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Criteri di valutazione: legittima scelta del datore

Una dirigente del settore pubblico contesta i criteri di valutazione adottati dalla sua amministrazione durante una riorganizzazione, che hanno favorito un collega nell’assegnazione di un nuovo incarico. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità delle scelte aziendali. La Corte ha stabilito che i criteri di valutazione, sebbene non perfetti, non erano arbitrari ma giustificati da esigenze concrete, come l’indisponibilità di dati recenti. Inoltre, ha ribadito i rigorosi requisiti formali per presentare un ricorso, sanzionando la genericità delle censure sollevate.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Criteri di valutazione del personale: la Cassazione fissa i paletti

In un contesto lavorativo dinamico, le riorganizzazioni aziendali sono all’ordine del giorno, specialmente nel settore pubblico. Ma come si sceglie tra due dirigenti meritevoli quando una posizione viene soppressa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla legittimità dei criteri di valutazione adottati dal datore di lavoro in queste delicate situazioni, sottolineando l’importanza della giustificazione e della non arbitrarietà delle scelte, ma anche il rigore formale richiesto per contestarle in giudizio.

I Fatti: la Riorganizzazione Aziendale e la Scelta Contesa

Il caso nasce dalla decisione di un’Azienda Sanitaria Locale di sopprimere una Unità Operativa Complessa, con la conseguenza che i due dirigenti ad essa preposti venivano dichiarati “perdenti incarico”. L’amministrazione riconosceva inizialmente a entrambi la facoltà di opzione per uno dei due nuovi incarichi disponibili. Successivamente, però, la facoltà veniva revocata a una delle dirigenti, poiché il collega aveva ottenuto un punteggio di valutazione superiore, acquisendo così il diritto di scegliere per primo.

La dirigente esclusa decideva di agire in giudizio, contestando la legittimità delle delibere aziendali. Il cuore della sua doglianza risiedeva nei criteri di valutazione utilizzati: l’azienda aveva basato il punteggio sul quinquennio 2001-2006, escludendo gli anni 2007 e 2008 e senza considerare che per il 2005 non erano stati fissati obiettivi specifici. A suo avviso, questa scelta era arbitraria e l’avrebbe ingiustamente penalizzata.

Il Percorso Giudiziario e i Criteri di Valutazione

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano le domande della dirigente. I giudici di merito ritenevano che la scelta dell’azienda di utilizzare il periodo 2001-2006 fosse giustificata. La valutazione per l’anno 2007, infatti, non era ancora disponibile al momento della decisione, mentre il 2008 era un anno successivo alla riorganizzazione. Pertanto, la scelta non appariva né illogica né arbitraria, ma dettata da concrete esigenze operative. La dirigente, non soddisfatta, proponeva ricorso per Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione: Inammissibilità su Tutta la Linea

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, non entrando nel merito della questione ma fermandosi a ragioni prettamente processuali che meritano un’attenta analisi.

Il Primo Motivo: Genericità e Mancanza di Specificità

La ricorrente aveva lamentato la violazione di numerose norme di legge e di contratti collettivi. Tuttavia, la Corte ha giudicato il motivo inammissibile perché del tutto generico. I giudici hanno ricordato un principio fondamentale: non è sufficiente elencare le norme che si ritengono violate, ma è necessario argomentare in modo specifico e puntuale in che modo la sentenza impugnata si sia posta in contrasto con esse. Il ricorrente deve, in pratica, confrontare il ragionamento del giudice con il precetto normativo, dimostrando l’errore. In questo caso, mancava totalmente tale confronto, rendendo la censura una critica astratta e non un motivo di ricorso valido.

Il Secondo e Terzo Motivo: i Limiti al Sindacato sulla Motivazione

Con gli altri motivi, la dirigente lamentava una motivazione omessa o insufficiente da parte della Corte d’Appello, sia sulla lesione dei suoi diritti sia sulla mancata ammissione di prove. Anche questi motivi sono stati dichiarati inammissibili. La Cassazione ha evidenziato due ostacoli insormontabili:
1. La “doppia conforme”: Poiché la sentenza d’appello confermava la decisione di primo grado basandosi sullo stesso percorso logico-fattuale, era preclusa la possibilità di contestare la ricostruzione dei fatti (art. 348-ter c.p.c.).
2. La riforma del 2012: La nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c. ha ristretto drasticamente il controllo della Cassazione sulla motivazione. Oggi non è più possibile lamentare una motivazione “insufficiente” o “contraddittoria”. Si può censurare solo l'”omesso esame circa un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo”. Le critiche della ricorrente non rientravano in questa stretta casistica.

Le Conclusioni: Regole Processuali e Discrezionalità del Datore di Lavoro

L’ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. Il primo riguarda la discrezionalità del datore di lavoro, anche pubblico, nella definizione dei criteri di valutazione. La scelta, pur dovendo essere trasparente e non discriminatoria, è legittima se basata su ragioni oggettive e giustificabili, come l’indisponibilità di dati più aggiornati. Il secondo, di natura processuale, è un monito sulla necessità di redigere i ricorsi per Cassazione con estremo rigore tecnico. La genericità e l’errata formulazione dei motivi possono portare a una declaratoria di inammissibilità, impedendo alla Corte di esaminare il merito della controversia, anche se potenzialmente fondata.

Quando sono legittimi i criteri di valutazione scelti da un datore di lavoro pubblico in una riorganizzazione?
Secondo la Corte, sono legittimi quando la scelta, pur non perfetta, non risulta arbitraria ma è giustificata da ragioni concrete, come l’indisponibilità di dati di valutazione più recenti al momento della decisione.

Perché un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Perché non è sufficiente elencare le norme di legge che si ritengono violate. Il ricorrente ha l’onere di spiegare in modo specifico e dettagliato, attraverso argomentazioni puntuali, come e perché la decisione impugnata contrasti con tali norme.

È ancora possibile contestare in Cassazione una motivazione insufficiente o contraddittoria?
No. A seguito della riforma del 2012, il vizio di motivazione può essere fatto valere solo in casi estremi, come la totale mancanza di motivazione, una motivazione solo apparente o l’omesso esame di un fatto storico decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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