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Danni da fauna selvatica: la responsabilità della Regione

A seguito di un sinistro stradale causato da un capriolo, la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità esclusiva della Regione per i danni da fauna selvatica. La decisione si fonda sull’interpretazione dell’art. 2043 c.c. e valorizza, come indice di responsabilità, l’istituzione da parte dell’ente regionale di un fondo specifico per l’indennizzo di tali danni. Il ricorso della Regione è stato rigettato, anche per motivi procedurali.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danni da fauna selvatica: la Regione paga anche se le funzioni sono delegate

L’annosa questione della responsabilità per i danni da fauna selvatica torna al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno chiarito un importante principio: la Regione può essere ritenuta responsabile dei danni causati da animali selvatici anche quando le funzioni di gestione sono state delegate alle Province. Un elemento chiave per questa decisione è stata l’esistenza di un fondo regionale specifico per l’indennizzo di tali sinistri.

I fatti di causa

La vicenda ha origine da un incidente stradale avvenuto nel 2010, quando un’automobilista subiva danni alla propria vettura a seguito di una collisione con un capriolo. L’automobilista citava in giudizio la Regione per ottenere il risarcimento.

In primo grado, il Tribunale condannava in solido sia la Regione che la Provincia. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza, individuava invece la responsabilità esclusiva in capo alla Regione, condannandola a risarcire integralmente il danno sulla base dell’art. 2043 del codice civile, che disciplina la responsabilità per fatto illecito.

Contro questa decisione, la Regione proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo principalmente due motivi: il proprio difetto di ‘legittimazione passiva’ (ovvero di non essere il soggetto corretto da citare in giudizio), indicando la Provincia come unico ente responsabile, e l’errata applicazione dell’art. 2043 c.c. da parte della Corte d’Appello, che avrebbe omesso di accertare una colpa specifica dell’ente.

La responsabilità per i danni da fauna selvatica secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Regione, confermando la sua responsabilità. La decisione si articola su due punti fondamentali: la qualificazione giuridica della domanda e l’individuazione del soggetto responsabile.

L’inquadramento giuridico e il ‘giudicato interno’

La Corte ha preliminarmente osservato che, sebbene la sua giurisprudenza più recente tenda a ricondurre i danni da fauna selvatica alla responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2052 c.c. (danno cagionato da animali), nel caso specifico i giudici di merito avevano sempre applicato l’art. 2043 c.c. (responsabilità per fatto illecito). Poiché questa qualificazione non era mai stata contestata dalle parti nei gradi precedenti, si era formato un ‘giudicato interno’ sulla questione. Di conseguenza, la Corte ha dovuto decidere il caso rimanendo nell’alveo dell’art. 2043 c.c., che richiede la prova della colpa del danneggiante.

L’individuazione dell’Ente responsabile

Anche applicando i principi della responsabilità per fatto illecito, la Cassazione ha ritenuto la Regione l’ente responsabile. Il punto cruciale della motivazione risiede nel fatto che la stessa Regione, con una legge del 2008, aveva istituito un apposito ‘fondo per l’indennizzo da parte della Regione dei danni causati alla circolazione stradale dalla fauna selvatica’.

Secondo la Corte, questa scelta legislativa rappresenta un ‘rilevante indice interpretativo’. Se la Regione ha deciso di allocare nel proprio bilancio le risorse per ‘neutralizzare’ questo tipo di pregiudizio, ciò implica, ‘simmetricamente’, che essa si è assunta i poteri e i compiti per prevenire tali danni. La creazione di un fondo regionale dimostra che l’ente ha mantenuto su di sé il controllo finale e la responsabilità ultima della gestione del rischio, al di là delle deleghe operative conferite alle Province.

Infine, il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata prova della colpa, è stato dichiarato inammissibile per un vizio procedurale. La Regione, infatti, non aveva adeguatamente documentato nel suo ricorso di aver sollevato questa specifica censura nel giudizio d’appello, impedendo alla Cassazione di esaminarla nel merito.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un’attenta analisi della legislazione regionale e del comportamento concreto tenuto dall’ente. L’istituzione di un fondo di indennizzo non è stata vista come un mero atto di liberalità, ma come l’assunzione di una responsabilità gestionale. Se un ente pubblico si fa carico delle conseguenze economiche di un determinato fenomeno, è logico presumere che detenga anche il potere e il dovere di prevenirlo. Questo ragionamento ha permesso alla Corte di superare le argomentazioni della Regione sulla delega di funzioni alle Province, individuando nella Regione il centro decisionale e, quindi, il soggetto responsabile del risarcimento.

Le conclusioni

Questa ordinanza fornisce un’importante chiave di lettura per i casi di danni da fauna selvatica. Anche quando la responsabilità viene valutata secondo le regole generali dell’art. 2043 c.c., la presenza di leggi regionali che istituiscono fondi di indennizzo o altre misure di gestione centralizzata del rischio può essere decisiva per attribuire la responsabilità all’ente regionale. Per gli automobilisti danneggiati, ciò significa che la strategia difensiva deve includere un’attenta analisi della legislazione regionale vigente al momento del sinistro. Per gli enti pubblici, la pronuncia ribadisce che la delega di funzioni non comporta automaticamente un trasferimento totale di responsabilità, specialmente se l’ente delegante mantiene poteri di controllo, coordinamento e, soprattutto, si fa carico delle conseguenze economiche dei danni.

Chi è responsabile per i danni causati da un animale selvatico a un’autovettura?
Secondo questa ordinanza, la responsabilità ricade sulla Regione, anche se le funzioni di gestione della fauna sono delegate alle Province. Un elemento decisivo è stata l’esistenza di una legge regionale che istituiva un fondo specifico per indennizzare questo tipo di danni, indicando che la Regione aveva mantenuto il controllo e la responsabilità ultima del rischio.

Perché la Corte ha deciso il caso sulla base dell’art. 2043 c.c. (fatto illecito) e non dell’art. 2052 c.c. (danno da animali)?
Perché nei precedenti gradi di giudizio la questione era sempre stata trattata secondo l’art. 2043 c.c. e nessuna delle parti aveva mai contestato questa qualificazione giuridica. Si è quindi formato un ‘giudicato interno’ che ha vincolato la Corte di Cassazione ad applicare la stessa norma, anche se la sua giurisprudenza più recente preferisce l’art. 2052 c.c. per questi casi.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘inammissibile’ per ragioni procedurali?
Significa che la Corte di Cassazione non può esaminare il merito della questione sollevata perché la parte ricorrente non ha rispettato le regole formali per la presentazione del ricorso. In questo caso, la Regione non ha dimostrato di aver sollevato la stessa censura nel precedente giudizio d’appello, come richiesto dal codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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