Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2062 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2062 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19039/2023 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’ Avvocatura generale dello Stato.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.ti in INDIRIZZO, presso AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO.
controricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste n. 322/2023 pubblicata in data 22/06/2023, n.r.g. 14/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/12/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione di euro 307.096,00 emessa dal RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE in relazione ad infrazioni alla
OGGETTO:
opposizione a ordinanza ingiunzione – sanzioni in materia di violazioni della disciplina sull’orario di RAGIONE_SOCIALE e sui riposi -principio di diritto affermato in sede di cassazione con rinvio -vincolo ex art. 385 c.p.c. sussistenza
disciplina del riposo settimanale (art. 9, co. 1, d.lgs. n. 66/2003) ed al riposo fra due turni di RAGIONE_SOCIALE (art. 7, co. 1, d.lgs. n. 66/2003).
2.- Costituitosi il contraddittorio, assunte le prove testimoniali ammesse, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva in parte l’opposizione e rideterminava la sanzione nella minor somma di euro 175.245,00.
3.La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 186/2016, in parziale accoglimento del gravame dei due opponenti, dichiarava inesistente il debito relativo all’asserito mancato rispetto del riposo settimanale per insussistenza dell’illecito, mentre confermava la decisione di primo grado con riguardo al mancato rispetto del riposo fra due turni (art. 7, co. 1, d.lgs. n. 66/2003), sicché rideterminava l’importo complessivo dovuto a titolo di sanzione nella minor somma di euro 81.900,00.
4.- Con ordinanza n. 30630/2022 questa Corte di legittimità accoglieva il secondo motivo di ricorso proposto dai due opponenti, che si erano doluti dell’applicazione dell’art. 18 bis d.lgs. n. 66/2003 secondo il testo dichiarato costituzionalmente illegittimo da C. Cost. n. 153/2014, applicabile a tutti i giudizi in corso come quello in esame. Rinviava alla medesima Corte RAGIONE_SOCIALE per la determinazione del trattamento sanzionatorio in base alla precedente disciplina dettata dall’art. 9 del r.d.l. n. 692/1923.
5.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello dichiarava che la sanzione dovuta per la violazione dell’art. 7, co. 1, d.lgs. n. 66/2003 ammontava ad euro 3.500,00.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte RAGIONE_SOCIALE affermava:
l’art. 9 r.d.l. n. 692/1923 originariamente prevedeva una sanzione penale pecuniaria da applicarsi per ogni lavoratore interessato;
l’art. 3 d.P.R. n. 758/1994 ha depenalizzato la materia e ha stabilito sanzioni pecuniarie collegate non più al numero dei lavoratori o ai giorni di violazione, bensì a due specifiche ipotesi -situazione base aggravata per il numero dei lavoratori interessati ovvero di volte in cui viene commessa l’infrazione da un mimo da un massimo;
all’esito dell’ultima rivalutazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie, stabilita con l’art. 1, co. 1177, L. n. 296/2006, la sanzione relativa all’ipotesi più
grave va da un minimo di euro 775,00 ad un massimo di euro 5.115,00;
erra dunque l’ispettorato a ritenere che sia ancora attualmente sanzionata la condotta illecita con un importo per ogni lavoratore oppure per ogni giorni di violazione, da assommare, posto che la legge non prevede più tale calcolo della sanzione, invece prevista nel testo originario dell’art. 9 cit.;
orbene, tenuto conto della condotta collaborativa della parte opponente, siccome rilevata anche dall’organo accertatore, e considerato che la questione attiene ad un accordo aziendale che era intervenuto fra parte datoriale e le maestranze, la sanzione va determinata in euro 3.500,00;
non sussiste il difetto di legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE, in esito alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2015, poiché questo è un giudizio di rinvio sicché devono essere parti tutti quei soggetti che lo erano stati dinanzi alla Corte di Cassazione, purché non estinti (Cass. sez. un. n. 15911/2021);
nel giudizio di rinvio risulta comunque costituito anche l’ispettorato RAGIONE_SOCIALE competente, come previsto dal d.lgs. n. 149/2015, sicché il contraddittorio è integro.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE NOME e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso e poi hanno depositato memoria.
6.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. i ricorrenti lamenta no la violazione dell’art. 384, co. 2, c.p.c. per essersi la Corte RAGIONE_SOCIALE conformata solo parte alla decisione rescindente della Corte di legittimità di cui all’ordinanza n. 30630/2022, poiché ha applicato il criterio del c.d. cumulo giuridico di cui all’art. 8 L. n. 689/1981, in violazione del principio di diritto espresso in quella pronunzia, che imponeva di applicare l’art. 9 r.d.l. n. 692/1923, il quale prevede invece il c.d. cumulo
materiale, in conformità ad un indirizzo ormai consolidato come da Cass. n. 12659/2019, espressamente richiamata nell’ordinanza rescindente.
Il motivo è fondato, poiché è esattamente questo il tenore dell’ordinanza rescindente di questa Corte: « … I riflessi sul trattamento sanzionatorio concretamente applicabile alla violazione in oggetto, connessi alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 18 bis D.Lgs. devono essere decisi in conformità del condivisibile indirizzo espresso da Cass. n. 12659/2019, che si richiama anche ai sensi dell’art. 118 disp.att.c.p.c., secondo il quale ‘In tema di sanzioni amministrative per plurime violazioni in materia di orario di RAGIONE_SOCIALE, commesse con più azioni od omissioni, opera il criterio del c.d . cumulo materiale …’ … ».
Il rischio paventato dai controricorrenti -ossia che applicando il criterio del cumulo materiale si pervenga ad una determinazione della sanzione più grave di quella che si era in concreto avuta con l’applicazione della norma (art. 18 bis d.lgs. cit.) poi dichiarata costituzionalmente illegittima -non sussiste.
Va infatti considerato che nella sentenza di illegittimità costituzionale d ell’art. 18 bis cit. (C. Cost. n. 153/2014) la Corte Costituzionale ha affermato: « … le sanzioni amministrative di cui all’art. 18 -bis del d.lgs. n. 66 del 2003, sulla base di un’operazione di puro confronto aritmetico sul quale non sussistono dubbi interpretativi, sono più alte di quelle irrogate nel sistema precedente. Discende, pertanto, la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, perché effettivamente sussiste la violazione dell’art. 2, comma 1, lett. c ), della legge di delega n. 39 del 2002, il quale ha previsto come criterio direttivo in materia di sanzioni amministrative che, nel passaggio dal precedente al nuovo regime, in ogni caso ‘ saranno previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi ‘ …» .
Secondo la Consulta, dunque, ‘ non sussistono dubbi interpretativi ‘ sul fatto che la sanzione determinata ai sensi dell’art. 18 bis d.lgs. n. 66/2003 fosse più grave (sulla base di un mero calcolo aritmetico) di quella determinata secondo il sistema precedente, rappresentato -appunto -dall’art. 9 r.d. l. n. 692/1923 e dal cumulo materiale ivi previsto. Tanto è
vero che proprio sulla base di quel presupposto, certo e indiscutibile, la Corte pervenne alla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma (art. 18 bis cit.) per inosservanza del criterio direttivo imposto dalla legge delega.
Quindi la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla medesima Corte RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, per la nuova determinazione della sanzione secondo il criterio del cumulo materiale.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 7, co. 1, d.lgs. n. 66/2003, 9 r.d.l. n. 692/1923 e 8 L. n. 689/1981 per avere la Corte RAGIONE_SOCIALE applicato il criterio del cumulo giuridico piuttosto che quello del cumulo materiale per la determinazione della sanzione.
Il motivo è assorbito.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1, 2, 6 e 8 d.lgs. n. 149/2015, 6 d.lgs. n. 150/2011 e 110 c.p.c. per avere la Corte RAGIONE_SOCIALE ritenuta sussistente la legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, non essendoci stata alcuna condanna dei ricorrenti in favore del RAGIONE_SOCIALE, sicché diventa superfluo stabilire se quella realizzata dal d.lgs. n. 149/2015 -che ha trasferito le funzioni RAGIONE_SOCIALE precedenti direzioni territoriali del RAGIONE_SOCIALE all’ispettorato del RAGIONE_SOCIALE sia una successione a titolo particolare nel diritto controverso, regolata da ll’art. 111 c.p.c. , oppure a titolo universale ex art. 110 c.p.c.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo e inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, per la decisione del merito in relazione al motivo accolto, nonché per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione RAGIONE_SOCIALE, in data 03/12/2024.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME