Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16928 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16928 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10302-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE – stato passivo -crediti T.f.r. e contributi lavoratrice
RNUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/04/2024
CC
nonchè contro
NOME NOME NOME;
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso il decreto del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA, depositato il 31/03/2023 R.G.N. 2591/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con decreto 5 aprile 2023, il Tribunale di Reggio Calabria ha ammesso NOME allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis n.1 c.c., per l’ulteriore credito di € 1.090,11 (in aggiunta a quello già ammesso, in sede di accertamento del passivo, con il medesimo privilegio, di € 14.581,47 per retribuzioni di mensilità varie e di netto a titolo di conguaglio fiscale, su un importo complessivamente insinuato per € 50.521,62, di cui € 32.170,05 per T.f.r.), con esclusione di detto ultimo credito;
esso ha ritenuto provata la quota di contribuzione previdenziale sulle retribuzioni ammesse allo stato passivo (al netto, anziché al lordo, come correttamente), limitatamente alla parte (anno 2017), documentata dalla dichiarazione 2018 dei redditi 2017 (specificata nel quantum dalle relative buste paga ancorché prive di firma, sigla o sottoscrizione), ma non anche relativa al 2016, sulla sola base di analoghe buste paga;
il Tribunale ha poi negato l’ammissione della lavoratrice per il credito a titolo di T.f.r., maturato dal 1° gennaio 2001, distinguendone il diverso regime di gestione in epoca
precedente o successiva al 31 dicembre 2006: di esclusione della sua legittimazione, in favore del RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_SOCIALE, per il primo periodo, secondo un indirizzo giurisprudenziale di merito seguito dal Tribunale e la prassi amministrativa; di ammissione al passivo del lavoratore, in caso di mancato versamento dei contributi trattenuti al primo dal datore di lavoro, per il secondo periodo.
Nel caso di specie, dovendosi applicare l’art. 2 legge n. 297/1982 (e pertanto il pagamento dell’RAGIONE_SOCIALE con diritto di surrogazione per il T.f.r. maturato fino al 31 dicembre 2006) e risultando il versamento sul RAGIONE_SOCIALE della somma di € 7.535,23 (c ome dichiarato dal curatore in sede di accertamento del passivo), esso ha ritenuto non avere la lavoratrice provato l’imputazione della somma (non versata) di € 24.634,82, in assenza di indicazione della sua maturazione anno per anno, così potendo essa riferirsi al periodo ante 31 dicembre 2006 e pertanto non spettarle;
con atto notificato il 5 maggio 2023, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, cui il fallimento ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale pure con un unico motivo, cui la lavoratrice ha replicato con controricorso;
entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
1. la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c., 2 legge n. 297/1982, 1, comma 756 e 757 legge n. 296/2006 per erronea esclusione dallo stato
passivo del fallimento del credito per T.f.r., esigibile dalla ricorrente per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, incontestato dal curatore fallimentare e comunque riconosciuto (in base alla documentazione del NUMERO_DOCUMENTO) dallo stesso Tribunale, in quanto ad essa spettante, tanto in virtù del regime precedente al 31 dicembre 2006 (essendo l’ammissione del credito per T.f.r. allo stato passivo del fallimento del datore insolvente condizione della sua erogazione dal RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 2, secondo comma legge n. 297/1982), tanto in virtù del regime successivo al 31 dicembre 2006 (per la trattenuta alla lavoratrice di importi a titolo di contributi, poi non versati al RAGIONE_SOCIALE, dal datore di lavoro, non avente qualità di mero adiectus solutionis causa , ai sensi dell’art. 1, comma 755 757 legge n. 296/2006) (unico motivo);
esso è fondato;
giova premettere come non siano in discussione:
a ) l’esigibilità del credito per T.f.r. alla cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 7 marzo 2005, n. 4822; Cass. 11 maggio 2015, n. 23087; Cass. 28 maggio 2019, n. 14510);
b ) il suo riconoscimento dallo stesso Tribunale nell’entità insinuata (al punto X di pg. 4 del decreto), al di là dell’applicazione del principio di non contestazione al comportamento della curatela, il quale (ancorché rilevante quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti), ai fini della decisione del giudice delegato della proposta del curatore in sede di progetto di stato passivo, non comporta l’automatica ammissione del credito allo stato passivo solo perché non contestato dal curatore o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica, al giudice delegato, e al tribunale fallimentare, competendo il potere di sollevare
d’ufficio ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove (Cass. 8 agosto 2017, n. 19734; Cass. 24 maggio 2018, n. 12973; Cass. 1 settembre 2023, n. 25602);
c ) la natura retributiva della contribuzione del lavoratore fino al compimento del versamento da parte del datore di lavoro (Cass. 28 giugno 2023, n. 18477, in motivazione sub p.to 13, in specifico riferimento ai fondi pensione complementari, ma tale anche in riferimento ai diversi regimi di gestione del T.f.r.);
3.1. tanto premesso, il lavoratore ha diritto all’ammissione del credito per T.f.r. allo stato passivo del datore insolvente per ottenerne il pagamento, ai sensi dell’art. 2, secondo comma legge n. 297/1982, dal RAGIONE_SOCIALE istituito presso l’RAGIONE_SOCIALE, surrogato di diritto, per il pagamento fatto, nei diritti del predetto, ai sensi dell’art. 2, quinto comma legge cit.; sicché esso, una volta che abbia corrisposto al lavoratore il t.f.r. non versato dal datore di lavoro insolvente, è surrogato per legge nel privilegio di cui agli artt. 275 1bis e 2776 c.c., essendo tenuto a provare, in sede di azione di surrogazione, non già la sussistenza degli elementi costitutivi dell’autonoma fattispecie previdenziale, bensì soltanto l’avvenuta erogazione della prestazione assicurativa e la sussistenza del diritto al t.f.r. in capo al lavoratore (Cass. 11 ottobre 2019, n. 25682); essendo ammesso nella procedura fallimentare nella stessa posizione che avrebbe assunto il lavoratore (Cass. 27 luglio 2011, n. 16447; Cass. 25 novembre 2013, n. 26294; Cass. 14 dicembre 2015, n. 25168);
3.2. inoltre, nella ricostruzione del sistema di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il datore di lavoro non ha la qualità di un mero adiectus solutionis causa , non perdendo la titolarità passiva dell’obbligazione di corrispondere il t.f.r. stesso; posto che gli articoli 1, comma 755 -757 legge n. 296/2006 e del d.m. 30
gennaio 2007 delineano un sistema in cui l’intervento del RAGIONE_SOCIALE, nei casi in cui è previsto, dà luogo ad un rapporto trilaterale tra il datore di lavoro, il RAGIONE_SOCIALE ed il prestatore di lavoro, in virtù del quale: a) il primo è obbligato nei confronti del secondo a versare il T.f.r., al pari di quanto avviene per le contribuzioni previdenziali; b) il secondo è tenuto ad erogare le prestazioni secondo le modalità previste dall’art. 2120 c.c., nei limiti della quota maturata a decorrere dall’1 gennaio 2007, ment re la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro; c) la materiale erogazione del T.f.r. è affidata al datore di lavoro anche per la parte di competenza del RAGIONE_SOCIALE, salvo conguaglio sui contributi dovuti al RAGIONE_SOCIALE stesso ed agli altri enti previdenziali; sicché, il lavoratore è legittimato all’ammissione allo stato passivo del datore di lavoro fallito per le quote di t.f.r. maturate e non versate al RAGIONE_SOCIALE gestito dall’RAGIONE_SOCIALE (Cass. 16 maggio 2018, n. 12009; Cass. 10 settembre 2021, n. 24510; Cass. 13 luglio 2022, n. 22131), non essendo emerso dall’istruttoria, né prima ancora stata oggetto di allegazione, l’esistenza di una cessione del credito in favore del RAGIONE_SOCIALE (Cass. 28 giugno 2023, n. 18477, citata);
3.3. è pertanto indifferente il periodo di maturazione (tempo per tempo) del credito per T.f.r., in ragione del mancato versamento datoriale delle somme trattenute a titolo di contributi alla lavoratrice, comportante la sua ammissione allo stato passivo de l fallimento della datrice di lavoro per l’importo insinuato;
il fallimento controricorrente a propria volta, in via di ricorso incidentale, ha dedotto nullità del decreto per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost., per manifesta contraddittorietà, apparenza e illogicità della motivazione, nella parte in cui il Tribunale, in relazione alla
quantificazione del credito per contribuzione della lavoratrice, ha deciso la controversia sulla base di documenti privi di efficacia probatoria, tali dichiarate le buste paga prodotte prive di firma o sigla o sottoscrizione alcuna, salvo poi -una volta r itenuto provato l’ an debeatur sulla base della dichiarazione dei redditi 2018, in quanto avente data certa e da cui risultante la quota di contributi a carico della lavoratrice -rivalutare la produzione delle dette buste paga ai fini di prova del quantum dell’anno 2017, documentato nell’ an come detto, per la specificazione delle mensilità riguardanti l’anno 2017 e con esclusione del 2016, non provato alla stregua di sole buste paga prive del requisito di sottoscrizione (unico motivo);
5. esso è infondato;
6. non sussiste il vizio di nullità denunciato, come riduzione della motivazione al di sotto del ‘minimo costituzionale’, sindacabile in sede di legittimità, secondo la novellazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., quale anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, risultante dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia esaurendosi nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’ (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598; Cass. 28 ottobre 2021, n. 30526);
6.1. nel caso di specie, il Tribunale ha osservato un percorso argomentativo logico e coerente (a pg. 3 del p.to VII della sentenza), privo di alcuna contraddittorietà, ravvisando la prova
(della quota di contribuzione previdenziale sulle retribuzioni, ammesse allo stato passivo, spettante al lordo, anziché al netto), limitatamente alla parte (anno 2017) documentata nell’ an in base alla dichiarazione 2018 dei redditi 2017 (munita di data certa), soltanto precisata nel quantum dalle buste paga del periodo relativo, ancorché prive di firma, sigla o sottoscrizione, in quanto utilizzate per mera individuazione interna di un periodo provato nella sua interezza; con esclusione invece dei contributi relativi al 2016, risultanti dalle sole analoghe buste paga, prive di autonoma efficacia probatoria;
pertanto il ricorso incidentale deve essere rigettato, con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535); il ricorso principale invece accolto, con la cassazione del decreto in relazione ad esso e, con decisione nel merito in assenza di necessità di ulteriori accertamenti in fatto, ammissione allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in via privilegiat a, ai sensi dell’art. 2751 bis n.1 c.c., per l’ulteriore credito di € 32.170,05 oltre interessi ai sensi degli artt. 53 e 54 l. fall., con regolazione le spese dei giudizi di merito e di legittimità secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale; cassa il decreto impugnato in relazione ad esso e, decidendo nel merito, ammette la lavoratrice allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis n.1 c.c., per l’ulteriore credito di € 32.170,05 per T.F.R., oltre interessi ai sensi degli artt. 53 e 54 l. fall.
Condanna il RAGIONE_SOCIALE controricorrente ricorrente incidentale alla rifusione, in favore della ricorrente principale, delle spese del giudizio, che liquida: per il giudizio di merito, in € 100,00 per esborsi e € 3.000,00 per compensi professionali; per il giudizio di legittimità, in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali; tutto oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis, RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 24 aprile 2024