Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27246 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27246 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
ll’avvocato sul ricorso iscritto al n. 2032/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso da COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE RAGIONE_SOCIALE n. 1885/2022 depositata il 21/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/9/2024 dal Presidente NOME COGNOME
Rilevato che:
con atto di citazione notificato in data 20 febbraio 2017 NOME COGNOME convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di RAGIONE_SOCIALE il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna al risarcimento nella misura di Euro 4.789,87 per il danno riportato alla propria autovettura a causa dell’impatto con due cani randagi sulla tangenziale ovest dell’abitato del capoluogo salentino in data 13 dicembre 2015. Il Tribunale adito accolse la domanda esclusivamente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, con condanna al pagamento della somma di Euro 2.600,00 oltre interessi, disattendendo la domanda di manleva proposta dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. Avverso detta sentenza propose appello il RAGIONE_SOCIALE, mentre l’attore propose appello incidentale condizionato. Con sentenza di data 21 giugno 2022 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accolse l’appello principale, rigettando la domanda e l’appello incidentale.
Premessa l’applicabilità dell’art. 2043 c.c., essendo la condotta omissiva espressione di un comportamento colposo dell’ente preposto alla cattura dell’animale, osservò il Tribunale che in base alla legge regionale n. 12 del 1995 il recupero dei cani randagi era a carico dei servizi veterinari delle RAGIONE_SOCIALE e che, alla luce di Cass. n. 17060 del 2018,
mentre sui Comuni incombeva l’obbligo di costruzione e gestione di canili sanitari per l’accoglienza dei cani recuperati in quanto vaganti, al ricovero (ossia il recupero e la cattura) di questi dovevano provvedere i servizi veterinari delle RAGIONE_SOCIALE. Aggiunse che le risultanze istruttorie non consentivano di ritenere sussistente il presupposto di un comportamento colposo del RAGIONE_SOCIALE, non risultando che i cani che avrebbero provocato l’incidente fossero stati oggetto di prec edenti segnalazioni, e non essendo stat o provato dall’attore quale sarebbe stata la condotta concretamente esigibile dal RAGIONE_SOCIALE per la prevenzione dell’incidente, peraltro avvenuto fuori dal centro abitato (circostanza che rendeva ancora più difficoltoso per l’ente comunale il controllo), ed al cospetto della prova da parte del RAGIONE_SOCIALE di aver predisposto gli per prevenire gli dovuti al (ossia l’aver stipulato convenzioni con canili in l’aver sempre segnalato presenza di randagi ASL e così via).
Evidenziò inoltre «la carenza di prova del carattere di randagio del cane per cui è giudizio – che non risulta minimamente fornita, avendo testimoni dell’attore riferito solo della presenza della carcassa di due cani sul luogo del sinistro, senza tuttavia fornire alcun dettaglio e/o alcun elemento oggettivo che ne dimostri la natura randagia, al di là del fatto che, come confermato dal medico veterinario della RAGIONE_SOCIALE in sede di istruttoria orale, gli animali rinvenuti sulla carreggiata fossero privi di microchip, circostanza di per sé insufficiente a provarne la natura randagia. Ancora, l’attore non ha dimostrato neppure che la presenza del cane che gli ha tagliato la strada fosse stato oggetto di segnalazioni, ciò che avrebbe permesso intanto di confrontare le caratteristiche dei cani con quello oggetto di eventuale segnalazione, e in seconda battuta di valutare la conformità dell’ agere della p.a. convenuta al dettato normativo». Concluse nel senso che per le stesse ragioni si doveva rigettare l’appello incidentale condizionato, dal
momento che la mancata prova della natura randagia dell’animale investito non consentiva di ritenere fondata la domanda, a prescindere dalla legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di quattro motivi e resistono con distinti controricorsi il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero non ha depositato le conclusioni scritte.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Premette la parte ricorrente che il Giudice di Pace ha affermato quanto segue: «in ordine ai cani coinvolti nel sinistro, essi vanno ritenuti certamente vaganti -concetto ben diverso da randagio, comprendendosi nel primo anche l’animale abbandonato o allontanato – perché rinvenuti privi di microchip, come accertato in visita necroscopica, in giro ed in area non popolata, circostanza questa inusuale per un animale di affezione domestico». Aggiunge che il RAGIONE_SOCIALE ha formulato la seguente impugnazione in relazione a tale statuizione: «…quanto poi alla natura randagia del suddetto cane, il Giudice di primo grado ha ritenuto come prova sufficiente il fatto che lo stesso fosse sprovvisto di microchip. A tale riguardo si rileva che i poveri cani rimasti uccisi sul ciglio della strada evidentemente non erano randagi ma cani di proprietà privata, tenuti a guardia di una zona di campagna – il sinistro si è verificato in una zona distante dal centro abitato -ovvero sfuggito al controllo del proprio padrone. Il fatto che vi sia un obbligo di dotare i cani di proprietà privata di microchip, questo non significa che tutti i proprietari di cani rispettino tale obbligo, anzi, si tratta di una regola che viene elusa nella maggior parte dei casi sicché l ‘a ffermazione del G.d.P. è del tutto apodittica e pretestuosa».
Osserva quindi che, in relazione alle tre rationes decidendi (a) natura di cani vaganti – non randagi; b) mancanza del microchip , come accertato in sede di visita necroscopica; c) «in giro ed in area non popolata, circostanza questa inusuale per un animale di affezione domestico» ) , il RAGIONE_SOCIALE ha impugnato solo la ratio decidendi sub b), e non le altre, certamente autonome.
Il motivo è infondato. Benché nella rubrica sia indicato l’art. 342 c.p.c., l’oggetto della censura riguarda l’inammissibilità dell’appello non per difetto di specificità, ma per mancata impugnazione di tutte le rationes decidendi . In disparte il profilo di inammissibilità del motivo, derivante dal mancato assolvimento dell’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. a causa dell’illustrazione parziale del contenuto dell’atto di appello, anche considerando la sede della sommari a esposizione dei fatti di causa, va evidenziato che in tema di appello, la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza può dare luogo alla formazione del giudicato interno soltanto se le stesse siano configurabili come capi completamente autonomi, risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente agli altri, concorrano a formare un capo unico della decisione (Cass. n. 40276 del 2021; n. 21566 del 2017). E’ del tutto evidente che i tre punti sottolineati nel motivo non corrispondono ad autonomi capi corrispondenti alla risoluzione di questione controversa, ma si tratta degli argomenti concorrenti nell’ambito di un unitario giudizio di fatto.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 l. n. 281 del 1991 e 2697 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in relazione all’affermazione che l’assenza di microchip è circostanza di per sé insufficiente a provare la natura randagia del cane, che,
contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, l’assenza di microchip identificativo depone nel senso della natura randagia del cane, sia alla luce della legge della Regione Puglia n. 6 del 1995, che del Regolamento UE n. 576 del 12 giugno 2013, posto che il cane non anagrafato è privo di un proprietario che possa rispondere ai sensi dell’art. 2052 c.c. e dunque deve presumersene la natura randagia.
Il motivo è inammissibile.
Quanto al rapporto processuale con il RAGIONE_SOCIALE, va subito evidenziato che non risulta impugnato il riconoscimento dell’assenza del presupposto di responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, sotto il profilo della predisposizione dei canili al fine della mera “accoglienza” dei cani randagi recuperati (ha accertato il giudice del merito che il RAGIONE_SOCIALE ha provato di avere stipulato convenzioni con canili
in . In ogni caso, anche per il RAGIONE_SOCIALE valgono i due profili di inammissibilità seguenti.
Sulla questione della natura randagia del cane il giudice del merito ha accertato «la carenza di prova del carattere di randagio del cane per cui è giudizio – che non risulta minimamente fornita, avendo testimoni dell’attore riferito solo della presenza della carcassa di due cani sul luogo del sinistro, senza tuttavia fornire alcun dettaglio e/o alcun elemento oggettivo che ne dimostri la natura randagia, al di là del fatto che, come confermato dal medico veterinario della RAGIONE_SOCIALE in sede di istruttoria orale, gli animali rinvenuti sulla carreggiata fossero privi di microchip, circostanza di per sé insufficiente a provarne la natura randagia».
In primo luogo, la ratio decidendi è rappresentata dal giudizio di carenza di prova, a prescindere dalla mancanza di microchip, che è circostanza che, per essere stata preceduta dall’inciso «al di là del fatto», non è entrata nella ratio decidendi , ma ha costituito un argomento ad abundantiam . Impugnando soltanto quest’ultimo, il
ricorrente ha lasciato ferma la ratio decidendi , da cui la non decisività della censura.
In secondo luogo, la circostanza della mancanza di microchip è sostanzialmente oggetto del motivo in quanto indice sulla base del quale si dovrebbe presumere la natura randagia del cane. In tal modo, però, la censura resta sul piano del giudizio di fatto, poiché, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l ‘errore del giudice di merito integrante la violazione dell’art. 2729 c.c., quanto all’applicazione dei paradigmi della precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c., può essere denunciato quando quel giudice <> (Così, Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018, non massimata sul punto, ma enunciante ampia motivazione, ripetute volte condivisa da numerosi precedenti). Nella specie il motivo non svolge considerazioni dirette ad evidenziare sul piano dei caratteri della gravità e precisione, con opportuno ragionamento logico conforme all’operare del ragionamento presuntivo, l’idoneità della carenza di microchip a giustificare appunto quel ragionamento per desumere la qualità di randagi dei cani. Si limita a postulare che quel fatto noto avrebbe dovuto avere quella idoneità e lo fa semplicemente facendo riferimento alla circostanza che la legislazione regionale prevede che i cani di proprietà debbano avere un microchip ed essere anagrafati. Senonché, questo dato evidenzia ciò che il titolare del dominio sul cane dovrebbe fare, ma non giustifica che in presenza di cane privo di microchip un cane debba considerarsi
randagio. Manca qualsiasi attività, che non sia l’evocazione della legislazione, idonea a giustificare sul piano della gravità e precisione l’assunto che, in forza dello stato legislativo, un cane senza microchip debba ritenersi randagio. La censura si colloca solo al livello di mero dissenso da ll’apprezzamento di fatto conclusivo inerente l’attività del giudice del merito ed è inidonea a denunciare il vizio ai sensi dell’art. 2729 c.c. Tanto basta ad escludere che si sia in presenza di corretta censura in iure , senza che occorra osservare che l’ id quod plerumque accidit evidenzia che spesso i titolari del dominio sul cane non provvedano agli adempimenti anagrafici.
Si ricorda che le Sezioni Unite, sempre nella decisione indicata hanno osservato quanto segue:
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Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., nonché degli artt.24 e 111 Cost. e degli artt.11 e 117 Cost., in relazione agli artt.6 TUE, 47 CFDUE e 6 CEDU, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Premesso che l’orientamento della giurisprudenza di legittimità recepito dal Tribunale è stato superato da Cass. n. 9621 del 2022, osserva la parte ricorrente che risulta impossibile per la parte provare, ai fini della responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, che vi sia stata una segnalazione del RAGIONE_SOCIALE e che, essendo un fatto pacifico il fenomeno del randagismo nel territorio di RAGIONE_SOCIALE, deve ritenersi che la ASL non abbia svolto diligentemente i compiti di contrasto al fenomeno, concretizzando così il rischio che la norma mira a prevenire. Aggiunge che l’onere della prova dell’esistenza di segnalazioni o richieste di intervento per la presenza abituale di cani può essere assolto per presunzioni (come affermato da Cass. n. 9671 del 2020 e n. 32884 del 2021), per cui spettava alla RAGIONE_SOCIALE dimostrare di avere apprestato un servizio di
recupero dei cani vaganti, organizzato ed efficiente (cfr. Cass. n. 32884 del 2021).
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha omesso di esaminare l’appello incidentale, avente ad oggetto la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE in relazione al mancato recupero dei cani randagi, condizionato all’accoglimento dell’appello principale, ritenendolo assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di gravame (difetto di prova della natura randagia dei cani coinvolti nel sinistro).
L’inammissibilità del secondo motivo, implicante la permanenza della ratio decidendi rappresentata dall’assenza del requisito della natura randagia del cane, determina l’assorbimento di terzo e quarto motivo.
Le alterne vicende del giudizio di merito costituiscono ragione di compensazione delle spese processuali.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso, con assorbimento di terzo e quarto motivo.
Dispone la compensazione delle spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 10 settembre 2024 nella camera di