Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1583 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1583 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
sul ricorso 16746/2020 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 97/2020 depositata il 23/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono a questa Corte per sentire cassare, sulla base di quattro motivi di ricorso, seguiti pure da memoria, ai quali resiste Unicredit s.p.a., la sopra riportata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Genova, accogliendo il gravame della banca, ha riformato l’impugnata decisione di primo grado che su istanza degli odierni ricorrenti aveva accertato l’usurarietà degli interessi applicati al contratto di mutuo corrente tra le parti, aveva dispensato gli istanti dal pagamento degli interessi ed aveva condannato la banca al rimborso di quanto a questo titolo indebitamente riscosso.
Nel motivare le ragioni del proprio deliberato, il giudice d’appello, per quel che qui ancora rileva, ha sconfessato l’assunto decisorio del primo giudice tanto nella parte in cui questo, adererendo alle conclusioni del CTU e smentendo perfino se stesso, aveva divisato l’usurarietà degli interessi sull’erroneo presupposto che interessi corrispettivi ed interessi di mora si sommassero insieme tra loro («effettivamente nella sentenza appellata … si afferma espressamente di recepire gli accertamenti del CTU in ordine all’usuraritetà dei tassi previsti nel contratto di mutuo per cui si procede. Tuttavia in entrambe le ipotesi di calcolo formulata dal CTU la verifica dell’usurarietà viene effettuata sommando algebricamente al tasso previsto per gli interessi corrispettivi: nella prima ipotesi, la sola maggiorazione del 2% prevista per il caso di mora, nella seconda l’intero tasso degli interessi di mora pari al 7,45% … appare del tutto evidente che tale modalità di formulazione delle due ipotesi va esattamente contro quanto sostenuto nella sentenza impugnata a pag. 97, laddove si esclude la correttezza della sommatoria algebrica tra interessi corrispettivi e interessi moratori»); quanto nella parte in cui il medesimo giudice aveva
condiviso l’effetto anatocistico connesso al piano di ammortamento adottato dalla banca mutuante applicando il regime della capitalizzazione composta («a) la CTU non ha accertato alcune effetto anatocistico nel piano di ammortamento ma solo un lieve scostamento – 0,22% – del tasso effettivamente applicato rispetto a quello indicato nel contratto, che appare indipendente dal frazionamento del piano di ammortamenti in rate infra-annuali; b) in ogni caso il tasso effettivo non era indeterminato né indeterminabile ma verificabile sulla base del piano di ammortamento allegato al contratto virgola che ne costituisce parte integrante c) infine, se anche risultasse un effetto anatocistico esso comporterebbe soltanto la non debenza degli interessi anatocistici e non certamente la nullità della clausola relativa agli interessi corrispettivi e l’applicazione del tasso legale in sostituzione, così come richiesto dalla parte affilata»).
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -a mezzo del quale si lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione apparente ed illogica nella parte cui, in chiosa al rilevato errore in cui era incorso il primo giudice cumulando ai fini della rilevata usurarietà dei tassi applicati nella specie interessi corrispettivi ed interessi moratori, non rende comprensibile «per quale motivo non sarebbe stato corretto, quantomeno, il criterio di calcolo adottato dal ctu in merito alla maggiorazione percentuale del 2% in più del tasso corrispettivo previsto contrattualmente ai fini dell’individuazione del tasso di mora» e non rende parimenti comprensibile «da un punto di vista logico-giuridico, perché si ritenga che non vi sia alcun dubbio sull’applicazione dell’art. 1815, comma 2, c.c. ai soli interessi corrispettivi» -già inizialmente di dubbia perspicuità in quanto non se ne coglie la debita conferenza, si presta ad un più immediato
rilievo di preliminare ed assorbente inammissibilità per palese estraneità alla ratio decidendi enunciata dal giudice d’appello.
Si è visto che il nucleo portante del ragionamento sviluppato in quella sede si impernia sulla riscontrata erroneità del criterio adottato dal giudice di primo grado per statuire l’usurarietà dei tassi di interesse applicati nella specie operando l’improprio cumulo tra interessi moratori ed interessi corrispettivi. Ora, anche senza rievocare qui la giurisprudenza di questa Corte -al cui comando si è rettamente attenuto il giudice del grado ( ex plurimis , Cass. Sez. III, 17/10/2019, n. 26286) -il vizio lamentato prende forma su un terreno argomentativo che la sentenza impugnata -come bene rivela anche l ‘incipit del relativo svolgimento («al riguardo si deve anche rilevare .. ») -ha inteso praticare al solo scopo di dare un più ampio respiro al proprio ragionamento, puntualmente esternatosi nella affermazione appena riportata. L’estensione di esso a profili della controversia che, pur afferendo a snodi problematici di probabile pertinenza, si collocano tuttavia nella sequenza decisionale oltre quella affermazione, che vale a sorreggere di per sé sola l’intero impianto decisorio, consegnano, di conseguenza, quel fascio di ulteriori riflessioni, oggetto di critica da parte del ricorrente, ad una prognosi di oggettiva di superfluità che dispensa perciò dal loro esame.
3. Il secondo motivo di ricorso -per mezzo del quale si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 343 cod. proc. civ. sull’assunto che erroneamente la Corte d’Appello aveva ritenuto che le doglianze degli odierni ricorrenti in punto all’effetto anatocistico sotteso al piano di ammortamento adottato dalla banca mutuante non fossero state trasfuse in appello incidentale -è, in disparte da ogni altro rilievo pregiudizialmente preclusivo, inammissibile per difetto di interesse.
Per vero non è certo contestabile che l’allegazione rifletta un’affermazione operata in sentenza, ma, come si è già anticipato nella narrativa di fatto, non è altrettanto contestabile che, pur affermando che nella comparsa di costituzione e risposta parte appellata non aveva proposto appello incidentale, la Corte d’Appello si sia premurata di esaminare il merito delle doglianze e di respingerle con la motivazione dianzi riportata, sicché dell’affermazione qui censurata i ricorrenti non hanno alcun ragione di dolersi, essendosi essa rivelata improduttiva di effetti nei loro confronti, dato che il decidente ha comunque provveduto sulle loro ragioni.
4. Il terzo motivo di ricorso -per mezzo del quale si lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione apparente ed illogica ed avrebbe violato gli artt. 1283, 1284, 1346, 1419 cod. civ. e 117 TUB per aver disatteso con argomentazioni incomprensibili le risultanze della CTU accertative dell’usura e dell’effetto anatocistico -è inammissibile poiché inteso alla rivalutazione dell’apprezzamento in fatto operato dal decidente di merito.
Lungi per vero dall’incorrere nella denunciata anomalia motivazionale, a cui seguirebbe la violazione pure delle richiamate norme di diritto, la Corte d’Appello, nel passaggio motivazionale di cui si è dato conto in narrativa, ha puntualmente preso atto dalle risultanze peritali e, procedendo al loro esame, ha dato conto con ampia, esaustiva e logica motivazione delle ragioni per le quali non era condivisibile l’assunto di parte appellata in punto di anatocismo implicito, declinando in tal modo un giudizi, da un lato, immune da vizi e, dall’altro, insuscettibile di revisione in questa sede poiché versato naturalmente in fatto.
Il quarto motivo di ricorso -per mezzo del quale si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 92 cod. proc. civ. per non aver disposto la compensazione delle spese di lite -è inammissibile trattandosi di determinazione notoriamente non censurabile in sede di legittimità.
E’ infatti appena il caso di ricordare, come si afferma abitualmente, che in tema di spese processuali il sindacato della Corte di cassazione è limitato solo ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, sicché non vi rientra, ricadendo nella sfera di esercizio del potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass., Sez. III-VI, 17/10/2017, n. 24502; Cass., Sez. V, 31/03/2017, n. 8421; Cass., Sez. V, 19/06/2013, n. 15317).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico dei ricorrenti del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore della parte controricorrente in euro 5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte dei ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.12.2024.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME