Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2665 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 2665  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28316-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  elettivamente  domiciliata  in ROMAINDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’avvocato  NOME  COGNOME,  che  la  rappresenta  e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME NOME,  tutti elettivamente domiciliati in ROMA,  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME,  elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio
R.G.N. 28316/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME, COGNOME NOME;
– intimati –
avverso la sentenza n. 861/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/04/2019 R.G.N. 1057/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 861/2019, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede, ha accertato e dichiarato l’illegittimità della sospensione della Cassa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei lavoratori in epigrafe indicati, dipendenti della RAGIONE_SOCIALE con mansioni di operatori di call center presso l’unità produttiva di Roma, INDIRIZZO, e ha condannato la società al pagamento, in favore di ciascuno di essi, a titolo di risarcimento danni, degli importi pari alla differenza tra la retribuzione piena che avrebbero dovuto percepire e l’integrazione salariale corrisposta.
I giudici di seconde cure, richiamando precedenti della stessa Corte territoriale, hanno rilevato, sul presupposto giuridico della vigenza dell’art. 1 co. 7 legge n. 223/1991 che, in ordine ai criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, dovevano essere specificate sin dall’inizio le ragioni, così come poi avvenuto nel successivo accordo del 30.5.2013, della mancata applicazione del principio della rotazione (nel caso di specie con il personale di altri siti in Roma costituenti unità produttive) e doveva essere adeguatamente motivata la presunta infungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni espletate, per cui la comunicazione del 28.8.2012 di avvio della procedura era irregolare per l’omessa preventiva comunicazione dei criteri di scelta, RAGIONE_SOCIALE modalità di rotazione e RAGIONE_SOCIALE ragioni per
le quali si era ritenuto di non utilizzare tali criteri. Hanno, infine, specificato  che  anche  qualora  si  fosse  voluto  ritenere  che  la chiusura del sito di INDIRIZZO costituisse un caso di cessazione di  una  unità  produttiva,  restavano  comunque  fermi  gli  obblighi procedurali di cui agli artt. 1 e 5 legge n. 164/1975.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per  cassazione  RAGIONE_SOCIALE  affidato  a  due  motivi,  cui hanno  resistito  con  controricorso  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e  COGNOME NOME; hanno, altresì, resistito con altro controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME. Gli altri lavoratori non hanno svolto attività difensiva.
Le parti costituite hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la società denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 commi 7 e 8 della legge n. 223/1991, dell’art. 5 commi 4 e 5 legge n. 164/1975 nonché del DM n. 31826 del 18.12.2002 e degli artt. 1362 e 1363 cc in ordine alla statuizione della Corte territoriale secondo cui, nel caso di specie, dovevano comunque trovare integrale applicazione gli obblighi di cui all’art. 1 commi 7 e 8 legge n. 223 del 1991, sicché i criteri di individuazione del lavoratori da sospendere nonché le modalità di rotazione dovevano formare oggetto RAGIONE_SOCIALE comunicazioni e dell’esame congiunto previsti dall’art. 5 legge n. 164/1975. Deduce la ricorrente, in primo luogo, che dall’esame complessivo della lettera di avvio de lla procedura di CIGS era chiaro desumere (e sotto questo profilo i giudici di seconde cure avevano applicato erroneamente i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 cc) quale criterio di scelta del personale da sospendere, l’appartenenza funzional e al sito di INDIRIZZO e, conseguentemente, trattandosi di cessazione di attività, non era ipotizzabile alcuna rotazione; contesta, poi, che il richiamo da essa operato all’art. 2 co. 2 DM 31826/2002 fosse
finalizzato a sostenere l’abrogazione implicita RAGIONE_SOCIALE previsioni di legge di cui all’art. 1 co. 7 e 8 legge n. 223/1991; ribadisce, altresì, che non vi poteva essere alcun obbligo di specificazione sulla rotazione dei lavoratori, nella comunicazione preliminare, in quanto si verteva in una ipotesi di CIGS per crisi aziendale determinata da cessazione di attività ex art. 2 DM n. 31826/2002, processualmente provata, per cui non era applicabile neanche il criterio della fungibilità tra i lavoratori espletanti le medesime mansioni; rappresenta, inoltre , che l’accordo del 30 maggio 2013 riguardava il ricorso al contratto di solidarietà, ammortizzatore sociale diverso da quello di cui è causa, e che la cessazione dell’attività di INDIRIZZO doveva ritenersi provata dalla emissione del Decreto n. 73586 del 4 giugno 2013 con il quale il RAGIONE_SOCIALE aveva approvato il programma di CIGS per cessazione di attività ed autorizzato la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale.
Con  il  secondo  motivo  si  censura  la  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 132 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc,  per  avere  adottato  la  Corte  territoriale  una  motivazione meramente apparente, in ordine alla statuizione di una procedura vizia ta per l’omessa preventiva comunicazione dei criteri di scelta, del tutto astratta dal tipo di cassa integrazione straordinaria per cui era causa, riferita alla cessazione di attività.
I  due  motivi,  da  esaminare  congiuntamente  per  la  loro connessione logico-giuridica, non sono fondati.
Deve essere preliminarmente scrutinata la doglianza relativa  ad  un  asserito  vizio  di  motivazione  apparente  della decisione impugnata.
La  violazione  dell’art.  132  cpc sussiste  solo  quando  la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico  che  ha  condotto  il  giudice  alla  formazione  del  proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione  sul  quadro  probatorio,  né  alcuna  disamina  logicogiuridica  che  lasci  trasparire  il  percorso  argomentativo  seguito (Cass. n. 3819/2020).
Analogamente, il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ricorre solo quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (cfr. Cass. n. 6758/2022).
Dalle argomentazioni svolte nella gravata sentenza è, invece, agevole dedurre tutto l’iter logico -giuridico che ha condotto i giudici di secondo grado a ritenere che, sia in caso di cessazione di una unità produttiva che nella ipotesi di trasferimento dell ‘attività da una unità in altri siti, comunque si sarebbe dovuto procedere ad una informazione completa ed esaustiva, nei confronti RAGIONE_SOCIALE organizzazioni sindacali, in ordine ai criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui non era applicabile il criterio della rotazione, non vertendosi in un caso di infungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni espletate dai lavoratori, di talché la comunicazione del 28.8.2012 non conteneva idonea indicazione dei requisiti previsti dalla legge.
Le dedotte violazioni RAGIONE_SOCIALE disposizioni denunciate non sono, quindi, sussistenti.
Ciò premesso, e venendo all’esame RAGIONE_SOCIALE doglianze di cui al primo motivo, deve premettersi che il meccanismo della rotazione, di cui all’art. 1 commi 7 e 8 legge n. 223/1991, ratione temporis applicabile in quanto i fatti si sono verificati prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 148/2015, trova applicazione tra lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata dalla sospensione: se per ragioni di ordine tecnico-organizzativo il datore di RAGIONE_SOCIALE ritiene di non adottare i meccanismi di rotazione per i lavoratori sopra indicati, deve indicare i motivi nel programma di cui al comma 2 del medesimo articolo. La giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del d.p.r. n. 218/2000, art. 2, co. 5, ha confermato, e su tale punto non vi è contrasto tra le parti, che l’obbligo di
comunicazione  non  è  venuto  meno,  non  avendo  il  d.p.r.  n. 218/2000 modificato la procedura di concessione della CIGS né sostituito la disciplina di cui all’art. 1, co. 7, l. n. 223/1991, (cfr., tra le tante, Cass. 1° luglio 2009, n. 15393; Cass. 10 maggio 2010, n. 11254) .
La tesi della società ricorrente è basata sull’assunto che, essendovi stata la cessazione integrale dell’attività del sito di INDIRIZZO,  come  si  evinceva  chiaramente  dal  testo  della comunicazione inviata alle OO.SS, non vi era alcuna necessità di indicare i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e RAGIONE_SOCIALE modalità di rotazione a differenza, quindi, di quanto interpretato e ritenuto dalla Corte territoriale.
Tale critica si deve, però, confrontare con due dati di fatto, posti a base della decisione gravata che, rappresentando accertamenti di merito da parte dei giudici di seconde cure, non sono sindacabili in sede di legittimità: la mancanza di adeguata motivazione, nella comunicazione, sulla infungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni espletate dai lavoratori di INDIRIZZO e la mancanza di idonea prova, sulla cessazione dell’attività di INDIRIZZO, ben potendo ritenersi che le attività medesime, ivi svolte, fossero state trasferite in altre siti.
Orbene, in considerazione dei suddetti elementi di fatto, ritenuti dalla Corte distrettuale, occorre verificare se la sussunzione della fattispecie concreta, come delineata, sia conforme a quella astratta prevista dall’art. 1 legge n. 223/91, come interpretata dalla fondamentale sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte (n. 302/2000) secondo cui l’impresa deve esplicitare, nella comunicazione alle organizzazioni sindacali, l’eventuale decisione di non applicare il criterio della rotazione tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni, i motivi di tale decisione e i criteri alternativi alla rotazione che consentano di individuare in maniera univoca i lavoratori da sospendere. Ciò in considerazione della funzione «di garanzia procedimentale» della procedura per la concessione dell’integrazione salariale, consistente nel «rendere trasparente e verificabile la scelta del datore di RAGIONE_SOCIALE in funzione di tutela di quei lavoratori che, subendo
la scelta suddetta, si trovano in una situazione di mera soggezione».  L’esternazione,  nella  comunicazione  iniziale,  dei criteri in base  ai quali i  lavoratori  da  sospendere  saranno individuati, garantisce il controllo della coerenza tra la scelta dei destinatari della sospensione e le sue cause: controllo che deve poter  essere  esercitato  non  solo  da  parte  RAGIONE_SOCIALE  organizzazioni sindacali ma anche, in ultima istanza, da parte del lavoratore e del giudice.
14. La giurisprudenza di legittimità ha, anche, chiarito che: a) la specificità dei criteri di scelta consiste nell’idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta dei lavoratori ai criteri predeterminati; b) la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale, la cui genericità renda impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, settimo comma legge n. 223 del 1991; c) la mancata specificazione dei criteri di scelta (o la mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass. n. 4886 del 2015, Cass. n. 18895 del 2014, Cass. 14/5/2012, n. 7459 del 2012). Con particolare riferimento al requisito di specificità, si è precisato (Cass. n. 22540 del 2013, Cass. n. 25100 del 2013) che l’aggettivazione “non individua una specie nell’ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione”, atteso che “un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta” (Cass. n. 6761/2020).
15. Ne  consegue  che  la violazione RAGIONE_SOCIALE regole del procedimento incide direttamente sulla legittimità del provvedimento amministrativo di concessione dell’intervento
straordinario di integrazione salariale che non può essere assentito ove non sia stato indicato e comunicato né il criterio della rotazione né  altro  criterio  che  individui,  in  alternativa  a  quest’ultimo,  i lavoratori  da  sospendere (cfr.  Cass. n. 19618 del  2011 e molte altre successive cfr. tra le tante Cass. 12089 del 2016).
Tanto premesso, due sono le questioni da esaminare per  valutare  l’operato  della  Corte  distrettuale  ai  fini  di  ritenere corretta o meno l’incidenza della rilevata mancanza di prova sui presupposti per l’esonero del criterio della rotazione: lo svolgimento, da parte dei lavoratori, RAGIONE_SOCIALE medesime mansioni e l’appartenenza ad una unità produttiva, interessata dalle sospensioni, la cui attività era cessata.
Rileva questo Collegio che, per unità produttiva interessata dalle sospensioni, deve farsi riferimento ad una entità dotata di propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta alla produzione di beni e se rvizi (così mutuando il concetto di ‘reparto’ individuato da questa Corte ai fini del trasferimento del ramo di azienda, per tutte, cfr. Cass. n. 20012/2005 e fatto proprio dal RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, proprio con riguardo alla tematica oggetto del presente giudizio, con nota del 19 maggio 2008 n. 0006416, in relazione al DM 18.12.2002 n. 31826).
Quanto  all’incidenza  della  ipotesi  della  ‘cessazione dell’attività’, è d’obbligo il richiamo a quanto affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 6/99) che ha affermato, sia pure in tema di messa in mobilità, che anche la cessazione dell’attività si vuo le inserita in quella complessa  concertazione  attraverso  cui  la normativa sulla mobilità tende a ridurre le conseguenze della crisi o della ristrutturazione dell’impresa sull’occupazione’.
Per  lavoratori  che  espletano  le  medesime  mansioni devono intendersi, invece, lavoratori di analoghe professionalità e di  similare  livello  (Cass.  n.  33889/2022)  che  svolgono  mansioni omogenee e, quindi, fungibili.
Nel caso concreto, pertanto, era effettivamente necessario, come sottolineato dalla Corte territoriale, attraverso un esame esegetico dell’atto -effettuato senza alcuna violazione dei
criteri interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ.- che costituisce un accertamento di merito adeguatamente motivato, che la comunicazione del 28.2.2012, con cui la società aveva avviato la procedura per il ricorso alla Cassa RAGIONE_SOCIALE a zero ore per i lavoratori addetti all’unità produttiva di INDIRIZZO, per essere valida ai fini della esclusione del criterio della rotazione, dovesse specificare in concreto: a) che l’unita di INDIRIZZO fosse del tutto autonoma sotto il profilo organizzativo ed economico; b) che le attività ivi svolte erano cessate e non trasferite ad altri siti; c) che le professionalità dei lavoratori addetti al sito di INDIRIZZO fossero solo ivi utilizzabili.
Sotto questo ultimo profilo, acquista senza dubbio rilevanza processuale la circostanza che, a prescindere dalla natura giuridica dell’Accordo del 30.5.2013 (quale contratto di solidarietà e ammortizzatore sociale diverso da quello di cui è causa), fu prevista la rotazione dei lavoratori di INDIRIZZO, collocati in CIGS, con i dipendenti RAGIONE_SOCIALE altre unità produttive romane ed il rientro in servizio dei lavoratori sospesi in CIGS giusta piano di risanamento: il che è un indice sintomatico della fungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni svolte dai lavoratori di INDIRIZZO con quelli degli altri siti di Roma.
Infine, deve precisarsi che la anche obiezione della ricorrente relativa al fatto che la cessazione dell’attività doveva ritenersi provata dalla emissione del Decreto n. 73586 del 4 giugno 2013 con il quale il RAGIONE_SOCIALE aveva approvato il programma di CIGS per cessazione attività ed autorizzato la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale, non può incidere sul difetto della comunicazione in oggetto, sia perché, in sede amministrativa, viene valutato solo il profilo formale della cessazione e non anche quello dell’eventuale trasferimento RAGIONE_SOCIALE attività ad altri siti, sia perché anche in caso di cessazione, per quanto sopra detto, è necessaria una completa ed adeguata comunicazione, che involga tutti gli aspetti (fungibilità RAGIONE_SOCIALE mansioni, unità produttiva e cessazione RAGIONE_SOCIALE attività, in relazione al parametro RAGIONE_SOCIALE ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei
normali livelli di efficienza) con riguardo alla esclusione del criterio della rotazione dei lavoratori da sospendere.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
Al  rigetto  segue  la  condanna  della  ricorrente  al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Nulla va disposto relativamente agli intimati che non hanno svolto attività difensiva.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1  quater,  del  DPR  n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio che liquida, in favore di NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE altre controricorrenti con lei costituite, in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge e, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione per i rispettivi Difensori dichiaratisi antistatari; nulla per altri intimati. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 dicembre 2023