Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22322 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22322 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
AFFITTO AGRARIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30326/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE in persona del custode giudiziario nominato nella procedura esecutiva immobiliare R.g.Es. n. 124/2016 del Tribunale di Perugia, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza n. 594/2021 della CORTE DI APPELLO DI PERUGIA -SEZIONE SPECIALIZZATA AGRARIA, depositata il giorno 19 novembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il custode giudiziario della società RAGIONE_SOCIALE -nominato nella procedura di espropriazione immobiliare iscritta al R.G.Es. n. 124/2016 del Tribunale di Terni -domandò giudizialmente la declaratoria di risoluzione per morosità del contratto di affitto avente ad oggetto immobili ubicati in Orvieto concessi alla società agricola RAGIONE_SOCIALE con contratto del 30 settembre 2015.
Nel costituirsi, la convenuta spiegò domanda riconvenzionale volta alla declaratoria di nullità parziale del contratto di affitto (poiché recante pattuizioni in deroga alla disciplina della legge 3 maggio 1982, n. 203 ma stipulato in thesi senza una effettiva assistenza ad opera della associazione professionale di categoria) chiedendo « l’integrazione del contraddittorio e ordinarsi la chiamata in causa » della società RAGIONE_SOCIALE in bonis .
Disattesa questa istanza, all’esito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Terni -sezione specializzata agraria dichiarò risolto il contratto di affitto per morosità, condannò l’affittuaria al rilascio dei beni ed al pagamento di euro 80.000 per canoni scaduti (nonché dei canoni a scadere), rigettò la domanda riconvenzionale di nullità.
La decisione in epigrafe ha rigettato l’appello interposto dalla società agricola RAGIONE_SOCIALE
La società agricola RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi.
Resiste, con controricorso, il custode giudiziario della società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è rubricato: « art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.; nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 105 cod. proc. civ. per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
litisconsorte necessario del giudizio. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 75 cod. proc. civ. in tema di legittimazione esclusiva del custode della procedura esecutiva ».
Assume, in sintesi, che « poiché la società agricola RAGIONE_SOCIALE aveva svolto domanda riconvenzionale volta ad ottenere la nullità parziale del contratto di affitto per vizi inerenti la stipula dello stesso, nel suo momento genetico, la società agricola Montecavallo RAGIONE_SOCIALE rivestiva la indiscutibile qualifica di litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 105 cod. proc. civ., per cui già la sentenza emessa in primo grado che non aveva disposto la integrazione del contraddittorio, doveva ritenersi inutiliter data».
1.1. A tacer della erronea evocazione, quale norma violata, dell’art. 105 cod. proc. civ. (che, come è noto, disciplina l’intervento volontario in lite) e del richiamo alla fattispecie di impugnazione di cui all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. (versandosi, in astratta ipotesi, in vizio di nullità processuale denunciabile ai sensi del num. 4 del predetto articolo), il motivo è destituito di fondamento.
L’argomentazione sviluppata da parte ricorrente censura, in buona sostanza, la reiezione (già in prime cure, benché non si precisi con quale provvedimento e per quali ragioni) della istanza di chiamata in causa « per integrazione del contraddittorio della Montecavallo s.r.l. in bonis », nell’asserita veste di litisconsorte necessario.
Orbene, al riguardo, è dirimente osservare come ogni chiamata in causa di un terzo (tra cui, ovviamente, anche quella originata dalla pretermissione di un litisconsorte necessario) postuli, quale ontologico presupposto, la alterità tra il soggetto già parte della lite e il soggetto (appunto « terzo ») nei cui confronti estendere la controversia.
Ma tale fattispecie non ricorre nella vicenda in vaglio.
Ed invero, la nomina, in seno ad una procedura di espropriazione forzata immobiliare, di un custode giudiziario degli immobili staggiti
non priva il soggetto esecutato (qui, la società Montecavallo) della capacità processuale e di essere parte né, soprattutto, determina la costituzione di un soggetto giuridico altro e diverso da tale esecutato, configurandosi invece il custode giudiziario come il titolare di un ufficio di diritto pubblico sottoposto al controllo dell ‘ autorità giudiziaria e destinato a sostituirsi al titolare nella gestione e amministrazione del compendio in custodia (Cass. 24/09/2024, n. 25584).
Come puntualizzato da questa Corte, il custode, il quale agisca o resista in giudizi concernenti le res staggite a lui affidate, si trova nella posizione del sostituto processuale e, in quanto amministratore di un patrimonio separato, come tale centro di imputazione di rapporti giuridici, è bensì titolare della legittimazione ad processum , ovverosia del potere di stare in giudizio in rappresentanza del patrimonio stesso, ma non della legittimazione ad causam , la quale compete direttamente al patrimonio separato, cui fanno capo le situazioni giuridiche soggettive sostanziali, attive e passive (così Cass. 26/04/2024, n. 11219; nello stesso senso, v. altresì Cass. 14/03/2018, n. 6138; Cass. 31/03/2006, n. 7693; Cass. 28/08/1997, n. 8146).
Ne deriva che, nel caso in esame, la società RAGIONE_SOCIALE, già parte in causa per effetto dell’azione promossa per il tramite del custode giudiziario, legittimato straordinario, non era considerabile alla stregua di un soggetto terzo cui estendere il contraddittorio e ben poteva essere destinataria, sempre per come processualmente già rappresentata, della domanda di nullità del contratto di affitto.
In tali sensi anche emendata la motivazione della gravata sentenza, il motivo va disatteso, restando in questa occasione impregiudicata -siccome non rilevante ai fini della decisione -la questione della corretta definizione degli atti (sostanziali) di gestione ed amministrazione del compendio pignorato al cui compimento è abilitato il custode.
2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 45 della legge n. 203 del 1982 per « nullità parziale del contratto in deroga stante la mancata effettiva attività di consulenza ed indirizzo che avrebbe dovuto svolgere l’associazione sindacale di categoria, in relazione alle clausole relative alla durata del rapporto, alla entità del canone, alle modalità di risoluzione e di disdetta, al regime dei miglioramenti ».
Replicando quanto posto a suffragio dell’appello, parte ricorrente sostiene che l’assistenza prestata dall’associazione di categoria alla stipula del contratto di affitto non sia stata effettiva.
2.1. Il motivo è infondato.
Sul punto, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrativa dell’attività di effettiva assistenza la sottoscrizione del contratto da parte dei contraenti e dei rappresentanti sindacali.
L’argomentazione è conforme a costante indirizzo orientamento di nomofilachia -del quale l’apodittico assunto del ricorrente non offre spunti critici o elementi esegetici per una eventuale rimeditazione -secondo cui in tema di stipulazione di accordi in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, ai sensi dell ‘ art. 45 della legge n. 203 del 1982, perché si abbia assistenza dell ‘ associazione professionale di categoria è necessario che essa si estrinsechi in un ‘ attività effettiva di consulenza e di indirizzo che chiarisca alle parti il contenuto e lo scopo delle singole clausole contrattuali che si discostino dalle disposizioni di legge affinché la stipulazione avvenga con la massima consapevolezza possibile, e, quindi, purché l ‘ assistenza sia stata così prestata, sussiste la validità del contratto ed è, a tal fine, probante la sottoscrizione, da parte dei contraenti e dei loro rispettivi rappresentanti sindacali, del documento negoziale (in tal senso, Cass. 27/07/2018, n. 19906; Cass. 04/06/2008, n. 14759).
Il rigetto del secondo motivo co mporta l’assorbimento del terzo, con cui è stata lamentata la mancata ammissione di prove (per testi, interrogatorio formale, c.t.u.) tese a dimostrare il mancato svolgimento di effettive attività di assistenza da parte delle associazioni sindacali.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
L’oggetto della controversia (concernente un affitto agrario) esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione (Cass. 11/10/2017, n. 23912).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 6.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione