Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19169 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19169 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17233/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Pesaro INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende , ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME Franco (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Pesaro n. 492/2022 depositato il 31/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE propose domanda di insinuazione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione,(di seguito indicato per brevità ‘Fallimento’) del credito, in prededuzione, di € 822.180,00 per lavori ed interventi, effettuati nel periodo 20052017 e, quindi, anche pendenza della procedura di concordato chiesto dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, che avevano interessato l’immobile condotto in locazione da RAGIONE_SOCIALE.
2 Il Giudice Delegato escluse il credito non essendo stati i lavori né provati né autorizzati dagli organi tutori della procedura concordataria.
3 Il Tribunale di Pesaro rigettava l’opposizione ex art 98 l.fall. proposta da RAGIONE_SOCIALE confermando il mancato intervento di autorizzazioni da parte degli organi della procedura al compimento dei lavori di cui si chiedeva il pagamento.
3.1 Non era stata neppure fornita la prova della necessità ed inderogabilità delle opere asseritamente eseguite; né l’indifferibilità dei lavori si poteva desumere a posteriori dalla natura degli stessi accertata da una consulenza tecnica.
4 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidato a due motivi, il Fallimento ha svolto difese con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 115 e 116 c.p.c., 99, comma 9, l. fall. per non aver il Tribunale valutato i documenti da cui risultava la necessità e
l’urgenza dei lavori effettuati, dell’esecuzione dei quali era stata data comunicazione agli organi della procedura, e per non aver ammesso la richiesta di CTU.
1.1 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 111 l. fall., anche in relazione al disposto degli artt. 1576 e 1577 c.c.. per non aver il provvedimento impugnato riconosciuto la prededuzione al credito fatto valere avente ad oggetto opere di migliorie apportate ai beni immobili acquisiti all’attivo fallimentare con più proficua liquidazione del bene.
2 Il primo motivo è inammissibile.
2.1 Si legge nella motivazione del decreto che i lavori per i quali la ricorrente ha chiesto il pagamento, asseritamente realizzati pendente la procedura di concordato, non risultano essere mai stati assentiti dagli organi del concordato preventivo e che le uniche due richieste di autorizzazione di interventi prevedevano che le spese necessarie alle opere oggetto delle richieste medesime fossero ad esclusivo carico della conduttrice.
Il Tribunale ha inoltre ritenuto non provati sia la necessità che l’indifferibilità dei lavori , né tali caratteristiche potevano a posteriori essere certificate attraverso una indagine tecnica.
2.2.Si tratta di valutazioni in fatto insindacabili in questa sede se non nei ristretti limiti di cui ai vizi, non dedotti dal ricorrente, di mancanza di motivazione o omesso esame di un fatto decisivo ex 360, comma 1 n. 5, c.p.c.; sicché la censura sotto l’egida formale del vizio di violazione e falsa applicazione di legge mira a sollecitare questa Corte di legittimità ad un nuovo scrutinio di merito.
2.3 Non può, invero, consentirsi che una simile doglianza sia mascherata dai riferimenti agli artt. 115 e 116 c.p.c. La violazione dell’art. 115 c.p.c. rileva nella distinta condizione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri offícíosi riconosciutigli; la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammessa solo ove
si alleghi che il giudice, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come per es. il valore di prova legale), o al contrario non abbia osservato la specifica regola di valutazione di una prova così stabilita dalla legge; non mai invece ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (cfr. risolutivamente Cass. Sez. U n. 20867/20).
2.4 Quanto alla mancata ammissione della CTU va rilevato che secondo questa Corte «il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa; ne consegue che, quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l’anzidetto profilo» (cfr. Cass.n. 72/2011).
Nella fattispecie la mancata ammissione della CTU ha trovato esplicita e plausibile giustificazione nella impossibilità, secondo il Tribunale, di verificare ex post l’urgenza dei lavori.
3 Il secondo motivo è assorbito in quanto il credito della RAGIONE_SOCIALE non è stato ammesso tout court e, pertanto, è superfluo, alla luce della inammissibilità del primo motivo, discorrere sulla collocazione del credito nel novero di quelli disciplinati dall’art. 111 l.fall.
Il ricorso è, quindi, inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese presente giudizio che liquida in € 10.000, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 13 maggio