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Danni da animali randagi: la prova della natura

Un automobilista ha richiesto il risarcimento per i danni subiti dalla sua auto in una collisione con due cani. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la semplice assenza di microchip non è una prova sufficiente a dimostrare la natura randagia degli animali. La responsabilità per i danni da animali randagi sorge solo se il danneggiato fornisce prove concrete che gli animali fossero effettivamente randagi e che l’ente pubblico preposto abbia agito con negligenza.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danni da animali randagi: quando la mancanza di microchip non basta

La questione dei danni da animali randagi è un tema ricorrente nelle aule di tribunale, che mette a confronto i diritti dei cittadini danneggiati e le responsabilità degli enti pubblici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sull’onere della prova, specificando che la sola assenza di microchip su un cane non è sufficiente per classificarlo come randagio e, di conseguenza, per far scattare automaticamente la responsabilità risarcitoria del Comune o dell’ASL.

I Fatti del Caso

Un automobilista citava in giudizio un Comune e la relativa Azienda Sanitaria Locale (ASL) per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla propria autovettura a seguito di un impatto con due cani sulla tangenziale. In primo grado, il Giudice di Pace accoglieva la domanda solo nei confronti del Comune. Quest’ultimo proponeva appello e il Tribunale ribaltava la decisione, respingendo la richiesta di risarcimento. Il Tribunale motivava la sua scelta sulla base della carenza di prova riguardo alla natura effettivamente randagia dei cani coinvolti nell’incidente. Secondo i giudici d’appello, il fatto che gli animali fossero privi di microchip non costituiva, da solo, un elemento sufficiente a dimostrare che fossero randagi.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Danni da animali randagi

L’automobilista ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che l’assenza di microchip dovesse far presumere la natura randagia del cane, con conseguente responsabilità dell’ente pubblico. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale e offrendo importanti precisazioni in materia.

Il Principio dell’Onere della Prova

La Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’onere della prova grava su chi agisce in giudizio. Nel caso di danni da animali randagi, spetta al danneggiato dimostrare non solo il danno subito e il nesso di causalità con l’animale, ma anche la qualità di ‘randagio’ dell’animale stesso. Il Tribunale aveva correttamente evidenziato una “carenza di prova del carattere di randagio del cane”, basata sul fatto che i testimoni avevano riferito solo della presenza delle carcasse, senza fornire dettagli utili a identificarli come animali vaganti da tempo e non, ad esempio, come cani di proprietà sfuggiti al controllo.

La Mancanza del Microchip non è Prova Sufficiente

Il punto centrale della decisione riguarda il valore probatorio della mancanza di microchip. La Cassazione ha stabilito che tale circostanza, sebbene importante, non è di per sé decisiva. Essa rappresenta un indizio, ma non una prova legale sufficiente a fondare una presunzione grave, precisa e concordante della natura randagia. La legislazione impone ai proprietari di cani di dotarli di microchip, ma la violazione di tale obbligo non trasforma automaticamente un cane di proprietà in un randagio ai fini della responsabilità civile. La Corte ha definito l’argomento del ricorrente come un tentativo di criticare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la ratio decidendi della sentenza d’appello non era tanto la questione del microchip, quanto la più ampia e fondamentale “carenza di prova” sulla natura randagia. Il ricorrente, concentrando le sue critiche solo sull’insufficienza del microchip, non ha scalfito il nucleo centrale della motivazione del Tribunale. Secondo la Cassazione, per invocare una presunzione legale basata su un fatto noto (l’assenza di microchip) per provare un fatto ignoto (la natura randagia), il ricorrente avrebbe dovuto argomentare in modo logico e stringente perché tale assenza fosse un indizio così forte da giustificare la presunzione, cosa che non è avvenuta. In sostanza, il ricorso si è limitato a postulare un automatismo (senza microchip = randagio) che la giurisprudenza non riconosce.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento rigoroso in tema di risarcimento per danni da animali randagi. Per i cittadini che subiscono un danno, non è sufficiente dimostrare l’impatto con un animale privo di microchip. È necessario fornire un quadro probatorio più solido, magari attraverso testimonianze o altre circostanze oggettive, che dimostri che l’animale era effettivamente un randagio, parte di un fenomeno di randagismo sul territorio non adeguatamente gestito dall’ente preposto. Questa decisione sottolinea l’importanza di una preparazione accurata della causa fin dal primo grado, raccogliendo tutti gli elementi necessari a soddisfare pienamente l’onere della prova.

Chi è responsabile per i danni causati da un cane randagio?
La responsabilità ricade sull’ente pubblico (Comune o ASL, a seconda delle leggi regionali) incaricato della gestione del fenomeno del randagismo. Tuttavia, il danneggiato deve provare la condotta colposa dell’ente, ad esempio dimostrando che, a fronte di segnalazioni, l’ente non è intervenuto per la cattura dell’animale.

La mancanza di microchip in un cane è una prova sufficiente per considerarlo randagio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’assenza di microchip è un indizio ma non costituisce, da sola, una prova sufficiente a dimostrare la natura randagia di un animale. È una circostanza che deve essere valutata insieme ad altri elementi.

Cosa deve dimostrare chi subisce un danno da un animale per ottenere il risarcimento dall’ente pubblico?
Il danneggiato deve provare: 1) il danno subito; 2) il nesso di causalità tra il danno e l’animale; 3) la natura specificamente ‘randagia’ dell’animale, non essendo sufficiente che fosse semplicemente vagante o privo di microchip; 4) la condotta colposa dell’ente, consistente in una omissione nel servizio di cattura e controllo del randagismo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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