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Credito PA: quando è certo, liquido ed esigibile?

Un Comune ha emesso un’ingiunzione di pagamento contro un altro per le spese di custodia di cani randagi. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la decisione di merito che negava la sussistenza di un credito PA certo, liquido ed esigibile in assenza di una pronuncia del giudice penale e a fronte di prove documentali ritenute non decisive.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Credito PA: Requisiti di Certezza, Liquidità ed Esigibilità

L’esatta definizione dei requisiti di un credito PA è fondamentale per poter procedere alla sua riscossione coattiva. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i criteri di certezza, liquidità ed esigibilità, specialmente quando la pretesa creditoria nasce in contesti complessi che coinvolgono procedimenti penali e rapporti tra diversi enti pubblici. Il caso analizzato riguarda una controversia tra due municipalità per il rimborso di spese di mantenimento di animali sottoposti a sequestro.

I Fatti del Contenzioso tra Enti Locali

La vicenda trae origine da un’ingiunzione di pagamento emessa da un grande Comune metropolitano nei confronti di un Comune più piccolo. La richiesta, pari a oltre 37.000 euro, era a titolo di rimborso per le spese di ricovero, mantenimento e cura di cani randagi. Gli animali erano stati affidati a una struttura a seguito di un decreto di sequestro penale emesso dalla Procura.

Il Comune ingiunto si opponeva, e la Corte d’appello gli dava ragione, annullando l’ingiunzione. Secondo i giudici di merito, la documentazione prodotta (principalmente corrispondenza tra i due enti) aveva un carattere meramente interlocutorio e non provava l’esistenza di un’obbligazione certa. In particolare, una nota con cui il Comune debitore si mostrava disponibile al pagamento era subordinata alla garanzia che nulla più fosse dovuto alla struttura di ricovero, condizione che non si era verificata. La Corte d’appello sottolineava un punto cruciale: per utilizzare lo strumento dell’ingiunzione speciale previsto dal R.D. 639/1910, il credito deve essere certo, liquido ed esigibile, requisiti che nel caso di specie mancavano “in difetto di pronuncia del giudice penale”.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Credito PA

Il Comune creditore ha presentato ricorso in Cassazione, affidandolo a due motivi. La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione della Corte d’appello e condannando il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.

La decisione si basa su principi procedurali consolidati che limitano il potere di riesame della Cassazione ai soli errori di diritto, escludendo una nuova valutazione dei fatti. Vediamo nel dettaglio le ragioni del rigetto.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile

Il primo motivo di ricorso lamentava un “omesso esame di un fatto decisivo”. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che, in realtà, il ricorrente stesse chiedendo una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio documentale, attività preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se questa è logicamente motivata. Inoltre, il ricorso violava il principio di autosufficienza, poiché non trascriveva integralmente i documenti che si assumevano non correttamente valutati, impedendo alla Corte di comprendere appieno la censura.

Il secondo motivo denunciava un errore di diritto riguardo ai requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito PA. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile perché non coglieva la vera ratio decidendi della sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione impugnata era che la certezza del credito era subordinata all’esito del procedimento penale che aveva dato origine al sequestro degli animali. Il ricorrente, invece di contestare questa specifica argomentazione giuridica, si è limitato a sostenere che il credito era certo perché calcolato sulla base di un importo giornaliero per ogni animale, senza però affrontare il nodo giuridico sollevato dalla Corte d’appello. Di conseguenza, la critica non ha scalfito il fondamento logico-giuridico della decisione di secondo grado.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Crediti della Pubblica Amministrazione

Questa ordinanza ribadisce alcuni principi fondamentali per le Pubbliche Amministrazioni che intendono recuperare i propri crediti. Innanzitutto, per avvalersi dello strumento agile dell’ingiunzione speciale, il credito PA deve essere provato in modo inequivocabile sotto il profilo della certezza, liquidità ed esigibilità. Una semplice corrispondenza interlocutoria o accordi condizionati non sono sufficienti. In secondo luogo, quando la fonte del credito è connessa a un procedimento giudiziario (in questo caso penale), l’esito di quel giudizio può essere determinante per stabilire l’esistenza stessa del diritto. Infine, dal punto di vista processuale, un ricorso in Cassazione deve essere tecnicamente ben impostato: non può limitarsi a criticare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma deve individuare e contestare specificamente gli errori di diritto e la ratio decidendi che sorreggono la decisione impugnata, rispettando il principio di autosufficienza.

Quando un credito della Pubblica Amministrazione può essere riscosso con l’ingiunzione speciale (R.D. 639/1910)?
Per utilizzare questo strumento, il credito della PA deve possedere i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, che devono essere provati in modo chiaro e inequivocabile. In questo caso, la Corte d’appello ha ritenuto che mancasse la certezza in assenza di una pronuncia del giudice penale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove documentali valutate dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove, ma solo verificare se il giudice di merito abbia commesso errori di diritto o se la sua motivazione sia illogica o contraddittoria. Chiedere un diverso apprezzamento delle prove rende il ricorso inammissibile.

Cosa significa che un motivo di ricorso non coglie la “ratio decidendi” della sentenza impugnata?
Significa che il motivo di ricorso non contesta la ragione giuridica fondamentale su cui si basa la decisione del giudice precedente. Se il ricorso si concentra su argomenti secondari o diversi da quello cruciale, il motivo viene dichiarato inammissibile perché non è in grado di mettere in discussione il fondamento della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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