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Credito prededucibile: quando è negato al professionista

Un professionista ha richiesto il riconoscimento di un credito prededucibile per l’attività svolta in un concordato preventivo, poi dichiarato inammissibile. Anni dopo, la società è fallita. La Cassazione ha respinto la richiesta, sottolineando che il lungo lasso di tempo e la prosecuzione dell’attività aziendale hanno interrotto la continuità tra le due procedure. Di conseguenza, il credito non è stato ritenuto funzionale al successivo fallimento e la prededuzione è stata negata.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Credito Prededucibile del Professionista: La Cassazione Nega il Privilegio Senza Continuità tra Procedure

Il riconoscimento di un credito prededucibile rappresenta una garanzia fondamentale per i professionisti che assistono le imprese in crisi. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, specialmente quando la procedura di concordato preventivo non sfocia direttamente nel fallimento. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: senza un nesso di continuità e funzionalità tra il concordato e il successivo fallimento, il credito del professionista perde il suo status privilegiato.

Il Caso: Un Professionista e il Credito Negato

Un professionista, che aveva prestato la sua opera come attestatore in una procedura di concordato preventivo per una società immobiliare, si è visto negare la richiesta di ammissione del suo compenso come credito prededucibile nel passivo del successivo fallimento della stessa società. La domanda di concordato era stata dichiarata inammissibile e, per circa cinque anni, la società aveva continuato a operare regolarmente prima di essere dichiarata fallita.

Il Tribunale, in prima istanza, aveva respinto la richiesta di prededuzione, ammettendo il credito solo in parte come privilegiato e in parte come chirografario. La motivazione si basava sulla constatazione di una ‘soluzione di continuità’ tra le due procedure. Il professionista ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua prestazione fosse comunque funzionale alla gestione della crisi d’impresa.

La Decisione della Cassazione e il Criterio del Credito Prededucibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno chiarito che, per ottenere la prededuzione, non è sufficiente aver prestato un’attività professionale nell’ambito di una procedura concorsuale minore. È indispensabile dimostrare l’esistenza di un collegamento stretto e consequenziale tra quella procedura e il successivo fallimento.

Il Principio delle Sezioni Unite

La Corte ha richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 42093/2021), che ha stabilito i criteri per il riconoscimento del credito prededucibile. Secondo tale orientamento, il credito del professionista è prededucibile se la sua prestazione è stata ‘funzionale’ alle finalità della prima procedura (il concordato), contribuendo a conservare o incrementare il valore aziendale in ottica di un beneficio per i creditori.

La Mancanza del Nesso di Consecuzione

Nel caso specifico, due elementi sono stati decisivi per escludere questo nesso:
1. L’intervallo temporale: Il fallimento è stato dichiarato circa cinque anni dopo la declaratoria di inammissibilità del concordato. Un periodo così lungo è stato considerato un’interruzione significativa.
2. La prosecuzione dell’attività: Durante questi anni, la società non era rimasta inattiva ma aveva continuato a operare sul mercato. Questo dimostra che il fallimento non è stato il ‘logico corollario’ della crisi che aveva originato la domanda di concordato, ma potrebbe essere derivato da nuove e diverse cause.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sull’applicazione rigorosa dei criteri cronologico e teleologico (o funzionale). La prededuzione è un istituto eccezionale che si giustifica solo quando un credito sorge per gestire una crisi in modo da avvantaggiare l’intera massa dei creditori. Se il fallimento non è una conseguenza diretta e immediata del tentativo fallito di risanamento, ma avviene dopo un lungo periodo in cui l’impresa ha ripreso la sua normale attività, viene a mancare la ‘funzionalità’ della prestazione professionale rispetto alla procedura fallimentare finale. L’attività del professionista, in questo scenario, rimane legata esclusivamente alla prima procedura, che si è conclusa senza successo e senza un passaggio diretto al fallimento. Di conseguenza, il suo credito non può gravare sulla massa fallimentare con il massimo privilegio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Professionisti

Questa ordinanza offre un importante monito per i professionisti che operano nel settore delle crisi d’impresa. Per vedersi riconoscere un credito prededucibile in un fallimento che segue un concordato preventivo, è essenziale che vi sia una chiara e ininterrotta sequenza tra le due procedure. La declaratoria di inammissibilità del concordato, unita a un significativo lasso temporale e alla ripresa dell’attività d’impresa, costituisce un ostacolo insormontabile. La prestazione professionale deve essere non solo utile al tentativo di concordato, ma anche oggettivamente collegabile, in un nesso di causa-effetto, alla successiva procedura fallimentare, dimostrando di aver agito nell’interesse della massa dei creditori che ne beneficeranno.

Il credito di un professionista che ha lavorato per un concordato preventivo è sempre prededucibile nel successivo fallimento?
No, non è sempre prededucibile. Secondo la sentenza, è necessario che la prestazione sia stata funzionale alle finalità del concordato e che esista una continuità temporale e logica tra la procedura di concordato e il successivo fallimento. Se intercorre un lungo periodo di tempo durante il quale l’azienda ha continuato a operare, questo nesso viene meno.

Cosa si intende per ‘continuità’ tra la procedura di concordato e il fallimento?
Per continuità si intende non solo un mero dato temporale, ma una vera e propria ‘consecuzione’, dove il fallimento appare come il logico e diretto risultato della crisi che ha portato alla domanda di concordato. La sentenza chiarisce che una pausa di diversi anni, con la ripresa dell’attività aziendale, interrompe questa continuità.

La dichiarazione di inammissibilità del concordato preventivo impedisce da sola la prededuzione del credito professionale?
Da sola, non necessariamente. Tuttavia, la sentenza afferma che la declaratoria di inammissibilità, unita ad altri fattori come il significativo tempo trascorso e la prosecuzione dell’attività, osta congiuntamente al riconoscimento della prededuzione. È l’insieme di questi elementi a dimostrare la mancanza del nesso funzionale richiesto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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