Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4360 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4360 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23296-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti – ricorrenti incidentali nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME;
– intimati –
Oggetto
Cassa integrazione guadagni
straordinaria
–
criteri di scelta
–
applicazione accordi
R.G.N. 23296/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
avverso la sentenza n. 123/2018 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 13/02/2019 R.G.N. 225/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
il Tribunale di Tempio Pausania, in funzione di giudice del lavoro, adito da un gruppo di dipendenti di RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) con mansioni di piloti di aeromobile appartenenti al personale navigante tecnico (PNT), dichiarava l’illegittima collocazione in CIGS dei ricorrenti dal 28/12/2012 alla data della domanda (19/3/2015) e condannava la società a corrispondere in loro favore gli importi per ciascuno specificati;
per quanto qui ancora rileva, la Corte d’Appello di Cagliari -sez. dist. di Sassari, respingeva l’appello della società e, in parziale riforma della decisione di primo grado, in parziale accoglimento di appello incidentale, accertava e dichiarava il diritto di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME di percepire a titolo di risarcimento del danno per il periodo richiesto di illegittima collocazione in CIGS la differenza retributiva (rispettivamente di € 7.522, € 2 .998, € 3.029,35) per le mensilità dall’1/1/2013 al 19/3/2015 (data di deposito del ricorso), da rideterminare al lordo, oltre interessi e rivalutazione dovuti per legge; condannava la società al risarcimento del danno alla professionalità nei confronti di COGNOME che quantificava nel 10% dell’ultima retribuzione mensile, moltiplicata per le mensilità dall’1/1/2013 al 19/3/2015 e di COGNOME
dall’1/6/2014 al 19/3/2015 nella misura del 5%; accertava e dichiarava il diritto di COGNOME e COGNOME di ottenere il rimborso delle spese sostenute per il mantenimento del Type rating per la specializzazione e condannava la società a corrispondere a COGNOME € 2.533, a COGNOME € 552 a tale titolo;
la Corte territoriale, in particolare, analizzati gli accordi sindacali del 23/6/2011 e del 27/12/2012 – di messa in CIGS a zero ore ovvero in rotazione di un ampio numero di dipendenti della società appartenenti alle diverse categorie professionali -confermava l’originalità del secondo accordo rispetto al primo, con necessità di riconsiderare le posizioni dei lavoratori che avevano aderito alla CIGS alle condizioni del primo accordo, utilizzando a conferma di tale interpretazione accolta dal primo giudice anche il successivo accordo dell’11/4/2013; liquidava il danno in base alla differenza tra quanto percepito dai lavoratori in CIGS per tutto il periodo dalla stipula del secondo accordo e fino alla data del deposito del ricorso in giudizio, da calcolare al lordo, secondo le tabelle predisposte dagli originari ricorrenti; giudicava fondata la domanda di risarcimento del danno alla professionalità, per l’inattività non concordata dopo il secondo accordo sindacale, da risarcire con riferimento al mancato adempimento dell’impegno della società di mantenere il type rating e la licenza di volo, con rimborso delle spese all’uopo sostenute (per COGNOME e COGNOME) e mediante l’attribuzione di una percentuale della retribuzione in via equitativa (per COGNOME, in CIGS a zero ore, e per COGNOME, in CIGS a rotazione), tenuto conto della necessità di costante aggiornamento connessa alla specifica mansione;
avverso la predetta sentenza la società propone ricorso per cassazione con quattro motivi; resistono NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME con unico controricorso; COGNOME COGNOME propongono ricorso incidentale con un motivo; COGNOME propone ricorso incidentale con tre motivi; tutte le parti costituite hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso è dedotta (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. nell’interpretazione degli accordi 23/6/2011 e 27/12/2012, anche in considerazione dei successivi accordi 11/4/2013 e 12/6/2013;
con il secondo motivo la sentenza impugnata viene censurata (art. 360, n. 3, c.p.c.) per violazione degli artt. 115, 346 e 421 c.p.c., e 2697 c.c., in merito al rigetto del motivo di appello concernente la mancata prova del richiamo in servizio per rotazione di COGNOME;
con il terzo motivo la sentenza impugnata viene censurata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 4, c.p.c.), per omessa espressa pronuncia sulla dedotta circostanza della dismissione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di 9 aeromobili Airbus, e quindi sul fatto che la società non era più in grado di utilizzare il personale navigante tecnico abilitato su tale tipo di macchina;
con il quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.), sostenendo che la sentenza impugnata si è basata sull’erroneo presupposto della mancata contestazione delle
indicazioni e dei criteri di quantificazione delle pretese risarcitorie dei lavoratori, e contestando le modalità di calcolo dei danni da illegittima collocazione in CIGS;
il primo motivo di ricorso non è ammissibile;
per costante giurisprudenza di questa Corte, è riservata al giudice di merito l’interpretazione degli accordi aziendali, in ragione della loro efficacia limitata (diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., come modificato dal d. lgs. n. 40/2006), ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici (Cass. n. 2625/2010 e successive conformi); conseguentemente, nella parte in cui si invoca il n. 3 dell’art. 360 c.p.c. per accordi sindacali aziendali che non hanno il rango di contratti collettivi nazionali di lavoro, così come prescritto dalla disposizione richiamata, il motivo risulta inammissibile (cfr., analogamente, Cass. n. 17201/2020, n. 17710/2022);
il giudice del merito ha ritenuto che quella cassa integrazione come disposta dovesse subire modifiche con l’inclusione anche dei lavoratori che alla prima CIGS avevano aderito, dovendo anche quei lavoratori entrare nel circuito della rotazione; ferma restando la continuità tra gli accordi, la rimodulazione del primo non poteva non coinvolgere anche i lavoratori in cassa integrazione in forza del precedente accordo con diverse condizioni;
a tale interpretazione plausibile e coerente con i generali canoni ermeneutici, parte ricorrente contrappone la propria, ma detta censura, nel quadro dell’interpretazione dei contratti aziendali riservata al giudice di merito, si risolve in un mero dissenso motivazionale, non veicolabile
in sede di legittimità tramite il riferimento al vizio di violazione di legge;
neppure è ammissibile il secondo motivo di ricorso;
spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. Cass. n. 20553/2021, n. 15276/2021, n. 17097/2010); né è integrata la violazione degli artt. 115, primo comma, e 116, primo comma, c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, mentre è inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
il terzo motivo è parimenti inammissibile;
parte ricorrente riconduce al parametro dell’omessa pronuncia il dedotto errore del Tribunale per non aver esaminato la circostanza della dismissione di alcuni specifici
aeromobili con conseguente impossibilità di utilizzare personale navigante tecnico abilitato per essi; tuttavia, dalla trascrizione del secondo motivo di impugnazione alla Corte d’Appello non emerge la natura di domanda o di eccezione su cui il giudice avrebbe dovuto pronunciarsi, quanto piuttosto la deduzione di una circostanza di fatto volta a comprovare l’imposs ibilità di utilizzare alcuni piloti e quindi di adottare nei loro confronti la CIGS in rotazione; ma in questo modo viene sostanzialmente denunciato un omesso esame di un fatto decisivo, doglianza nel caso in esame preclusa dalla pronuncia doppia conforme nel merito sul punto;
il quarto motivo non è ammissibile perché non centrato sulla corrispondente ratio decidendi del capo di sentenza contestato;
non si tratta, invero, di applicazione da parte della Corte territoriale del principio di non contestazione su fatti o circostanze da accertare, ma di utilizzo, per la quantificazione del danno, di operazioni aritmetiche sulla base di tabelle predisposte dai lavoratori basate sulle buste paga (retribuzione ante-CIGS, trattamento percepito in CIGS, differenza rivendicata); operazioni aritmetiche svolte in base ai consolidati criteri seguiti dalla giurisprudenza per il risarcimento dei danni da illegittima collocazione in CIGS o da mancata rotazione, secondo cui il protrarsi arbitrario della sospensione del rapporto a causa dell’illegittima collocazione in cassa integrazione determina la responsabilità per inadempimento contrattuale del datore di lavoro, con conseguente diritto del lavoratore al risarcimento integrale dei danni subiti, da determinarsi ai sensi dell’art. 1223 c.c., commisurandoli, almeno, all’entità dei compensi retributivi che egli avrebbe maturato durante
l’intero periodo di inadempimento (Cass. n.10376/2021, n. 24738/2015);
alla stregua delle argomentazioni esposte, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile nel suo complesso;
a norma dell’art. 334 c.p.c., all’inammissibilità dell’impugnazione principale consegue la perdita di efficacia del ricorso incidentale (con il quale si deduce, con il primo motivo di ricorso incidentale per COGNOME e COGNOME, violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2103 c.c. con riferimento alla quantificazione del risarcimento del danno alla professionalità; con il secondo per COGNOME violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2103 c.c. con riferimento al rigetto della domanda di risarcimento del danno alla professionalità in ragione del suo pensionamento dal 2018; con il terzo per COGNOME violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione al rigetto della sua domanda di accertamento del suo diritto ad essere riqualificato sull’Airbus TARGA_VEICOLO; con il quarto per COGNOME violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 1218, 1223, 1226, 2697 c.c. in riferimento al rigetto della sua domanda di risarcimento del danno da perdita di chances di migliori occasioni lavorative in conseguenza della mancata riqualificazione);
in ragione della soccombenza, parte ricorrente principale deve essere condannata al rimborso in favore della controparte delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo (cfr. Cass. n. 15220/2018, secondo cui, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo è inefficace ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola
parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale);
la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione principale determina il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali, mentre, il controricorrente, il cui ricorso incidentale tardivo sia dichiarato inefficace a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, non può essere condannato al pagamento del doppio del contributo unificato, trattandosi di sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibi lità o improcedibilità dell’impugnazione, ex art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. n. 18348/2017);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, inefficace il ricorso incidentale.
Condanna parte ricorrente principale alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio, che liquida in € 6.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 19