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Credito prededucibile: quando è negato ai professionisti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18714/2024, ha negato il riconoscimento del credito prededucibile a due professionisti per l’attività svolta in una procedura di concordato preventivo mai aperta. La decisione si fonda sulla mancanza di continuità temporale tra il tentativo di concordato, dichiarato inammissibile, e il successivo fallimento della società, avvenuto quasi un anno dopo. Secondo la Corte, l’assenza di apertura della procedura e la discontinuità escludono la ‘funzionalità’ della prestazione professionale all’interesse dei creditori, requisito essenziale per la prededuzione.

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Credito prededucibile: quando il compenso del professionista non è una priorità

Il riconoscimento del credito prededucibile rappresenta una garanzia fondamentale per i professionisti che assistono le imprese in crisi. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Con la recente ordinanza n. 18714 del 9 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi paletti che ne delimitano l’applicazione, negando tale privilegio a crediti sorti per un concordato preventivo mai decollato e seguito da un fallimento dichiarato a quasi un anno di distanza.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un avvocato e un ingegnere che avevano prestato la loro consulenza a una società di costruzioni per la preparazione e la presentazione di una domanda di concordato preventivo. Il Tribunale, però, dichiarava la domanda inammissibile, senza quindi mai aprire ufficialmente la procedura.

Circa un anno dopo questa declaratoria di inammissibilità, la stessa società veniva dichiarata fallita. I due professionisti, a quel punto, insinuavano i loro crediti per le prestazioni svolte nel passivo fallimentare, chiedendone il riconoscimento in prededuzione, ovvero con priorità di pagamento rispetto a tutti gli altri creditori.

Il Tribunale rigettava la loro richiesta, sostenendo che mancassero due requisiti essenziali: in primo luogo, la procedura di concordato non era mai stata formalmente aperta; in secondo luogo, non vi era prova di un nesso di continuità e consequenzialità tra il tentativo di concordato e il successivo fallimento. Contro questa decisione, i professionisti proponevano ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il diniego del Credito Prededucibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la linea del Tribunale. Gli Ermellini hanno smontato uno per uno i motivi del ricorso, chiarendo in modo definitivo i presupposti per il riconoscimento del credito prededucibile.

La Corte ha specificato che la valutazione sulla continuità tra le procedure non è un’eccezione che deve sollevare il curatore, ma un elemento costitutivo del diritto alla prededuzione che il giudice deve accertare d’ufficio. Inoltre, ha ritenuto inammissibile la censura dei ricorrenti basata sul mancato esame della prima ratio decidendi del provvedimento impugnato, ovvero la mancata apertura della procedura di concordato. Secondo un principio consolidato, quando una decisione si basa su due autonome ragioni, è necessario impugnarle entrambe con successo per ottenere la cassazione della sentenza.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 111 della Legge Fallimentare, alla luce di un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 42093/2021). La Corte ha ribadito che il credito del professionista per l’assistenza nella preparazione di un concordato può essere considerato prededucibile nel successivo fallimento solo se la prestazione è stata funzionale agli interessi della massa dei creditori.

Questa funzionalità, spiegano i giudici, è presunta solo quando l’impresa viene ammessa alla procedura di concordato. L’ammissione, infatti, permette ai creditori di valutare la proposta e attiva meccanismi di tutela come la cristallizzazione del passivo. Se, come nel caso di specie, la procedura non viene neppure aperta, viene a mancare questo presupposto fondamentale. La semplice presentazione della domanda non è sufficiente a generare un vantaggio per i creditori.

Inoltre, la Corte ha sottolineato la rottura della consecutività tra le procedure. Il lasso temporale di quasi un anno intercorso tra la declaratoria di inammissibilità del concordato e la dichiarazione di fallimento, durante il quale la società era tornata in bonis (cioè non soggetta ad alcuna procedura concorsuale), ha interrotto quel collegamento sequenziale e continuativo necessario per trasferire gli effetti di una procedura all’altra. La discontinuità organizzativa e temporale ha escluso che l’attività professionale, svolta per una procedura abortita, potesse essere considerata utile o funzionale alla successiva e distante procedura fallimentare.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame lancia un chiaro monito ai professionisti che operano nel campo delle crisi d’impresa. Il diritto a veder pagato il proprio compenso in via prioritaria nel fallimento non deriva automaticamente dall’aver assistito l’imprenditore nel tentativo di una soluzione concordataria. Per ottenere il riconoscimento del credito prededucibile, è indispensabile che la procedura di concordato venga almeno aperta e che esista un legame stretto e ininterrotto con il successivo fallimento. In assenza di questi requisiti, il credito del professionista sarà trattato come un credito concorsuale ordinario, con un rischio molto più elevato di non essere soddisfatto.

Il credito di un professionista per l’assistenza in un concordato preventivo è sempre prededucibile nel successivo fallimento?
No, non è sempre prededucibile. La sua prededucibilità è subordinata a condizioni precise, come chiarito dalla Corte di Cassazione. Non basta aver prestato l’attività professionale, ma è necessario che questa sia stata funzionale agli interessi della massa dei creditori.

Quali sono le condizioni necessarie per ottenere la prededuzione in un caso del genere?
Secondo la sentenza, per ottenere la prededuzione sono necessari due requisiti principali: la ‘funzionalità’ della prestazione e la ‘consecutività’ tra le procedure. La funzionalità è generalmente riconosciuta solo se l’impresa viene ammessa alla procedura di concordato, mentre la consecutività richiede un collegamento temporale e logico diretto e ininterrotto tra il concordato e il successivo fallimento.

Cosa succede se la procedura di concordato preventivo viene dichiarata inammissibile e non viene mai aperta?
Se la procedura non viene mai aperta, come nel caso esaminato, manca un presupposto fondamentale per il riconoscimento della prededuzione. L’assenza di ammissione impedisce di considerare la prestazione del professionista come ‘funzionale’ agli interessi dei creditori. Se a ciò si aggiunge un significativo intervallo di tempo prima del fallimento, viene meno anche il requisito della consecutività, escludendo definitivamente il diritto alla prededuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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