Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27828 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27828 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30755/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata all’atto di costituzione di nuovo difensore in data 20 giugno 2022
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Milano n. 6587/2020 depositato il 22/10/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il giudice delegato alla procedura di amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE ammetteva al passivo, in chirografo, il credito vantato da RAGIONE_SOCIALE per € 3.780.011,42; escludeva, tuttavia, la natura prededucibile del credito, in quanto non era stato provato il ricorrere
dei presupposti soggettivi necessari per l’applicazione dell’art. 3, comma 1ter , d.l. 347/2003, né era stato adeguatamente dimostrato quale parte della prestazione dovesse essere ricondotta alla continuità degli impianti produttivi essenziali di RAGIONE_SOCIALE.
2. Il Tribunale di Milano, a seguito dell’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE, riteneva che la prededuzione non potesse essere riconosciuta per le prestazioni correlate agli ordini A1 e A2, asseritamente riconducibili ad interventi previsti dal D.P.C.M. 14 marzo 2020, sia perché le ragioni addotte a giustificazione di questa richiesta erano state allegate soltanto in sede di opposizione a stato passivo, attraverso un’inammissibile modifica dell’istanza già presentata, sia perché, comunque, non emergeva in concreto che le prestazioni, riferibili essenzialmente ad attività manutentiva, avessero avuto ad oggetto attività riconducibili al medesimo D.P.C.M..
Riteneva, rispetto ai crediti sorti per prestazioni svolte negli anni 2014 e 2015, che il creditore dovesse documentare, e non semplicemente attestare con una mera autocertificazione, la sussistenza delle soglie finanziarie e occupazionali richieste dal combinato disposto degli artt. 3, comma 1ter , d.l. 347/2003, 2, 4 e 5 dell’allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE.
Osservava che l’opponente aveva prodotto soltanto il bilancio per l’anno 2013, che, oltre a non riguardare l’anno di riferimento, in ogni caso non dimostrava il mancato superamento delle soglie di utile e fatturato previste dalla normativa europea.
3. RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 22 ottobre 2020, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE in aRAGIONE_SOCIALE
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt.
93 e 98 l. fall., 2745 cod. civ., 345 cod. proc. civ. e 3, comma 1ter , d.l. 347/2003: il tribunale, al fine di giustificare il diniego della prededuzione, ha rilevato un’asserita modifica delle ragioni poste a sostegno della richiesta, quando in realtà la società opponente si era limitata a effettuare una migliore specificazione tecnica dei propri assunti, tramite la precisazione che solo alcune attività avevano interessato anche le prestazioni necessarie alla sicurezza e alla continuità degli impianti previsti dal D.P.C.M. 14 marzo 2014, senza apportare alcuna modifica sostanziale alla domanda avanzata in sede di insinuazione al passivo.
4.2 Il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 3, comma 5, dell’allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE, a mente del quale le imprese possono autodichiarare il loro status di impresa autonoma, associata o collegata, nonché i dati relativi alle soglie.
Il tribunale, inoltre, avrebbe omesso di considerare che il bilancio 2014 era stato prodotto in atti unitamente al bilancio dell’anno precedente.
Il secondo motivo di ricorso, da cui è opportuno prendere le mosse in applicazione del principio della ragione più liquida, risulta in parte inammissibile, in parte infondato.
5.1 Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 5792/2024, § 10.13) hanno di recente ricordato che la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. è ammessa dalla giurisprudenza di legittimità rispetto a qualsiasi fatto, sia sostanziale che processuale (si veda, per quest’ultima ipotesi, i casi esaminati da Cass. 19924/2008 e Cass. 23173/2016), sempre che tra la svista concernente il fatto e la statuizione adottata intercorra un nesso di necessità logica e giuridica tale da determinare, in ipotesi di percezione corretta, una decisione diversa (p. es. Cass., Sez. U., 1666/2009).
In particolare, è fermo l’orientamento secondo cui è suscettibile di revocazione la decisione adottata sulla base dell’affermazione, dovuta a mera svista, dell’inesistenza in atti di un determinato documento, che risulti invece ritualmente prodotto (Cass. 7973/2023, Cass. 2967/1971).
Risulta, perciò, inammissibile in questa sede il profilo di doglianza con cui si lamenta che il giudice di merito abbia erroneamente ritenuto non prodotto il bilancio per l’anno 2014, in quanto il documento, a dire della ricorrente, era presente in atti.
5.2 L’art. 3, comma 5, dell’allegato alla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE prevede espressamente che ‘ le imprese possono dichiarare il loro status di impresa autonoma, associate o collegata nonché i dati relativi alle soglie di cui all’articolo 2. Tale dichiarazione può essere resa anche se la dispersione del capitale non permette l’individuazione esatta dei suoi detentori, dato che l’impresa può dichiarare in buona fede di supporre legittimamente di non essere detenuta al 25 %, o più, da una o più imprese collegate fra di loro o attraverso persone fisiche o un gruppo di persone fisiche. La dichiarazione non ha alcun influsso sui controlli o sulle verifiche previsti dalle normative nazionali o comunitarie ‘.
Il tenore di questa norma non consente di ritenere che in sede di ammissione al passivo il creditore istante possa giustificare la richiesta di prededuzione sulla base di una propria autocertificazione. Essa, infatti, deve essere letta e intesa alla luce del considerando 14 della raccomandazione, secondo cui ‘ per alleviare l’onere amministrativo gravante sulle imprese, agevolare e accelerare il trattamento amministrativo di dossier per i quali è richiesta la qualifica di PMI, è opportuno prevedere la possibilità a dichiarazioni sull’onore delle imprese stesse, che attestino determinate caratteristiche dell’impresa in questione ‘.
La dichiarazione dei requisiti da parte dell’imprenditore, quindi, è stata prevista dalla raccomandazione europea in funzione del celere
trattamento in sede amministrativa di pratiche per le quali venga in rilievo la qualifica di P.M.I., non certo per stravolgere in sede giudiziale le regole generali in ordine alla possibilità per la parte di assolvere i propri oneri probatori facendo ricorso a sue attestazioni personali.
Prova ne è che lo stesso testo della raccomandazione europea richiamata dall’art. 3, comma 1 -ter , d.l. 347/2003 esclude che una simile dichiarazione possa avere ‘ alcun influsso sui controlli o sulle verifiche previsti dalle normative nazionali ‘, come quelle a cui è chiamato il giudice in sede di opposizione allo stato passivo; giudizio -è bene ricordarlo – che si configura come un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione, nel quale trovano applicazione le regole generali in tema di oner e della prova di cui all’art. 2697 cod. civ. e dove il creditore opponente è gravato dall’onere di fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito, mentre spetta alla curatela l’onere di dimostrare l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione (cfr., per tutte, Cass. 5847/2021).
5.3 Una volta escluso che la società abbia dimostrato di essere in possesso dei requisiti soggettivi necessari per l’ammissione del credito in prededuzione ai sensi dell’art. 3, comma 1 -ter , d.l. 347/2003, il primo motivo di ricorso rimane privo di qualsiasi decisività e risulta inammissibile.
6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge
24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 3 ottobre 2024.