Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19170 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6908-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO FARMACIA DEL CORSO DOTT. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso il DECRETO N. 127/2021 del TRIBUNALE DI NAPOLI, depositato il 28/1/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in camera di consiglio del 28/4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento ‘ RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE , chiedendo di esservi ammesso per la somma corrispondente al compenso maturato in forza dell ‘ attività professionale svolta su incarico della società fallita dopo la dichiarazione di fallimento.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.3. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che l ‘ art. 43, comma 2°, l.fall., lì dove prevede un ‘ autonoma e residua legittimazione processuale del fallito, non consente, tuttavia, di imputare alla procedura gli effetti dell ‘ attività processuale svolta da quest ‘ ultimo, il quale, pertanto, beneficia e subisce tutti gli effetti del giudizio, ivi compresi quelli relativi alle spese di causa.
1.4. NOME COGNOME c on ricorso notificato (lunedì) 1/3/2021, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto, assumendone la comunicazione il 28/1/2021.
1.5. Il Fallimento è rimasto intimato.
1.6. Il Presidente, con decreto del 17/3/2024 e comunicato il 18/3/2024, ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell ‘ art. 380bis c.p.c.
1.7. NOME COGNOME con atto del 13/4/2024, ha chiesto la decisione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando, a norma dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 43, commi 1° e 2°, l.fall., in relazione agli artt. 44, 111 e 111bis l.fall., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il contratto di prestazione d’opera professionale stipulato dal fallito per lo svolgimento da parte dello stesso di un’attività processuale cui è legittimato, non è opponibile alla massa dei creditori, senza, tuttavia, considerare che l’attività processuale svolta dal fallito, una volta che sussistono le condizioni previste dall’art. 43, comma 2°, l.fall., è sempre opponibile alla procedura, con la conseguenza che il compenso maturato dal professionista incaricato ha carattere prededucibile.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando, a norma dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 43, commi 1° e 2°, l.fall., in relazione agli artt. 44, 111 e 111bis l.fall., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il contratto di prestazione d’opera professionale stipulato dal fallito per lo svolgimento da parte dello stesso di un’attività processuale cui è legittimato, non è opponibile alla massa dei creditori, senza, tuttavia, considerare che le spese relative all’attività processuale svolta dal fallito, avendo depurato il patrimonio fallimentare da passività fiscali non dovute, appartengono alla categoria delle passività afferenti alla conservazione dei beni acquisiti al fallimento, e devono essere, pertanto, pagate in prededuzione a norma degli artt. 111 e 111bis l.fall.
2.3. I motivi, come già rilevato nel decreto contenente la proposta di definizione di cui all’art. 380 -bis c.p.c., sono inammissibili.
2.4. Il primo, invero, s’infrange , con le conseguenze previste dall’art. 360 -bis n. 1 c.p.c., contro il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale il credito sorto ‘ in occasione ‘ della procedura ha natura prededucibile ai sensi dell’art. 111, comma 2°, l.fall. a condizione che il ‘ criterio cronologico sia integrato dalla riferibilità del credito stesso all’attività degli organi della procedura, idonea come tale a generare crediti prededucibili indipendentemente dalla verifica in concreto ed ex post della loro funzionalità rispetto alle esigenze della stessa ‘ (Cass. n. 29 999 del 2023; conf. Cass. n. 20113 del 2016).
2.5. Il criterio dell’occasionalità, per avere un senso compiuto, dev’essere, infatti , integrato con l’implicito elemento soggettivo, poiché altrimenti esso risulterebbe palesemente
irragionevole, in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa.
2.6. Ne consegue che solo gli impegni assunti direttamente dagli organi concorsuali, al pari delle obbligazioni geneticamente scaturenti dalla loro attività, assurgono a costi che possono gravare sulla procedura, in quanto intrinsecamente sostenibili in vista delle sue finalità concorsuali (Cass. n. 12332 del 2023; Cass. n. 1513 del 2014).
2.7. Il secondo motivo è inammissibile in quanto deduce una questione (e cioè l’utile risultato conseguito dal patrimonio fallimentare in ragione dell’intervenuta depurazione dallo stesso di passività fiscali non dovute) di cui il decreto impugnato non tratta. Ed è, invece, noto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), qualora una determinata questione giuridica, che (come quella indicata) implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella pronuncia impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (rima sto, nella specie, inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Il ricorso è, dunque, inammissibile: e come tale dev’essere, dunque, dichiarato.
La definizione del giudizio in conformità alla proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. comporta le conseguenze previste dal terzo comma di tale disposizione, e, dunque, in difetto di costituzione delle controparti, la (sola) condanna del ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di €. 4.000,00.
Nulla per le spese del giudizio, in mancanza di attività difensiva da parte dell’intimato.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente al pagamento della somma di €. 4.000,00 in favore della cassa delle ammende; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima