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Criteri di scelta CIGS: obblighi di comunicazione

La Cassazione ha confermato l’illegittimità della sospensione di alcuni lavoratori, ribadendo che l’azienda deve sempre comunicare i Criteri di scelta CIGS e le ragioni della mancata rotazione, anche in caso di cessazione di attività di una singola unità produttiva. La comunicazione generica è stata ritenuta una violazione procedurale.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Criteri di Scelta CIGS: La Trasparenza è Obbligatoria, Anche con Sede Chiusa

Quando un’azienda avvia una procedura di Cassa Integrazione Guadagni Straordinari (CIGS), è tenuta a rispettare obblighi di comunicazione precisi. Ma cosa succede se la CIGS è causata dalla chiusura totale di una sede? È ancora necessario specificare i Criteri di scelta CIGS e motivare la mancata applicazione della rotazione con i dipendenti di altre sedi? Con l’ordinanza n. 2665/2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara, sottolineando l’importanza della trasparenza procedurale a garanzia dei lavoratori.

I Fatti del Caso

Una grande società di contact center decideva di chiudere una delle sue sedi operative in una grande città italiana, avviando la procedura di CIGS a zero ore per tutti i dipendenti di quel sito. I lavoratori, ritenendo la procedura illegittima, si rivolgevano al Tribunale. La loro tesi era semplice: l’azienda non aveva specificato nella comunicazione iniziale alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, né aveva motivato perché non fosse possibile applicare il principio di rotazione con i colleghi di altre sedi cittadine che svolgevano le medesime mansioni.

La Corte d’Appello dava ragione ai lavoratori, dichiarando l’illegittimità della sospensione. La società, non condividendo la decisione, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che, trattandosi di cessazione totale dell’attività di un’intera unità produttiva, non vi era alcuna necessità di indicare criteri di scelta o di considerare la rotazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno stabilito che l’obbligo di comunicazione dettagliata e trasparente sussiste sempre, anche nell’ipotesi di chiusura di un’unità produttiva. La semplice affermazione che l’intero personale di una sede sarà sospeso non è sufficiente a soddisfare i requisiti di legge.

Le motivazioni: i Criteri di scelta CIGS come garanzia

Il cuore della decisione risiede nella funzione di “garanzia procedimentale” che la legge attribuisce alla comunicazione di avvio della procedura. Secondo la Cassazione, questa comunicazione deve rendere “trasparente e verificabile” la scelta del datore di lavoro. L’obiettivo è tutelare i lavoratori, che si trovano in una posizione di debolezza, e consentire un controllo effettivo sia da parte dei sindacati che, in ultima istanza, del giudice.

Per escludere legittimamente il criterio della rotazione, l’azienda avrebbe dovuto dimostrare, in modo specifico e motivato, tre elementi chiave nella comunicazione iniziale:
1. Autonomia dell’unità produttiva: Che la sede in chiusura fosse un’entità organizzativa ed economica completamente autonoma rispetto alle altre.
2. Cessazione effettiva e non trasferimento: Che le attività svolte in quella sede fossero realmente cessate e non semplicemente trasferite altrove.
3. Infungibilità delle mansioni: Che le professionalità dei lavoratori di quella sede non fossero utilizzabili in altri siti.

La Corte ha rilevato che la comunicazione dell’azienda era generica e non forniva prove adeguate su questi punti. Anzi, un successivo accordo che prevedeva la rotazione tra i lavoratori in CIGS e quelli di altre sedi romane è stato visto come un “indice sintomatico” della fungibilità delle mansioni. Infine, i giudici hanno chiarito che l’approvazione del programma di CIGS da parte del Ministero del Lavoro non può sanare i vizi procedurali a monte, poiché la valutazione ministeriale si concentra sugli aspetti formali senza entrare nel merito della correttezza delle scelte aziendali.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del diritto del lavoro: le procedure di gestione delle crisi aziendali devono essere condotte con la massima trasparenza. Per i datori di lavoro, il messaggio è chiaro: non si possono dare per scontate esenzioni dagli obblighi di comunicazione. Anche in scenari apparentemente semplici come la chiusura di una sede, è indispensabile fornire alle controparti sindacali una motivazione completa e verificabile che giustifichi le scelte operate, in particolare la non applicazione del principio di rotazione. Per i lavoratori, la sentenza rappresenta una conferma importante del loro diritto a un controllo effettivo sulle decisioni che impattano la loro posizione lavorativa, garantendo che la selezione non sia arbitraria ma basata su criteri oggettivi e trasparenti.

Quando un’azienda chiude una sede, deve comunque comunicare i criteri di scelta per la CIGS?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche in caso di cessazione dell’attività di un’intera unità produttiva, l’azienda ha l’obbligo di specificare nella comunicazione iniziale i criteri di individuazione dei lavoratori e, soprattutto, di motivare in modo adeguato le ragioni per cui non applica il principio di rotazione con personale di altre sedi.

L’obbligo di rotazione tra lavoratori si applica anche tra sedi diverse della stessa città?
Sì, se i lavoratori svolgono mansioni fungibili (cioè simili e intercambiabili) e le diverse sedi non sono unità produttive completamente autonome dal punto di vista organizzativo ed economico. L’azienda deve motivare specificamente perché la rotazione non è possibile.

L’approvazione del programma di CIGS da parte del Ministero sana i vizi della comunicazione iniziale dell’azienda?
No. La Cassazione ha chiarito che l’approvazione ministeriale ha natura autorizzatoria e valuta il profilo formale, ma non può sanare un difetto a monte nella comunicazione. La violazione degli obblighi di informazione e consultazione sindacale rende la procedura illegittima, a prescindere dal successivo decreto ministeriale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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