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Danni arrecati a terzi dalle parti ed accessori del bene locato

Per i danni arrecati a terzi, la responsabilità rimane in capo al proprietario per i soli danni arrecati dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati.

Pubblicato il 05 March 2022 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI
SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI

La Corte, composta dai sigg. Magistrati

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA n. 69/2022 pubblicata il 25/02/2022

nella causa civile di 2° grado iscritta al n. 424 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2019 avente ad oggetto: risarcimento danni da infiltrazioni promossa da

XXX (detto ***), c.f. e YYY, c.f. entrambi residenti in

– Appellante- contro

ZZZ, c.f. rappresentata e difesa dall’Avv. Appellata- Conclusioni delle parti

Nell’interesse degli appellanti: “… In accoglimento dei motivi tutti dedotti in narrativa ed in riforma della sentenza impugnata, accogliere le conclusioni già avanzate in primo grado in atto di citazione e nelle note conclusive dd.15.03.2018, relativamente ai punti nn. 1 e 3, ovvero:

1.accertarti i presupposti dell’illecito extracontrattuale e della responsabilità della signora ZZZ ex art.2051 c.c. o comunque ex art.2043 c.c. relativamente ai danni da infiltrazioni di cui alla perizia resa dal CTU Geom. *** all’esito del procedimento di istruzione preventiva n. 949/12 R.G.A.C. del Tribunale di 15 (doc.5 atto di citazione in primo grado), così come confermata

1

dalla CTU del geom. resa in primo grado, condannarsi la convenuta al pagamento in favore degli attori della somma di € 5.903,82, di cui € 4.903,82 a titolo di risarcimento del danno emergente ed € 1.000,00 a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante oltre a interessi dal dovuto al saldo e rivalutazione monetaria, o comunque condannarsi la signora ZZZ per diversa somma che sarà ritenuta di giustizia all’esito dell’istruttoria del presente procedimento sempre per l’illecito denunciato; condannarsi altresì parte convenuta al rimborso in favore dei signori XXX di tutte le spese inerenti al procedimento di istruzione preventiva di cui al n. 949/12 R.G.A.C. del

Tribunale di Tempio Pausania – sez. distaccata di Olbia complessivamente quantificate in € 4.191,96 oltre agli interessi dal dovuto al saldo od alla diversa somma ritenuta di giustizia; 2.con vittoria di spese di lite per entrambi i gradi di giudizio, comprese quelle di CTU, di contributo unificato e di perizie di parte” .

Nell’interesse di parte appellata “ Voglia l’ecc.ma Corte d’Appello adita, rigettare l’appello proposto dai sig.ri XXX (detto ***) e e YYY e confermare la sentenza impugnata.

Vinte le spese del gravame”.

Motivazione

XXX e YYY convenivano in giudizio ZZZ al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di due distinti episodi di infiltrazione di acqua che, in epoche successive, avevano interessato l’immobile di loro proprietà sito in. Gli attori deducevano che una prima infiltrazione era avvenuta nel maggio 2011, in conseguenza della rottura dello scaldabagno posto nel sovrastante appartamento di proprietà della ZZZ, in esito alla quale avevano patito danni all’immobile per euro 5.903,82 oltre rivalutazione ed interessi, e sostenuto spese pari ad euro 4.191,96 oltre interessi, conseguenza della necessità di instaurazione del giudizio di accertamento tecnico preventivo, definito (nella contumacia della convenuta) con una CTU, sulle cui risultanze avevano fondato l’istanza risarcitoria. Ulteriormente esponevano che il secondo episodio infiltrativo era risalente al dicembre 2013 ed era causato dalla non corretta impermeabilizzazione del giardino di proprietà della ZZZ, che impediva il drenaggio non facendo defluire le acque meteoriche, provocando danni ai locali limitrofi di loro proprietà. A riguardo gli attori richiedevano la condanna in forma specifica della convenuta al risanamento ed alla impermeabilizzazione dei luoghi (per una spesa di euro 3.800,00), e al risarcimento dell’ulteriore danno strutturale subito pari ad euro 3.900,00 oltre interessi, rivalutazione e spese.

Concludevano richiedendo la condanna della sig.ra ZZZ al risarcimento del complessivo importo pari ad euro 13.995,78 oltre interessi e rivalutazione, comprensivo anche del danno da lucro cessante per non aver potuto locare l’appartamento de quo nel mese di giugno 2011 e precisamente dal 04/06 al 17/06/11 in conseguenza del primo episodio infiltrativo. In via istruttoria richiedevano l’acquisizione del fascicolo relativo all’ATP promosso ed hanno prodotto documentazione.

Regolarmente costituitasi in giudizio la sig.ra ZZZ contestava la domanda eccependo di aver concesso in comodato gratuito al proprio genitore, ***, l’immobile sito ad perdendone di fatto il potere di custodia sulle parti ed accessori del bene stesso, sicché non poteva rispondere ex art. 2051 c.c. per l’infiltrazione asseritamente causata dalla rottura dello scaldabagno e per i conseguenti danni causati a terzi. Deduceva inoltre che non vi fosse prova degli episodi infiltrativi lamentati e in ogni caso della riferibilità dei danni ad essi fenomeni nonché dell’entità; lamentava la non opponibilità del contenuto della CTU resa a definizione di un ATP per assenza di valido contraddittorio essendo nulla la citazione eseguita nei suoi confronti; rappresentava ancora che le infiltrazioni lamentate, da cui scaturiva l’umidità dei locali, fossero riconducibili unicamente alle tecniche in uso all’epoca della costruzione dell’edificio ed alla destinazione cui tali locali erano originariamente adibiti (cantina), incompatibile con l’uso abitativo.

La ZZZ concludeva richiedendo il rigetto della domanda con il favore delle spese. La causa, istruita mediante prova per testimoni, acquisizione della consulenza redatta in fase di ATP, ed espletamento di nuova consulenza tecnica relativa anche all’accertamento delle cause e conseguenze dell’evento infiltrativo del dicembre 2013, veniva decisa dal Tribunale di Tempio Pausania con sentenza n. 169/2019 del 22 marzo 2019 con cui venivano rigettate le domande degli attori e regolate secondo soccombenza le spese di lite e di consulenze tecniche.

Quanto al primo fenomeno di infiltrazioni risalente al 2011, il tribunale premettendo che l’invocata responsabilità ex art 2051 c.c. presupponesse la relazione di custodia con la cosa, rilevava come tale relazione all’epoca dei fatti non fosse sussistente poiché la ZZZ aveva dimostrato, per documenti e prova per testimoni, di avere concesso l’immobile in comodato al proprio genitore *** che lo aveva utilizzato e al quale erano eventualmente richiedibili i danni in questione, posto che pacificamente era stato accertato in sede di ATP e di prova testimoniale – e comunque non era controverso in causa – che le infiltrazioni e i danni lamentati erano conseguenza dalla rottura dello scaldabagno che riguardando parti accessorie dell’immobile, e non riconducibili alle strutture murarie ovvero agli impianti in esse conglobati, esentavano da responsabilità la proprietaria dell’immobile stesso.

Quanto all’episodio di infiltrazioni risalente al 2013 il tribunale, richiamando le risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio che avevano posto il fenomeno in correlazione con le tecniche di costruzione dell’immobile e la destinazione d’uso originaria escludendo quindi ogni riconducibilità dei danni alla oggettiva condizione strutturale del giardino di proprietà della Pescini, rigettava la domanda risarcitoria.

Avverso tale decisione, e per la riforma solo parziale della stessa, hanno proposto appello XXX e YYY prestando, infatti, acquiescenza espressa al capo di sentenza con il quale il tribunale respingeva la domanda risarcitoria relativa ai lamentati danni da infiltrazioni riferiti al giardino di proprietà della Pescini e riconducibili all’episodio occorso nel 2013 e deducendo, quanto all’episodio di infiltrazioni del 2011, l’erroneità della statuizione di rigetto della domanda in quanto il tribunale: (i) avrebbe mal valutato le risultanze istruttorie laddove aveva riconosciuto l’esistenza di un comodato gratuito a favore del padre della Pescini, non arguibile dagli atti del giudizio, non essendovi forma scritta e non essendo sufficiente a tal fine la produzione di alcune fatture relative alla fornitura di energia elettrica ovvero della polizza fabbricati intestata al Pescini Massimo senza che fossero dette produzioni corredate da documenti di quietanza dei pagamenti di bollette e del premi; ulteriormente non essendo attendibile il testimone *** che aveva confermato la esistenza della detenzione dell’immobile da parte del *** e della di lui moglie, essendo il testimone retribuito dalla famiglia ***; (ii) avrebbe omesso di pronunciare sull’azione risarcitoria comunque proposta ai sensi e per gli effetti dell’art. 2043 c.c. (iii) avrebbe ingiustamente deciso sulle spese di lite per non avere tenuto conto del comportamento della controparte non ispirato ai principi di correttezza e buona fede non avendo mai negato, nella “corrispondenza ante causam”, la propria legittimazione passiva, né si era costituita in sede di ATP e neppure aveva in giudizio agevolato lo svolgimento dell’istruttoria.

L’appellante ha quindi insistito nell’accoglimento delle domande come sopra trascritte.

Regolarmente costituita in giudizio ZZZ ha resistito puntualmente alle censure chiedendo il rigetto dell’impugnazione con vittoria di spese come sopra trascritto.

All’udienza del 16 luglio 2021, tenutasi nelle forme della trattazione scritta ex art. 221 legge n. 77/20, la causa è stata trattenuta a decisione con la concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

L’appello è infondato.

Deve preliminarmente darsi atto, del passaggio in giudicato della decisione in ordine al rigetto della domanda risarcitoria formulata con riferimento all’episodio di infiltrazioni occorso nel 2013 per effetto della espressa acquiescenza della parte appellante come da pagina 2 dell’atto di appello. Quanto invece alla domanda risarcitoria relativa ai danni derivati dall’episodio di infiltrazioni risalenti al 2011 (rottura dello scaldabagno), rivisitate le risultanze istruttorie alla luce delle doglianze dell’appellante (motivi 1,2 da trattarsi congiuntamente riguardando sostanzialmente la prova del danno e l’ascrivibilità alla parte) ritiene la Corte che la sentenza meriti integrale conferma essendo del tutto rispondente al quadro probatorio emerso nel giudizio.

Invero occorre prendere le mosse dalla circostanza pacifica – e comunque ormai coperta da giudicato in assenza di appello sul punto vds pag. 5 (… è risultato pacifico e non contestato che i danni siano stati causati dalla rottura dello scaldabagno posto nel bagno dell’appartamento … ) neppure proposto in via incidentale con assoluta irrilevanza delle questioni ivi dedotte quanto agli esito della consulenza tecnica dell’Ing. – che le infiltrazione risalenti al 2011 e i danni causati all’immobile di proprietà degli appellanti siano da ricondurre alla rottura dello scaldabagno collocato nell’appartamento di proprietà di ZZZ.

In merito a detta circostanza il tribunale ha rilevato non soltanto che il dato fosse incontestato in giudizio, ma ha dato rilievo specifico anche alla prova per testimoni e specificamente a quella di *** che era intervenuto, avendo la disponibilità delle chiavi dell’appartamento fornitagli da ***, per chiudere l’acqua e far cessare la perdita causata dalla rottura dello scaldabagno e quella del *** che aveva provveduto ad avvisare il *** e che ha riferito della rottura del flessibile collegato allo scaldabagno.

Si ha dunque prova certa in giudizio che alcuna perdita di acqua sia derivata da tubazioni inglobate nella struttura muraria e che i danni da infiltrazioni lamentati in occasione dell’episodio del 2011 non siano riferibili a parti strutturali dell’immobile di proprietà di ZZZ chiamata a rispondere in questa sede ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c. e 2043 c.c.

In tale contesto di fatto deve allora condividersi, in punto di diritto, il richiamo operato dal tribunale al principio affermato costantemente dalla Suprema Corte in materia di locazione e obblighi di custodia e secondo cui “… in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa con il conseguente potere-dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. Pertanto, con riferimento alla locazione di immobile, che comporta il trasferimento della disponibilità della cosa locata e delle sue pertinenze, pur configurandosi ordinariamente l’obbligo di custodia del bene locato in capo al conduttore, dal quale deriva la responsabilità a suo carico – salva quella solidale con altri soggetti ai quali la custodia faccia capo in quanto aventi pari titolo o titoli diversi che importino la coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza sul bene – ai sensi del suddetto art. 2051 c.c., per i danni arrecati a terzi dalle parti ed accessori del bene locato, la responsabilità rimane in capo al proprietario per i soli danni arrecati dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, delle quali conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia” (cfr. da ultimo Cass. n .28197 del 10.12.2020; nella sent. v. anche i richiami a Cass. n. 16231/2005; e Cass. n. 21788/2015). Invero, essendo i suddetti principi pacificamente estendibili anche alle ipotesi di comodato in cui parimenti opera il trasferimento al comodatario della disponibilità dell’immobile e delle sue pertinenze e quindi degli obblighi custodiali, risulta corretta la decisione del primo giudice di ritenere esente da responsabilità la convenuta ZZZ trattandosi, da un lato, di danni derivati, come già era acclarato in sede di ATP, da un bene accessorio collocato nell’appartamento di sua proprietà e dall’altro lato, essendovi prova in giudizio dell’esistenza di un comodato gratuito a favore di *** in capo al quale gravavano gli obblighi custodiali.

Vanno infatti del tutto disattese le doglianze degli appellanti laddove ritengono che non via sia in atti la prova del comodato gratuito.

Invero, premesso che il comodato non richiede forma scritta né ad substantiam né ad probationem potendo essere dimostrato per testimoni o per presunzioni (Cass. 8548/2008) sicché resta irrilevante che l’accordo tra ZZZ e *** non risulti da atto scritto, la documentazione prodotta dalla appellata sin dal primo grado risulta certamente sufficiente se valutata unitamente alla prova testimoniale.

Invero sono state prodotte in giudizio (allegate alla memoria ex art. 183 /6 n. 2 ) le bollette di fornitura di energia elettrica relative all’appartamento di proprietà della appellata, per gli anni dal 2010 al 2014, dalle quali risulta come l’intestatario della fattura e dell’utenza sia *** (identificato con il codice) e ciò fin dal 10.2.2008 (cfr indicazione della data di attivazione), ben prima dell’episodio dannoso oggetto di causa; è stata ulteriormente prodotta la polizza assicurativa fabbricati risalente al 2007 sottoscritta dal medesimo *** con la “Systema spa” e risulta altresì che la stessa fosse operativa al 2011; invero la circostanza si ricava dal documento 6 (rar 25.5.2012) in cui è fatto cenno al diniego di indennizzo comunicato dalla compagnia di assicurazione sulla scorta che il rischio non rientrasse tra quelli coperti dalla polizza, diniego non correlato alla scadenza o ***to rinnovo. Il testimone ***, sulla cui attendibilità non v’è ragione di dubitare essendo la sua deposizione priva di contraddizioni e coerente nella narrazione dei fatti con le altre dichiarazioni (teste ***) nonchè riscontrabile con la documentazione quanto alla disponibilità dell’immobile in capo al padre dell’appellata, ha confermato la circostanza che *** unitamente alla moglie abitasse e usasse l’appartamento nel periodo estivo (da oltre 4,5 anni), avendo riferito di essere in possesso delle chiavi dell’appartamento tenendole a titolo di cortesia proprio su richiesta dello stesso Pescini, non avendo mai avuto come referente ZZZ ma sempre il padre. Lo stesso aveva riferito di essere intervenuto proprio su richiesta del *** in occasione della rottura dello scaldabagno e avvisato dal ***.

Né tale deposizione è in contrasto con le dichiarazioni dei testimoni *** e *** che invero riferiscono di un utilizzo dell’appartamento nel solo periodo estivo da parte della famiglia *** che ben può intendersi, come chiarito dal teste *** il sig. *** e la di lui moglie. Né la circostanza che alcuni interventi compiuti dal Secchi siano stati retribuiti dalla Pescini depongono per escludere il comodato, posto che l’obbligo custodiale resta in capo al proprietario per le strutture e impianti inglobati (tubature nel giardino).

Il quadro probatorio risulta certamente sufficiente, restando irrilevante che la parte non abbia offerto anche la prova delle quietanze di pagamento delle bollette Enel ovvero dei premi di polizza, essendo il dato presumibile dalla stessa documentazione esaminata (dal citato doc 6 e, per le bollette enel, dall’indicazione in fattura che quelle scadute risultano regolarmente pagate) e comunque non dirimente.

In tale ottica va anche esclusa ogni responsabilità di ZZZ ex art. 2043 c.c. in quanto *** ogni riferibilità causale del fatto alla sua condotta laddove, non avendo obblighi di natura custodiale su beni accessori, non era affatto tenuta ad un dovere di vigilanza e pertanto non le era ascrivibile nessuna condotta negligente causativa dei danni oggetto di causa.

Quanto alla doglianza relativa al capo di condanna al pagamento delle spese legali si osserva come il rilievo sulla ingiusta liquidazione delle stesse in relazione alla condotta della controparte processuale, sia assolutamente generico; infatti, tenuto conto che la decisione è adottata in assoluta armonia con la previsione di cui all’art. 91 c.p.c., occorre rilevare come la censura, se riferibile alla entità, manchi di qualsiasi indicazione chiara e precisa in merito alla violazione dei parametri legali utilizzati nella liquidazione degli importi e dell’indicazione di quelli corretti e quindi come tale sia da ritenersi inammissibile.

Per tutte le considerazioni svolte l’appello va respinto.

Le spese processuali del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo sulla scorta dei parametri di cui al DM 55/2014 aggiornati (valore 5201-26.000, valori medi di compenso in relazione alle fasi di studio, introduttiva e decisionale).

Il rigetto dell’impugnazione è anche condizione per l’applicazione dell’art. 13, commi 1 bis e 1 quater, DPR n. 115/2002 mod. dalla L. n. 228/12. (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n.13055 del 25/05/2018).

PQM

La Corte, definitivamente decidendo,

– respinge l’appello proposto da XXX e YYY avverso la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania n. 169/2019 del 22.3.2019;

– condanna la parte appellante alla rifusione delle spese processuali del presente grado in favore della appellata, che liquida per ciascuna di esse in € 3.777,00 per compenso professionale, oltre spese generali e accessori di legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma dell’art. 13, commi 1 bis e 1 quater, DPR n. 115/2002 come mod. dalla L.228/12, ove dovuto Così deciso in Sassari nella camera di consiglio della sezione civile in data 18 febbraio 2022 Il Consigliere est.

Il Presidente

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