato colpito dall’animale. Essendo questa seconda ragione logica e sufficiente a sostenere la decisione, la censura sulla prima ragione diventava inammissibile.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha sottolineato che la qualificazione giuridica della domanda è un caposaldo del processo. Consentirne la modifica in stadi avanzati del giudizio violerebbe il principio del contraddittorio e il diritto di difesa. Le parti impostano le loro strategie processuali, incluse le prove da richiedere, sulla base della norma invocata. Cambiare le carte in tavola in Cassazione significherebbe giudicare su un tema mai dibattuto, alterando l’equilibrio processuale. La decisione, pur prendendo atto dell’evoluzione giurisprudenziale sui danni da fauna selvatica, applica un rigoroso principio procedurale, affermando che la stabilità delle questioni giuridiche definite nei gradi di merito è un valore preminente.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione cruciale: l’impostazione iniziale di una causa per danni da fauna selvatica è determinante. Scegliere tra responsabilità per colpa (art. 2043 c.c.) e responsabilità oggettiva (art. 2052 c.c.) non è una mera formalità, ma una decisione che definisce l’onere della prova e le possibilità di successo. La parte che agisce in giudizio deve, fin dal principio, inquadrare correttamente la fattispecie, consapevole che un ripensamento tardivo sarà precluso, anche di fronte a un’evoluzione favorevole della giurisprudenza.

È possibile modificare in Cassazione la base giuridica di una richiesta di risarcimento per danni da fauna selvatica, passando dall’art. 2043 all’art. 2052 c.c.?
No. Secondo la Corte, se il giudizio si è svolto nei gradi di merito sulla base dell’art. 2043 c.c. (responsabilità per colpa), la qualificazione giuridica della domanda si consolida e non può essere modificata per la prima volta in Cassazione invocando l’art. 2052 c.c. (responsabilità oggettiva), poiché ciò altererebbe l’oggetto del contendere.

Perché la prova della colpa è così diversa dalla prova del caso fortuito?
Nel regime dell’art. 2043 c.c., spetta al danneggiato dimostrare un comportamento negligente o imprudente (colpa) dell’ente pubblico. Nel regime dell’art. 2052 c.c., la colpa è presunta e spetta all’ente, per liberarsi, dimostrare il caso fortuito, cioè un evento esterno, imprevedibile e inevitabile che ha causato il danno.

Perché la Corte ha ritenuto irrilevante la questione della corretta apposizione della segnaletica stradale?
Perché la sentenza d’appello si basava su due ragioni autonome (doppia ratio decidendi). Una di queste era che, anche in presenza di una segnaletica carente, l’incidente non sarebbe stato evitato, dato che il veicolo era già fermo al momento dell’impatto con l’animale. Poiché questa motivazione era di per sé sufficiente a giustificare la decisione, la Corte non ha avuto bisogno di esaminare la correttezza dell’altra motivazione relativa all’interpretazione delle norme sulla segnaletica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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