Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 419 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 419 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 20335-2021 proposto da:
A.T.E.RRAGIONE_SOCIALEP. – AZIENZA RAGIONE_SOCIALE L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DELLA CALABRIA, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
Oggetto
R.G.N. 20335/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/10/2023
PU
COGNOME CONDEMI NOME COGNOME NOMECOGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 387/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 03/06/2021 R.G.N. 1131/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2023 dal Consigliere Dott. COGNOME NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo e rigetto degli altri;
udito l’Avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Catanzaro con la sentenza n.387 /21 aveva accolto parzialmente il ricorso di RAGIONE_SOCIALE -Azienda territoriale per l’edilizia Residenziale Pubblica per la Calabria-avverso la decisione con cui il tribunale di Cosenza aveva condannato l’A zienda a pagare agli attuali controricorrenti le somme a titolo di compenso per la prestazione effettuata sino al 10.8.2015 e di risarcimento per l’illegittimo recesso ante tempus dal contratti a progetto stipulato tra le parti ( periodo dal 10.8.2015 sino al 9 agosto 2016).
Quanto alle prime somme la corte riteneva che l’eccezione di avvenuto pagamento di quanto dovuto per il mese di luglio e primi giorni di agosto non aveva trovato riscontro nelle buste paga prodotte nel primo grado di giudizio.
Con riguardo alle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno, la Corte territoriale riteneva, illegittima la clausola di cui all’art. 9 del contratto tra le parti in quanto, questo, subordinava il pagamento della prestazione alla erogazione di fondi regionali di finanziamento del Progetto. Riteneva altresì illegittimo il recesso anticipato (comunicato il 6 ottobre 2016) per il periodo 10.8.20159.8.2016 allorchè solo in tale ultima data si era concretizzata, con la Delibera regionale, la causa di risoluzione dei contratti in questione per cessazione del finanziamento del progetto.
Il Giudice d’appello, valutando che il recesso non poteva essere ad effetto retrodatato, limitava in tal modo il danno, peraltro confermando che nel periodo su indicato la sospensione del progetto e della prestazione disposta dall’Aterp era da ritenersi il legittima non trovando essa giustificazione nelle disposizioni contrattuali. A tal fine valutava che la scadenza del contratto era fissata al 30.6.2017 e che le parti potevano recedere anticipatamente (art 12) solo per una giusta causa, quale la sospensione o cessazione del finanziamento del progetto avvenuta con delibera del 9.8.2016.
La Corte escludeva l’applicazione alla fattispecie del disposto dell’art. 9 del contratto poiché nel periodo in questione (10.8.2015- 9.8.2016) non si era verificata una prestazione non pagata, ma una sospensione di fatto del rapporto non prevista e dunque illegittima.
Avverso detta decisione l’Aterp proponeva ricorso affidato a sei motivi e successiva memoria.
L’Ufficio della Procura Generale depositava memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)-Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione di legge (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.) con riguardo agli artt.
1362, 1363, 1341, 1256, 1218, 1176, 1206 c.c.; si assume, in particolare, l’erronea interpretazione delle clausole del contratto a progetto e la sua impossibilità temporanea, poi definitiva, per factum principis ; si rileva inoltre che ai lavoratori era nota la clausola che subordinava il pagamento della prestazione all’erogazione dei finanziamenti regionali, oltre che non sia stato considerato che la sospensione era contenuta nell’art. 12 del contratto quale causa di recesso anticipato.
2)-Con il secondo motivo la sentenza impugnata viene censurata per violazione di legge ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; si lamenta la contraddittorietà e l’apparenza della motivazione con riguardo a quanto statuito dall’art. 9 del contratto, ossia che in caso di recesso anticipato fosse pagata solo la prestazione effettuata, e al riconoscimento di danno da mancata retribuzione per una prestazione mai svolta.
3)-Con il terzo motivo si deduce violazione di legge per omesso esame di fatto decisivo (art. 360, co. 1. n. 5, c.p.c.), essendo la legittimità della sospensione determinata dalla mancanza di risorse regionali, così come la risoluzione.
3-a)-I primi tre motivi possono trattarsi congiuntamente per la loro connessione.
Essi non sono fondati, quanto ai lamentati vizi di interpretazione del contratto di lavoro a progetto, perché la Corte di merito ha dato atto del contenuto dello stesso ed ha valutato, in fatto, che la sospensione del rapporto non era sorretta da alcuna precedente determinazione di sospensione dei finanziamenti, mentre la cessazione dei finanziamenti era stata attestata solo con la delibera della Giunta regionale del 2016. Ha, pertanto, ritenuto il periodo di sospensione non coperto, per così dire, da alcuna valida giustificazione, se non espressa a posteriori , e dunque che
non potesse farsi valere retroattivamente la delibera del 2016, produttiva di effetti solo dal momento della sua emanazione.
A tale interpretazione del contratto e dei suoi effetti giuridici, congruamente e logicamente motivata nella sentenza impugnata, parte ricorrente contrappone la propria differente interpretazione delle previsioni del contratto in materia di risoluzione del rapporto per revoca del finanziamento regionale, includendovi anche il periodo in cui essa non era stata formalmente disposta; ciò in contrasto con il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità (tra le molte, Cass. n. 3964/2019), secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, quella data dal giudice non deve invero essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra.
E’ parimenti consolidato il principio, secondo cui, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in un’indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni
illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. n. 9461/2021; cfr. anche Cass. n. 4460/2020).
Rispetto a tali principi non colgono nel segno le doglianze di motivazione omessa o apparente (che ricorre allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento – cfr. Cass. n. 9105/2017; conf. Cass. n. 20921/2019), avendo la Corte di merito chiaramente illustrato i motivi del diverso rilievo, ai fini risarcitori, assegnato alla sospensione del rapporto, non essendo provata la coeva cessazione del finanziamento regionale e non essendo la sospensione del contratto prevista dallo stesso, rispetto alla sua risoluzione di un anno successiva, essendo (solo allora) stato dimostrato, perché deliberato dalla Giunta regionale, l’avveramento della condizione risolutiva del contratto a progetto. Nessun profilo di contraddizione è dunque ravvisabile nella impugnata pronuncia, con ciò risultando differente rispetto ad altro precedente pure valutato da questa Corte di legittimità (Cass.n. 21846/2022).
Neppure meritevoli di accoglimento risultano le censure di omesso esame di fatti decisivi, che si risolvono in una critica del governo delle prove, attività spettante ai giudici di merito (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021).
4)- Con il quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c e art 2697 c.c.
5)-Il quinto motivo evidenzia la violazione di legge – Error in iudicandononché l’omesso esame di fatto decisivo (art.
360 co.1 n. 5 c.p.c.)
Con tali motivi la parte ricorrente si duole della statuizione circa la eccezione di avvenuto pagamento delle prestazioni rese nel luglio e primi giorni di agosto 2015. Rileva a riguardo che la busta paga di luglio era allegata al fascicolo di primo grado e che nei primi 10 giorni del mese successivo non era stata svolta nessuna prestazione.
Le censure non sono fondate, perché non si confrontano compiutamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata su tale punto controverso.
Nella sentenza della Corte di Catanzaro non è infatti computata, a fini risarcitori, la retribuzione di luglio 2015 (cfr. § 11, in cui si ridetermina il quantum dovuto a partire dalla cifra complessivamente liquidata relativa al periodo dall’1.8.2015 e non dall’1.7.2015).
È invece computata (§10) la retribuzione dovuta dall’1.8 al 10.8.2015 sulla base di una presunzione (prestazione dell’attività lavorativa sino alla nota di sospensione del rapporto in tale ultima data) la cui probante efficacia induttiva non è posta in discussione, se non in via generica, dai motivi di gravame in esame.
Peraltro deve anche osservarsi che con la valutazione della produzione documentale da parte del giudice, nessun vizio omissivo è evincibile, al più essendo ipotizzabile un vizio revocatorio, non azionato in questa sede, ove emergesse contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto e dunque un errore percettivo (Cass.n. 16902/2021). 6)Il sesto motivo riguarda la violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. e dell’art. 22 co.36 l.n. 724/94. Parte ricorrente si duole della condanna alla rivalutazione monetaria cumulata con gli interessi legali, quale accessorio del credito del lavoratore oggetto di condanna.
Il motivo è fondato, perché, attesa la natura pubblicistica dell’ente ricorrente (cfr. Cass. n. 29616 e n. 29617/2019),
opera il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi, previsto dall’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994, per gli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale spettanti ai dipendenti pubblici in attività di servizio o in quiescenza, da applicarsi anche ai crediti risarcitori, trattandosi di una regola limitativa della previsione generale dell’art. 429, comma 3, c.p.c., che, nell’utilizzare la più ampia locuzione “crediti di lavoro”, ha inteso riferirsi a tutti i crediti connessi al rapporto di lavoro e non soltanto a quelli strettamente retributivi (cfr. Cass. n. 13624/2020 e giurisprudenza ivi richiamata, Corte Cost. n. 459/2000, art. 16, co. 6, Legge n. 412/1991).
In conclusione devono essere respinti i primi 5 motivi di ricorso; in accoglimento del sesto, la sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua , e, non essendo necessari accertamenti in fatto, con decisione nel merito parte ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore di controparte, delle somme indicate nella sentenza impugnata, in riferimento a ciascun lavoratore oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria ai sensi di legge, escluso il cumulo tra tali poste accessorie.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado, per la mancata costituzione del lavoratore.
L’accoglimento parziale del gravame esclude la sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La corte accoglie il sesto motivo e rigetta nel resto il ricorso. In riferimento al motivo accolto, decidendo nel merito, condanna parte ricorrente al pagamento della maggior somma tra interessi legali e rivalutazione
monetaria a titolo di accessori sulle somme dovute indicate nella sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 387/2021.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 ottobre