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Credito prededucibile: no al compenso del fallito

Un professionista ha richiesto l’ammissione del proprio compenso come credito prededucibile nel fallimento di una società per un’attività svolta dopo la dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che un credito prededucibile deve essere legato all’attività degli organi della procedura e non a quella del soggetto fallito. Il compenso del professionista ingaggiato dal fallito non può quindi gravare sulla massa dei creditori con priorità.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Credito Prededucibile: il Compenso del Professionista del Fallito non Grava sulla Massa

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nel diritto fallimentare, chiarendo i confini del credito prededucibile. La questione centrale riguarda la possibilità di considerare come tale il compenso di un professionista incaricato direttamente dal soggetto fallito per attività svolte dopo la dichiarazione di fallimento. La risposta della Corte è netta: tali compensi non godono di alcuna priorità e non possono gravare sulla massa dei creditori.

I Fatti di Causa: la Richiesta del Professionista

Il caso trae origine dalla richiesta di un professionista di essere ammesso allo stato passivo di un fallimento. Egli rivendicava il pagamento del suo compenso, maturato per un’attività professionale svolta su incarico della società già dichiarata fallita. La sua pretesa era quella di vedere il proprio credito qualificato come prededucibile, ossia da pagare con precedenza rispetto agli altri creditori.

Il Tribunale, in prima istanza, aveva respinto l’opposizione del professionista. Secondo i giudici di merito, sebbene l’articolo 43 della Legge Fallimentare riconosca una residua legittimazione processuale al fallito, ciò non implica che i costi delle attività da lui intraprese possano essere addebitati alla procedura fallimentare. Di conseguenza, il professionista da lui incaricato non può vantare un credito prededucibile.

Il Criterio del Credito Prededucibile secondo la Cassazione

Investita della questione, la Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire il proprio orientamento consolidato in materia. Un credito, per essere considerato prededucibile ai sensi dell’art. 111 della Legge Fallimentare, non deve solo sorgere “in occasione” della procedura (criterio cronologico), ma deve soddisfare un requisito più stringente.

È necessario che il credito sia riconducibile all’attività degli organi della procedura (come il curatore fallimentare) e che sia funzionale agli scopi della stessa, ovvero la conservazione e liquidazione del patrimonio nell’interesse della massa dei creditori. Manca questo nesso funzionale quando l’attività è frutto di una scelta autonoma del soggetto fallito, anche se legittima.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del professionista inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, la richiesta si scontra frontalmente con il principio consolidato secondo cui solo gli impegni assunti direttamente dagli organi concorsuali possono generare costi per la procedura. Le obbligazioni che scaturiscono da iniziative del fallito non sono intrinsecamente sostenibili in vista delle finalità concorsuali. Pertanto, il contratto d’opera professionale stipulato tra il fallito e il suo legale non è opponibile alla massa dei creditori e non può generare un credito prededucibile.

In secondo luogo, il ricorrente ha introdotto un motivo di ricorso ritenuto inammissibile per novità. Egli sosteneva che la sua attività avesse prodotto un utile risultato per il patrimonio fallimentare (nella specie, una depurazione da passività fiscali non dovute). Tuttavia, questa circostanza di fatto non era mai stata discussa né trattata nella precedente fase di giudizio. La Corte ha ricordato che, in sede di legittimità, non possono essere introdotte questioni nuove che implichino accertamenti di fatto, a meno che non si dimostri di averle già sollevate dinanzi al giudice di merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia in esame rafforza un principio fondamentale a tutela della par condicio creditorum. I professionisti che scelgono di assistere un soggetto dopo la sua dichiarazione di fallimento devono essere consapevoli che il loro compenso non godrà di alcun privilegio. Il loro credito sarà trattato come un qualsiasi altro credito concorsuale, da soddisfare solo dopo i creditori prededucibili e privilegiati. La decisione serve da monito: l’unica via per ottenere un pagamento prioritario è quella di essere incaricati direttamente dagli organi della procedura fallimentare, agendo nell’interesse oggettivo della massa dei creditori e non del singolo fallito.

Il compenso di un professionista ingaggiato direttamente dal fallito può essere considerato un credito prededucibile?
No. Secondo la Corte, per essere prededucibile, il credito deve derivare da un’attività funzionale agli scopi della procedura e direttamente riconducibile agli organi concorsuali, non al fallito stesso.

Quali sono i requisiti affinché un credito sia qualificato come prededucibile?
Il credito deve sorgere ‘in occasione’ della procedura (criterio cronologico) e deve essere riferibile all’attività degli organi della procedura, come il curatore, essendo funzionale agli scopi della stessa (criterio funzionale-soggettivo).

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché si scontrava con l’orientamento consolidato della Corte sul tema del credito prededucibile e perché introduceva una questione nuova (l’utilità dell’intervento per il patrimonio) che non era stata discussa nel giudizio di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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