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Danni da cose in custodia: onere della prova e caduta

Un pedone cita in giudizio un Comune per i danni subiti a seguito di una caduta su una strada del centro storico, attribuendola a un dislivello causato da un chiusino e da sampietrini sconnessi. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda per responsabilità extracontrattuale e danni da cose in custodia. La decisione si fonda sulla mancata prova da parte del danneggiato sia dell’effettiva anomalia del manto stradale, sia del nesso causale tra questa e la caduta. La genericità delle accuse e l’inadeguatezza delle prove fotografiche, unite alla prevedibilità del fondo stradale in un centro storico, hanno portato a escludere la responsabilità dell’ente, condannando l’attore al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 21 gennaio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danni da Cose in Custodia: La Prova è a Carico del Danneggiato

Quando si subisce una caduta su suolo pubblico, la richiesta di risarcimento per danni da cose in custodia nei confronti dell’ente proprietario della strada può sembrare una via percorribile. Tuttavia, una recente sentenza del Tribunale di Napoli ci ricorda un principio fondamentale: l’onere di dimostrare non solo il danno, ma anche l’esistenza di un’anomalia pericolosa e il nesso diretto tra questa e l’incidente, grava interamente sul danneggiato. Analizziamo insieme questo caso per capire quali elementi sono cruciali per il successo di un’azione legale.

Il Fatto: Una Caduta nel Centro Storico

Un cittadino conveniva in giudizio il Comune sostenendo di essere caduto mentre passeggiava in una nota via del centro storico. L’incidente, avvenuto nel pomeriggio del 9 dicembre 2018, sarebbe stato causato da un dislivello del manto stradale, non segnalato né visibile, determinato da un chiusino sconnesso e da sampietrini instabili. A seguito della caduta, l’uomo riportava lesioni personali e chiedeva il risarcimento dei danni, ritenendo l’accaduto una diretta conseguenza della scarsa manutenzione della strada da parte dell’ente comunale.

Il Comune si costituiva in giudizio, contestando la propria responsabilità e attribuendo la caduta a una colpa esclusiva del danneggiato.

La Decisione del Tribunale sui Danni da Cose in Custodia

Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda dell’attore, ritenendola infondata. Nonostante la fattispecie rientri astrattamente nell’ambito dell’articolo 2051 del codice civile, che disciplina la responsabilità per danni da cose in custodia, il giudice ha concluso che il cittadino non ha fornito prove sufficienti a sostegno della sua pretesa. Di conseguenza, l’attore è stato condannato a rimborsare al Comune le spese legali del processo.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’onere probatorio. Il giudice ha chiarito che, per ottenere un risarcimento, il danneggiato deve dimostrare due elementi fondamentali: l’esistenza di un’anomalia oggettivamente pericolosa sulla strada e il nesso causale, ovvero che sia stata proprio quell’anomalia a provocare la caduta.

La Genericità della Domanda e la Carenza di Prove

In primo luogo, il Tribunale ha rilevato la genericità della descrizione dell’incidente fornita dall’attore. Sul piano probatorio, la situazione non è migliorata. Le testimonianze, seppur a favore del danneggiato, si sono scontrate con l’unica prova fotografica prodotta: un’immagine in bianco e nero, di scarsa qualità, che riproduceva solo un dettaglio del luogo e non permetteva di apprezzare alcuna reale disconnessione o pericolosità. Anzi, dall’esame della foto, il tratto di strada appariva in un buono stato di manutenzione complessiva, privo di evidenti anomalie.

La Prevedibilità del Pericolo e il Comportamento del Danneggiato

Il giudice ha introdotto un’ulteriore e decisiva considerazione. Anche ammettendo, in via ipotetica, che la caduta fosse dovuta a sampietrini non perfettamente livellati, tale caratteristica è intrinseca e tipica di una pavimentazione del centro storico. Non si tratta di un’anomalia imprevedibile, ma di una condizione nota e connaturata a quel tipo di suolo. Di fronte a una situazione di pericolo prevedibile, il comportamento del pedone avrebbe dovuto essere improntato a un onere di massima prudenza. Il Tribunale ha ritenuto che la condotta del danneggiato, non sufficientemente attenta, abbia interrotto il nesso causale tra la cosa (la strada) e il danno, integrando gli estremi del “caso fortuito” e escludendo così la responsabilità del custode.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale in materia di danni da cose in custodia: la responsabilità dell’ente pubblico non è automatica. Il cittadino che chiede un risarcimento deve armarsi di prove concrete, chiare e univoche che dimostrino l’esistenza di un’insidia stradale non visibile e non prevedibile. Una semplice fotografia di bassa qualità o testimonianze generiche non sono sufficienti, specialmente se le condizioni del luogo (come una pavimentazione a sampietrini) richiedono di per sé una maggiore attenzione da parte di chi cammina. La prudenza del pedone rimane un fattore determinante che il giudice valuta attentamente per stabilire le responsabilità.

Chi ha l’onere di provare la pericolosità di una strada pubblica in caso di caduta?
Secondo la sentenza, l’onere della prova grava interamente sul danneggiato. Quest’ultimo deve dimostrare in modo specifico e puntuale l’esistenza di un’anomalia pericolosa (l'”insidia” o “trabocchetto”) e il nesso causale diretto tra tale anomalia e la caduta subita.

La natura della pavimentazione stradale, come i sampietrini, può influire sulla decisione del giudice?
Sì, in modo decisivo. Il Tribunale ha stabilito che una pavimentazione a sampietrini, per sua natura, non può essere perfettamente uniforme e livellata. Questa caratteristica, tipica dei centri storici, è considerata prevedibile, pertanto impone al pedone un dovere di maggiore prudenza. La prevedibilità della condizione del suolo può escludere la responsabilità dell’ente custode.

Cosa succede se le prove fornite dal danneggiato sono deboli o contraddittorie?
Se le prove sono insufficienti, generiche o, come nel caso esaminato, contraddittorie (le testimonianze descrivevano una situazione di pericolo non confermata dall’unica foto prodotta), la domanda di risarcimento viene rigettata. La mancanza di una prova positiva dell’anomalia e del nesso causale porta all’infondatezza della pretesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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