Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23835 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26941/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO Caracciolo di Nicastro, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE liquidazione, in persona del curatore p.t. , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di FORLI’ n. 1561/2016 depositato il 12/10/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Il Tribunale di Forlì, con decreto del 12.10.2017, ha rigettato l’opposizione ex art. 98 l. fall. proposta dall’AVV_NOTAIO per ottenere l’ammissione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione del credito – insinuato con domanda del 23.3.2016 ed escluso dal giudice delegato – vantato a titolo di corrispettivo de ll’attività professionale svolta in favore della società poi fallita.
Il tribunale ha evidenziato: i) che l’opponente era titolare di tale posizione creditoria insieme al padre, AVV_NOTAIO, e che quest’ultimo aveva già fatto valere il credito unitario presentando, il 30.7.2015, istanza di ammissione al passivo per sé e per il suo RAGIONE_SOCIALE; ii) che l’unitarietà e la contitolarità del credito erano state espressamente confermate da entrambi gli interessati nelle osservazioni al progetto di stato passivo depositate il 2.10.2015 (nelle quali l’AVV_NOTAIO dichiarava di agire anche per il figlio) che l’AVV_NOTAIO a veva sottoscritto a eventuale ratifica del ricorso presentato dal padre per suo conto, precisando (come si trattasse di una rinuncia, ma in realtà superfluamente, posto che la pretesa era stata esercitata da uno dei due contitolari del credito col consenso dell’altro) che non avrebbe proposto alcuna autonoma richiesta della propria quota; iii) che, in sostanza, il G.D. decidendo sulla domanda dell’AVV_NOTAIO aveva deciso anche sulla quota di credito nella contitolarità dell’AVV_NOTAIO, il quale avrebbe dunque potuto proporre autonoma opposizione avverso tale decisione ma non presentare una seconda istanza di ammissione.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidato a tre motivi e illustrato da memoria, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, che denuncia la violazione di norme di diritto, l’AVV_NOTAIO sostiene che il provvedimento impugnato, nell’affermare che il credito dedotto in giudizio era già stato richiesto con la domanda presentata dal p adre ‘ per sé e per il suo RAGIONE_SOCIALE ‘ , si porrebbe in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui i professionisti che si associano per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività non trasferiscono all’associazione la titolarità del rapporto di prestazione professionale, ma conservano la rispettiva legittimazione attiva nei confronti del proprio cliente. L ‘associazione professionale , per contro, non sarebbe legittimata a far valere nei confronti del cliente i crediti spettanti ai singoli prestatori d’opera associati, a meno che non sia munita di delega ad hoc o che ciò sia stabilito da un’apposita clausola statutaria. Nella specie, pertanto, non essendovi prova del potere rappresentativo dello RAGIONE_SOCIALE, il tribunale avrebbe errato nel ritenere che il giudice delegato, decidendo sulla domanda dell’AVV_NOTAIO , avrebbe deciso anche sulla quota di credito di cui esso ricorrente era contitolare.
Col secondo motivo il ricorrente prospetta, in via subordinata, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti. Assume, nello specifico, che il padre ha agito anche nel suo interesse solo per far valere il credito unitario derivante da ll’ accordo sui compensi raggiunto con la società poi fallita l’8.6.2015 (accordo col quale, per l’appunto, l’ apporto professionale di entrambi era stato valutato complessivamente, con fissazione di un unico corrispettivo) e non in ragione della sua qualità di associato dello RAGIONE_SOCIALE; con la conseguenza che, poiché quell’accordo era stato ritenuto inopponibile alla procedura e il credito del padre era stato ammesso in misura fortemente ridotta (anzi al di sotto dei minimi tariffari proprio a causa della natura congiunta dell’incarico) , egli aveva
legittimamente fatto valere in via autonoma la propria posizione creditoria.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce che, in assenza di un valido accordo, opponibile al RAGIONE_SOCIALE, che prevedesse un unico compenso onnicomprensivo, il tribunale è incorso nella violazione degli artt. 1 e 23 comma 1° DM 55/2014.
Il primo ed il secondo motivo, da esaminare unitariamente, sono inammissibili perché non investono la ratio decidendi che sorregge il decreto impugnato.
Il Tribunale di Forlì non ha mai affermato che il titolare del credito unitario per il quale l’AVV_NOTAIO aveva presentato istanza di ammissione al passivo fosse lo RAGIONE_SOCIALE.
Il giudice del merito ha invece evidenziato: che il credito azionato dal padre dell’odierno ricorrente era nella contitolarità anche di quest’ultimo; che l’AVV_NOTAIO aveva fatto valere detto credito in via unitaria, anche nell’interesse del figlio; che l’ (allora) opponente non solo aveva confermato tali circostanze ma, sottoscrivendo le osservazioni al progetto di stato passivo del 2.10.2015, aveva , all’occorrenza, ratificato il ricorso presentato dal padre anche per suo conto e precisato (ancorché superfluamente e sotto un profilo giuridico errato) che ‘ rinunciava ‘ a far valere in via autonoma la propria quota di credito.
Il ricorrente non si è minimamente confrontato con tali assunti, cui è totalmente estraneo ogni riferimento (sia in fatto che in diritto) alle questioni (che, comunque, non risultano neppure essere state sollevate nel corso del giudizio di merito) riguardanti la legittimazione dell’associazione o del singolo professionista associato a richiedere l’ammissione al passivo del credito derivante da singole prestazioni professionali, e sembra non aver compreso che la decisione impugnata si fonda sul principio del ne bis in idem,
ovvero sul rilievo della inammissibilità (ancorché non espressamente dichiarata) della proposizione da parte del creditore di una seconda domanda di ammissione al passivo, depositata dopo che la prima è stata già esaminata e decisa.
E’ chiara espressione di tale ratio la successiva affermazione del tribunale, rimasta anch’essa incensurata, secondo cui l’odierno ricorrente avrebbe certamente potuto proporre autonoma opposizione al decreto col quale il G.D. aveva statuito sulla domanda depositata dal padre, ma non presentare una nuova istanza di ammissione dopo tale statuizione, che concerneva anche la sua quota di credito.
Il terzo motivo , peraltro anch’esso estraneo alla ratio decidendi , è assorbito.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 23.1.2024