Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2187 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2187 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6034-2022 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME; COGNOME NOME, COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende;
Oggetto c.i.g.s.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/10/2023
CC
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5096/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/12/2021 R.G.N. 1079/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2023 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Napoli, in accoglimento del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato le domande di NOME COGNOME ed altri lavoratori, in epigrafe indicati, che avevano chiesto e ottenuto la declaratoria di illegittimità della sospensione in c.i.g.s. disposta nel periodo 14.7.201413.7.2015 e la condanna della società al risarcimento del danno in misura pari alla differenza tra la retribuzione dovuta e l’integrazione salariale percepita oltre agli accessori dovuti per legge.
1.1. Il giudice di appello – a differenza di quello di primo grado che aveva accolto la domanda affermando che la comunicazione di avvio della procedura era vaga sui criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere che neppure erano stati specificati, sanandoli, nel successivo accordo – ha ritenuto che la proroga della cassa integrazione straordinaria aveva interessato tutto il personale già sospeso e che era onere dei lavoratori dimostrare, e prima ancora allegare, che vi erano i presupposti previsti dall’accordo per farsi luogo a riprese giornaliere e/o settimanali dell’attività.
1.2. La Corte di merito ha escluso che nella comunicazione di apertura della cassa integrazione guadagni straordinaria dovesse essere contenuta una puntuale indicazione delle modalità e dei tempi di rientro definitivo in servizio dei lavoratori sottolineando che questi potevano dolersi solo del mancato rientro allo scadere del termine fissato ovvero del mancato rispetto di criteri di buona fede e correttezza nel caso di tempistiche significativamente differenziate.
1.3. Ha quindi accertato che nella specie con la comunicazione del 16.6.2014 erano state offerti elementi sufficienti a configurare i criteri di rientro connessi all’installazione di impianti di verniciatura e all’ampliamento dell’area travaso minuterie da accompagnare a formazione specifica del personale addetto il tutto nei dodici mesi di proroga.
1.4. Inoltre, ha accertato che nel successivo esame congiunto erano state concordate modalità di rientro prioritario per sessanta lavoratori entro la fine del mese di ottobre ed ha verificato che tali piani di rientro erano stati rispettati.
1.5. Infine, ha sottolineato che non vi era questione sui criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere poiché il ricorso
era fondato sulla assoluta fungibilità di tutti gli addetti e che perciò sarebbe stato onere dei lavoratori allegare che essi dovevano essere posposti ad altri.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME nonché COGNOME NOME e COGNOME NOME (entrambe, queste ultime, nella qualità di eredi della sig.ra COGNOME NOME, già ricorrente nel giudizio di primo grado, e di COGNOME Sabato) affidato ad un unico motivo.
2.1. La società RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE ha resistito con tempestivo controricorso ed ha depositato anche memoria illustrativa.
RITENUTO CHE
Il ricorso – con il quale è denunciata, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione della legge 23 luglio 2021 n. 223, dell’art. 1 comma 7 della legge 20 maggio 1975 n. 164 e dell’art. 5 commi 4 e 5 della legge n. 164 del 1975 -è inammissibile.
3.1. Rileva infatti il Collegio che nella censura non è chiarito in quale violazione sarebbe incorsa la Corte di merito e viene
piuttosto reiterato l’esame di questioni che sono state già analizzate dalla sentenza della Corte di merito.
3.2. Va ricordato allora che a i fini dell’ammissibilit à del ricorso è necessario procedere non solo alla puntuale indicazione delle disposizioni asseritamente violate ma anche a specifiche argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla prevalente giurisprudenza di legittimità ( cfr. Cass. 17/06/2022, n. 19622 ed anche Cass. n. 635 del 2015, nn.19959 e 187 del 2014 e n. 18421 del 2009).
3.3. I ricorrenti invece non chiariscono in quale passaggio della motivazione sarebbe individuabile la violazione delle norme richiamate nel motivo ed inoltre in che modo la Corte avrebbe finito per violare, o falsamente applicare, il precetto la cui violazione è denunciata.
3.4. Nella sostanza con la censura si propone piuttosto una lettura diversa della complessa vicenda che aveva interessato la società nell’ambito della quale vi era stata una proroga della c.i.g.s. collegata alla particolare complessità della riorganizzazione da gestire.
3.5. La Corte di merito ha accertato che la sospensione nel periodo di proroga era stata integrale e che gli appellanti non avevano neppure dedotto che si erano verificate le condizioni previste per la riammissione (richieste provenienti da
stabilimenti clienti per farsi luogo, ai sensi dell’accordo a riprese giornaliere o settimanali di attività).
3.6. Inoltre, il giudice di appello ha escluso che le modalità di rientro dovessero essere indicate già nella comunicazione di apertura ed ha accertato che solo al termine della c.i.g.s. il
lavoratore avrebbe potuto dolersi della mancata riammissione. 3.7. Ha sottolineato poi che erano stati indicati i criteri della graduazione nella riammissione e che, dal canto loro, i lavoratori avrebbero dovuto quantomeno allegare, e non lo avevano fatto, la ragione per la quale dovevano essere preferiti ad altri.
Ritiene il Collegio che le censure mosse si risolvono in una rilettura dei fatti, il cui accertamento è riservato al giudice di merito e che può essere eventualmente censurato solo nei limiti del vizio di motivazione nella specie neppure denunciato.
4.1. In sostanza sotto la rubrica del vizio di violazione di legge viene riproposta la denuncia di genericità del criterio stabilito per il ‘progressivo rientro dei lavoratori’ criterio che la Corte territoriale ha accertato essere tutt’altro che generico perché chiaramente ancorato al termine del percorso formativo volto alla riqualificazione dei lavoratori.
4.2. Come è noto, la valutazione di adeguatezza della specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione e delle modalità di rotazione è riservata al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo negli stretti limiti in cui è consentita al giudice di legittimità censurare la motivazione della sentenza.
4.3. Ed allora con la censura si pretende una nuova valutazione di merito rispetto quella già compiuta dalla Corte territoriale e la doglianza si risolve, nella sostanza, in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (cfr. in termini Cass. 05/04/2023 n. 9367 ed anche n. 1378 del 2019 e n. 6761 del 2020).
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 5.500,00 p er compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 25 ottobre 2023