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Credito verso fallimento: inammissibile l’azione civile

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una creditrice che aveva avviato un’azione civile ordinaria per un credito verso fallimento. La Corte ribadisce che ogni pretesa creditoria deve essere accertata esclusivamente all’interno della procedura fallimentare per rispettare la par condicio creditorum, rendendo improponibile la domanda in sede diversa.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Credito verso fallimento: perché l’azione civile ordinaria è la strada sbagliata

Quando un’azienda fallisce, i creditori devono seguire una strada ben precisa per recuperare quanto loro dovuto. Tentare di aggirare questa procedura può costare caro, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso analizzato chiarisce in modo definitivo che qualsiasi pretesa di credito verso fallimento deve essere fatta valere esclusivamente all’interno della procedura concorsuale, e non attraverso un’autonoma causa civile. Vediamo perché.

I Fatti di Causa

Una signora aveva intentato una causa civile contro la curatela fallimentare di una società, chiedendo il riconoscimento di un credito di oltre 600.000 euro. Tale somma, a suo dire, corrispondeva alla metà del valore di alcuni beni di cui era comproprietaria con il coniuge, anch’egli dichiarato fallito insieme alla società. Oltre al credito, la donna chiedeva la revoca di una vendita immobiliare e il risarcimento di altri danni.
Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, ritenendo la domanda improponibile in quella sede. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il principio del credito verso fallimento

Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il principio ribadito è netto: chiunque vanti un credito nei confronti di un soggetto fallito non può agire tramite un’ordinaria causa civile, ma deve insinuarsi al passivo del fallimento. Questa regola, sancita dall’articolo 52 della Legge Fallimentare, è posta a tutela della par condicio creditorum, ovvero il principio che garantisce la parità di trattamento tra tutti i creditori.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della ricorrente, offrendo importanti chiarimenti procedurali.

Questione di Rito, non di Competenza

Il primo punto cruciale è la distinzione tra competenza e rito. La ricorrente lamentava una tardiva eccezione di incompetenza da parte della curatela. La Cassazione ha spiegato che il problema non era stabilire quale giudice fosse competente, ma riconoscere che il tipo di azione intrapresa era sbagliato. La domanda di accertamento di un credito verso un fallito, se proposta con un rito ordinario, è affetta da un vizio che ne impedisce l’esame nel merito. Si tratta di un litis ingressus impediens: un ostacolo che rende la domanda improponibile, inammissibile o improcedibile, a prescindere da quale tribunale sia stato adito.

Il Principio Cardine dell’Art. 52 Legge Fallimentare

Il cuore della decisione risiede nel principio scolpito nell’art. 52 della Legge Fallimentare: ogni credito, anche se privilegiato, deve essere accertato secondo le norme della procedura fallimentare. L’obiettivo è garantire che la gestione del patrimonio del fallito avvenga in modo trasparente e ordinato, evitando che singoli creditori possano avvantaggiarsi a danno di altri attraverso azioni legali separate. L’unica sede per la verifica dei crediti è quella concorsuale.

L’irrilevanza della Vecchia Normativa sul credito verso fallimento

La ricorrente aveva anche tentato di far leva sulla vecchia formulazione dell’art. 24 della Legge Fallimentare (anteriore alla riforma del 2006), che escludeva dalla competenza del tribunale fallimentare le azioni reali immobiliari. La Corte ha respinto anche questa tesi, sottolineando che l’azione della donna non era un’azione reale su un immobile, ma una pretesa creditoria per una somma di denaro. Pertanto, anche sotto la vigenza della vecchia normativa, la sua domanda sarebbe dovuta rientrare nella regola generale dell’accertamento in sede fallimentare.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione è un monito fondamentale per chiunque vanti un credito verso fallimento. La strada da percorrere non è quella del tribunale ordinario, ma quella dell’insinuazione al passivo. Ignorare questa regola procedurale non solo non porta al risultato sperato, ma comporta una declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese legali, oltre a sanzioni per lite temeraria. La tutela della par condicio creditorum rimane un pilastro inscalfibile del diritto fallimentare, che impone un percorso unico e obbligato per tutti i creditori.

È possibile avviare una causa civile ordinaria per recuperare un credito da un’azienda fallita?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che qualsiasi pretesa creditoria nei confronti di un soggetto fallito deve essere accertata esclusivamente all’interno della procedura fallimentare, attraverso l’insinuazione al passivo. Un’azione civile ordinaria è considerata improponibile.

Qual è la differenza tra inammissibilità e incompetenza in questo contesto?
L’incompetenza riguarda quale giudice ha il potere di decidere una causa. L’inammissibilità (o improponibilità), invece, è un vizio più radicale: significa che il tipo di azione legale scelta è sbagliato in sé, a prescindere dal giudice adito. In questo caso, il rito civile ordinario è inidoneo a far valere un credito verso un fallimento.

La vecchia normativa fallimentare (ante 2006) permetteva di agire in via ordinaria per pretese creditorie?
No. Anche la normativa precedente alla riforma del 2006, pur prevedendo un’eccezione per le azioni reali immobiliari, manteneva ferma la regola generale che tutte le pretese di credito dovevano essere accertate in sede fallimentare. L’azione per ottenere il pagamento di una somma di denaro, come nel caso di specie, rientrava in questa regola.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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