Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22976 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22976 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/08/2025
RESPONSABILITA’ PER DANNI CAGIONATI DA FAUNA SELVATICA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23143/2022 R.G. proposto da
REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
PROVINCIA DI MODENA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – nonché contro COMUNE DI PAVULLO NEL FRIGNANO
-intimato –
Avverso la sentenza n. 389/2022 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA, depositata il giorno 17 febbraio 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 giugno 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il 27 luglio 2008, l’autovettura di proprietà di NOME COGNOME, mentre percorreva INDIRIZZO in attraversamento del Comune di Pavullo nel Frignano, venne investito da un cinghiale, fuoriuscito dalla fitta boscaglia posta a margine della strada: per effetto dell’urto, il veicolo si ribaltò e venne completamente distrutto.
Per il ristoro dei danni patrimoniali patiti, NOME COGNOME domandò giudizialmente la condanna, in solido o secondo il rispettivo grado di responsabilità, del Comune di Pavullo nel Frignano, della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Modena.
All’e sito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Modena rigettò la domanda, sul rilievo della antieconomicità delle riparazioni dell’autovettura.
3 . In accoglimento, per quanto di ragione, dell’appello interposto dall’originario attore, la decisione in epigrafe indicata, affermata la carenza di legittimazione passiva della Provincia di Modena, ha ritenuto la concorrente responsabilità, nella produzione dell’evento dannoso, della Regione Emilia Romagna (ai sensi del l’art. 2052 cod. civ.) e del Comune di Pavullo nel Frignano (ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.) e li ha condannati, in solido, al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di euro 20.300,48, oltre accessori.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Regione Emilia Romagna, affidandosi a tre motivi.
Resistono, con separati controricorsi, NOME COGNOME e la Provincia di Modena, mentre non svolge difese nel presente giudizio di legittimità il Comune di Pavullo nel Frignano.
Con provvedimento reso il giorno 11 gennaio 2024, è stata formulata, ai sensi del l’ art. 380bis cod. proc. civ., sintetica proposta di definizione del ricorso per improcedibilità dello stesso ai sensi dell’art. 369, secondo comma, num. 2, cod. proc. civ. , sul rilievo che la copia della sentenza depositata da parte ricorrente non recava alcuna attestazione di avvenuta pubblicazione, nessuna data di pubblicazione e nessun numero identificativo.
Parte ricorrente ha depositato tempestiva istanza di decisione corredata da nuova procura speciale alle liti.
Per la trattazione del ricorso è stata dunque fissata l ‘ adunanza camerale sopra indicata, in vista della quale tutte le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta di definizione non può essere confermata.
All’esito di un ri considerazione dell’orientamento richiamato in tale proposta, questa Corte, con intento dichiaratamente nomofilattico, ha chiarito che « nel regime di deposito telematico degli atti, l’onere del deposito di copia autentica del provvedimento impugnato, imposto a pena di improcedibilità del ricorso dall’art. 369, secondo comma, num. 2, cod. proc. civ., è assolto non solo dal deposito della relativa copia informatica, recante la stampigliatura dei dati esterni concernenti la sua pubblicazione (numero cronologico e data), ma anche dal deposito del duplicato informatico di detto provvedimento, il quale ha il medesimo valore giuridico, ad ogni eff etto di legge, dell’originale informatico e che, per sue caratteristiche intrinseche, non può recare alcuna sovrapposizione o annotazione che ne determinerebbe, di per sé, l’alterazione; ne consegue che, ai fini della verifica della tempestività dell’impug nazione, i dati relativi alla pubblicazione, ove in
contestazione e non desumibili dai sistemi informatici in uso alla Corte di cassazione, vanno desunti dalla consultazione del fascicolo di merito, acquisito d’ufficio ex art. 137 -bis disp. att. cod. proc. civ. per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ovvero, per i giudizi precedentemente introdotti, tramite richiesta di attestazione dei dati stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, in presenza di istanza del ricorrente ex art. 369, ultimo comma, cod. proc. civ., nella formulazione antecedente all’abrogazione disposta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 » (così Cass. 13/05/2024, n. 12971; conf. Cass. 18/05/2025, n. 13198).
In ossequio a tale indirizzo, considerata l’epoca di introduzione del ricorso, questa Corte ha assunto informazioni presso la cancelleria della Corte di appello di Bologna, la quale ha confermato l’esattezza dei dati identificativi della sentenza impugnata indicati in ricorso.
Il ricorso è, pertanto, procedibile.
Il primo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2052 e 2907 cod. civ. in combinato disposto con gli artt. 99 e 112 del codice di rito.
Assume parte ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe potuto adoperare il criterio di imputazione previsto dall’art. 2052 cod. civ., dacché la domanda attorea era stata proposta con esclusivo riferimento alla responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ. e su detta qualificazione si era formato il giudicato interno, non risultando spiegata impugnazione avverso la pronuncia di prime cure sul punto.
1.1. La doglianza è infondata.
Come più volte chiarito da questa Corte, stabilire se un fatto illecito resti disciplinato dall ‘ art. 2043 cod. civ. o dall ‘ art. 2052 cod. civ. non costituisce questione di qualificazione giuridica della domanda (la quale resta invariata nell’uno come nell’altro caso: il risarcimento del danno da fatto illecito), bensì di individuazione della norma applicabile, da
risolvere secondo il principio iura novit curia: e questo è il munus del giudice, a ciò tenuto senza immutare i fatti storici allegati.
In altri termini, la scelta della norma che regola il criterio di imputazione della responsabilità applicabile alla fattispecie concreta non importa una qualificazione della domanda ma si traduce nella semplice selezione della disciplina giuridica a cui i fatti accertati sono soggetti: sicché il concetto stesso di giudicato non può venire in gioco poiché è sempre consentito al giudice – anche in sede di legittimità valutare d ‘ ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione della norma applicabile (v. Cass. 10/11/2023, n. 31300, proprio in relazione ad una domanda risarcitoria per danni cagionati da fauna selvatica originariamente proposta ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.; conformi, tra le altre, Cass. 10/11/2023, n. 31335; Cass. 12/12/2023, n. 34675; Cass. 21/06/2024, n. 17253).
E nel compimento di tale attività, il giudice del grado successivo può invocare una diversa regola di responsabilità rispetto a quella applicata nel grado precedente, anche se non vi sia stata tempestiva impugnazione della relativa statuizione (Cass. 12/11/2024, n. 29232).
Le illustrate considerazioni palesano l’infondatezza dell’assunto di parte ricorrente già in abstracto apprezzato, a tacer del fatto che nella specie l’omessa riproduzione, in maniera adeguata, della motivazione della sentenza di prime cure non consente nemmeno di valutare se essa avesse expresse ricondotto la fattispecie all’uno o all’altro titolo di responsabilità contemplati dagli artt. 2043 e 2052 cod. civ.
Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione della legge regionale Emilia Romagna 15/02/1994, n. 8 e della legge 11/02/1992, n. 157, censura la sentenza gravata nella parte in cui ha riconosciuto la legittimazione passiva della Regione, benché quest’ultima fosse priva di poteri di concreta gestione e controllo della fauna selvatica, per avere, con la citata legge regionale, traferito (e
non già meramente delegato) le relative funzioni alle Province, residuando in capo all’ente regionale soltanto compiti di indirizzo, orientamento e programmazione dei piani faunistico venatori provinciali.
2.1. Anche questo motivo è infondato.
Sul punto intende questa Corte ribadire i princìpi di diritto già reiteratamente enunciati nei precedenti di seguito menzionati (ai quali si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ.), tali da configurare oramai diritto vivente.
In forza di detto consolidato indirizzo ermeneutico, i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell ‘ art. 2052 cod. civ., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull ‘ utilizzazione dell ‘ animale e, dall ‘ altro, le specie selvatiche protette ai sensi della legge n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell ‘ ambiente e dell ‘ ecosistema.
Da ciò deriva che nella relativa azione risarcitoria la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti: senza sottrarsi alla propria responsabilità verso il danneggiato, la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell ‘ esercizio di funzioni proprie o delegate, l ‘ adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno (così, sulle orme di
Cass. 20/04/2020, n. 7969, cfr., ex plurimis, Cass. 29/04/2020, nn. 8384-8385; Cass. 22/06/2020, n. 12113; Cass. 06/07/2020, n. 13848; Cass. 02/10/2020, n. 20997; Cass. 09/02/2021, n. 3023; Cass. 23/05/2022, n. 16550).
Conforme a diritto è, pertanto, l’affermata legittimazione passiva della Regione Emilia Romagna.
Il terzo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 116 cod. proc. civ., contesta la gravata pronuncia per aver ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sul danneggiato « nonostante dal quadro probatorio di riferimento non risultassero minimamente comprovati né gli elementi fondanti la responsabilità (neppure ex art. 2043 cod. civ.) né, tantomeno, elementi probatori in ordine alla riconducibilità alla Regione Emilia Romagna del fatto nonché del danno subito ».
3.1. La censura è infondata.
L’intera argomentazione sviluppata dalla ricorrente si incentra sulla applicabilità al caso dell’art. 2043 cod. civ. e, quindi, sulla necessità per il danneggiato di dimostrare gli elementi integranti detta fattispecie di responsabilità (in dettaglio: il verificarsi del fatto, il nesso causale con il contegno del danneggiante, la colpa di quest’ultimo).
Si tratta di una premessa non conforme a diritto dacché, come già evidenziato, in caso di danni cagionati dalla fauna selvatica il corretto titolo di imputazione non è rappresentato dalla inosservanza del generale canone del neminem laedere di cui all’art. 2043 cod. civ. , bensì dalla specifica presunzione di colpa a carico del proprietario dell ‘ animale posta dell’art. 2052 cod. civ.: ineccepibile, allora, si rivela l’indagine condotta (con esito positivo) dal giudice territoriale circa la sussistenza dei presupposti di operatività di tale fattispecie.
4. Il ricorso è rigettato.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Cons. est. NOME COGNOME
6. Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dell ‘ art. 13.2.4 Al giudice del rinvio è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna di esse, in euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell ‘ art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione