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Danni da fauna selvatica: la Regione è responsabile

A seguito di un incidente stradale causato da un cinghiale, un automobilista ha subito la distruzione del proprio veicolo. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ha confermato un principio consolidato: la responsabilità per i danni da fauna selvatica ricade esclusivamente sulla Regione, in base all’articolo 2052 del codice civile. La Corte ha chiarito che il giudice può applicare la norma corretta (art. 2052 c.c.) anche se l’attore ne aveva indicata un’altra (art. 2043 c.c.), e che la delega di funzioni gestionali ad altri enti, come le Province, non esonera la Regione dalla sua responsabilità primaria verso il cittadino danneggiato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danni da fauna selvatica: la Cassazione conferma la responsabilità della Regione

L’aumento della popolazione di animali selvatici, come i cinghiali, ha reso sempre più frequenti gli incidenti stradali. Una domanda sorge spontanea: chi paga per i danni da fauna selvatica? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai granitico: la responsabilità ricade sulla Regione, anche se le funzioni gestionali sono state delegate ad altri enti.

I fatti del caso

Un automobilista percorreva una strada nel territorio di un comune appenninico quando un cinghiale, sbucato improvvisamente da una boscaglia, ha impattato contro il suo veicolo. L’urto è stato talmente violento da causare il ribaltamento dell’auto e la sua completa distruzione.
L’uomo ha quindi agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali, citando in solido il Comune, la Provincia e la Regione.
Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda. La Corte d’Appello, invece, ha riformato la decisione, riconoscendo una responsabilità concorrente della Regione (ai sensi dell’art. 2052 c.c., per danno cagionato da animali) e del Comune (ai sensi dell’art. 2043 c.c., per illecito generico), condannandoli al pagamento di oltre 20.000 euro.
Contro questa sentenza, la Regione ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

La responsabilità per danni da fauna selvatica secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della Regione, confermando la sua esclusiva responsabilità. L’analisi dei motivi del rigetto è fondamentale per comprendere la portata della decisione.

Primo motivo: la corretta norma applicabile (Iura Novit Curia)

La Regione sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nell’applicare l’art. 2052 c.c. (responsabilità per danno da animali), poiché la domanda iniziale dell’attore era fondata sull’art. 2043 c.c. (responsabilità generica per fatto illecito).
La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando il principio iura novit curia (il giudice conosce le leggi). La scelta tra l’art. 2043 e l’art. 2052 non modifica la domanda (che resta sempre una richiesta di risarcimento per fatto illecito), ma riguarda solo l’individuazione della disciplina giuridica applicabile. Il giudice ha il potere e il dovere di applicare la norma corretta ai fatti provati in giudizio, senza essere vincolato dall’indicazione della parte.

Secondo motivo: la legittimazione passiva esclusiva della Regione

Il punto centrale della controversia riguardava chi fosse il soggetto tenuto a rispondere. La Regione affermava di non avere legittimazione passiva, avendo trasferito alle Province le funzioni concrete di gestione e controllo della fauna.
La Corte ha smontato questa difesa, ribadendo il suo consolidato orientamento. I danni da fauna selvatica sono risarcibili ai sensi dell’art. 2052 c.c. La fauna selvatica protetta è parte del patrimonio indisponibile dello Stato, e la sua gestione è affidata alle Regioni, titolari della competenza normativa e delle funzioni amministrative di programmazione, coordinamento e controllo.
Di conseguenza, la legittimazione passiva nell’azione di risarcimento spetta in via esclusiva alla Regione. Il fatto che alcune funzioni siano delegate ad altri enti (come Province o Comuni) non libera la Regione dalla sua responsabilità verso il danneggiato. La Regione, una volta risarcito il cittadino, potrà eventualmente agire in rivalsa contro l’ente delegato che non ha adottato le misure necessarie per prevenire il danno.

Terzo motivo: l’onere della prova

Infine, la Regione lamentava che il danneggiato non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare la colpa dell’ente, come richiesto dall’art. 2043 c.c.
Anche questo motivo è stato giudicato infondato perché basato su un presupposto giuridico errato. Essendo applicabile l’art. 2052 c.c., si configura una forma di responsabilità oggettiva o semi-oggettiva. Al danneggiato basta provare il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e il danno subito. Spetta poi all’ente (la Regione) dimostrare il caso fortuito per liberarsi dalla responsabilità, una prova ben più difficile da fornire.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione coerente e stabile della normativa. La fauna selvatica, bene della collettività, è gestita da enti pubblici per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. La responsabilità per i danni che essa può causare è stata imputata all’ente che detiene il potere di governo e controllo sul territorio e sulla gestione faunistica, ovvero la Regione. Questo orientamento, definito dalla stessa Corte come “diritto vivente”, assicura al cittadino danneggiato un interlocutore certo e solvibile, semplificando l’azione di risarcimento. La possibilità per la Regione di rivalersi sugli enti delegati inadempienti garantisce, inoltre, un meccanismo interno di ripartizione delle responsabilità amministrative.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di estrema importanza per chi subisce danni da fauna selvatica. La responsabilità è della Regione, in base all’art. 2052 c.c. Questa norma pone una presunzione di responsabilità a carico dell’ente, che può essere vinta solo con la prova del caso fortuito. Per il cittadino, ciò significa che non è necessario dimostrare la colpa specifica della Regione (come la mancata installazione di recinzioni o segnaletica), ma è sufficiente provare che il danno è stato causato dall’animale selvatico.

Chi è responsabile per i danni causati da un animale selvatico come un cinghiale?
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, la responsabilità per i danni cagionati dalla fauna selvatica ricade in via esclusiva sulla Regione, in quanto titolare della competenza normativa e delle funzioni amministrative di gestione e controllo della fauna stessa.

Se nella causa per il risarcimento cito una norma sbagliata (es. art. 2043 invece del 2052 c.c.), perdo il diritto al risarcimento?
No. In base al principio “iura novit curia” (il giudice conosce le leggi), il giudice ha il potere e il dovere di applicare la norma giuridica corretta ai fatti presentati, anche se la parte ne ha indicata una diversa. La richiesta di risarcimento rimane valida.

La Regione può evitare la responsabilità se ha delegato la gestione della fauna selvatica alle Province o ad altri enti?
No, la delega di funzioni gestionali ad altri enti non esonera la Regione dalla sua responsabilità primaria verso il cittadino danneggiato. La Regione rimane l’unico soggetto legittimato passivo nell’azione di risarcimento e, solo dopo aver risarcito il danno, potrà eventualmente rivalersi sugli enti delegati se questi non hanno adempiuto ai loro doveri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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