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Cumulo materiale sanzioni: la Cassazione chiarisce

Una società era stata sanzionata per violazioni in materia di orario di lavoro. Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello che aveva applicato una sanzione ridotta. La Suprema Corte ha riaffermato che, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità di una norma successiva, si deve tornare ad applicare il principio del cumulo materiale sanzioni, secondo cui le pene per ogni singola violazione si sommano tra loro, e non il più mite cumulo giuridico. Il caso è stato rinviato per il ricalcolo della sanzione.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cumulo materiale sanzioni: La Cassazione impone il calcolo più severo

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di sanzioni per violazioni della disciplina sull’orario di lavoro. La sentenza chiarisce l’obbligo di applicare il criterio del cumulo materiale sanzioni in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità di una normativa che prevedeva un trattamento più mite. Questa decisione sottolinea il vincolo inderogabile per i giudici di merito di attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte in sede di rinvio.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione territoriale del lavoro nei confronti di un’impresa per violazioni relative al mancato rispetto del riposo settimanale e del riposo tra due turni di lavoro. L’importo iniziale della sanzione ammontava a oltre 300.000 euro.

Il caso è passato attraverso vari gradi di giudizio:
1. Il Tribunale di primo grado aveva ridotto la sanzione a circa 175.000 euro.
2. La Corte d’Appello, in un primo momento, aveva ulteriormente abbassato l’importo a circa 82.000 euro, confermando solo le violazioni sul riposo tra i turni.
3. Successivamente, la Corte di Cassazione, con una precedente ordinanza, aveva annullato questa decisione. Il motivo era che la sanzione era stata calcolata sulla base dell’art. 18-bis del D.Lgs. 66/2003, norma nel frattempo dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale. La Cassazione aveva quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello, specificando che doveva essere applicata la normativa precedente (art. 9 del R.D.L. 692/1923), che prevedeva il criterio del cumulo materiale.
4. Nonostante le chiare indicazioni, la Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, aveva determinato la sanzione in soli 3.500 euro, applicando di fatto un criterio assimilabile al cumulo giuridico e tenendo conto di elementi come la condotta collaborativa dell’azienda.

Contro quest’ultima decisione, l’Ispettorato del Lavoro ha nuovamente proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il cumulo materiale sanzioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Ispettorato, cassando la sentenza della Corte d’Appello. Il punto centrale della decisione è la violazione, da parte del giudice di rinvio, del principio di diritto espresso dalla stessa Cassazione nella precedente ordinanza.

La Corte ha ribadito che il giudice di rinvio non ha discrezionalità nell’applicare o meno il principio di diritto enunciato, ma è tenuto a conformarvisi. In questo caso, il principio imponeva l’applicazione del cumulo materiale sanzioni, come previsto dalla vecchia normativa, e non di un criterio forfettario o basato sul cumulo giuridico. La precedente declaratoria di incostituzionalità aveva infatti “resuscitato” la disciplina sanzionatoria anteriore, che risulta essere più severa.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri principali.

Il primo è il vincolo derivante dall’art. 384 c.p.c., che obbliga il giudice del rinvio ad attenersi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione. La Corte d’Appello, discostandosi da tale principio, ha emesso una sentenza viziata.

Il secondo pilastro è la corretta interpretazione degli effetti della sentenza della Corte Costituzionale (n. 153/2014). Quella sentenza aveva dichiarato illegittimo l’art. 18-bis del D.Lgs. 66/2003 proprio perché, contrariamente a quanto previsto dalla legge delega, introduceva sanzioni più severe rispetto al sistema precedente. Tuttavia, la Corte Costituzionale stessa aveva evidenziato che il sistema precedente, basato sull’art. 9 del R.D.L. 692/1923, prevedeva un calcolo basato sul cumulo materiale (una sanzione per ogni lavoratore o giorno di violazione). Di conseguenza, l’applicazione della norma dichiarata incostituzionale avrebbe portato a una sanzione meno grave di quella risultante dal corretto cumulo materiale previsto dalla vecchia legge. Ignorare questo aspetto, come ha fatto la Corte d’Appello, significava disapplicare la legge vigente e violare il principio di diritto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e rinviato nuovamente la causa alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione. Il nuovo collegio dovrà ricalcolare la sanzione applicando rigorosamente il criterio del cumulo materiale sanzioni, sommando quindi le sanzioni per ogni singola infrazione commessa. Questa ordinanza rafforza il principio della nomofilachia, ovvero il ruolo della Cassazione di garantire l’uniforme interpretazione della legge, e chiarisce che i principi di diritto da essa stabiliti non possono essere elusi dai giudici di merito, anche se ciò porta a conseguenze sanzionatorie più pesanti per il trasgressore.

Qual è la differenza tra cumulo materiale e cumulo giuridico delle sanzioni?
Il cumulo materiale prevede che le sanzioni per ogni singola violazione vengano sommate tra loro. Il cumulo giuridico, invece, applica la sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino a un certo limite, risultando generalmente più favorevole.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Corte d’Appello non si è attenuta al ‘principio di diritto’ stabilito dalla stessa Cassazione in una precedente pronuncia. Aveva il dovere di applicare il criterio del cumulo materiale, ma ha invece calcolato la sanzione in modo forfettario, violando le indicazioni vincolanti ricevute.

Quale effetto ha avuto la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 18-bis del D.Lgs. 66/2003 sul calcolo delle sanzioni?
La dichiarazione di incostituzionalità ha determinato la ‘reviviscenza’ della normativa precedente, ovvero l’art. 9 del R.D.L. n. 692/1923. Questa norma prevede il principio del cumulo materiale, che porta a un calcolo della sanzione complessiva spesso più severo di quello che si sarebbe ottenuto con il criterio del cumulo giuridico o con la norma dichiarata incostituzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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