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Credito da lavoro: inammissibile il ricorso del MISE

Un Ministero ha presentato ricorso in Cassazione contro la condanna al pagamento di un credito da lavoro (premio di produzione) a favore di una ex dipendente di un ente soppresso. Il Ministero ha basato il suo ricorso su norme relative al trattamento economico dei dipendenti trasferiti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni erano totalmente irrilevanti rispetto alla questione decisa: il debito era maturato prima di un eventuale trasferimento e il Ministero era tenuto a pagarlo in qualità di successore legale dell’ente soppresso.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Credito da Lavoro: Quando i Motivi del Ricorso sono Irrilevanti

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 6919/2024, offre uno spunto fondamentale sulla corretta impostazione dei ricorsi giudiziari. In questo caso, la Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un Ministero, poiché le argomentazioni legali sollevate erano completamente scollegate dalla vera questione al centro della controversia: un credito da lavoro maturato da una dipendente nei confronti di un ente pubblico poi soppresso.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di pagamento di una ex dipendente di un Istituto per la Promozione Industriale, un ente pubblico successivamente soppresso. La lavoratrice vantava un credito residuo a titolo di premio di produttività, maturato durante il suo rapporto di lavoro con l’ente. A seguito della soppressione dell’Istituto, il Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero delle Imprese e del Made in Italy) è subentrato in tutti i rapporti giuridici, inclusi i debiti.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva condannato il Ministero a pagare alla lavoratrice la somma residua di circa 1.890 euro. La Corte territoriale aveva accertato l’esistenza del credito e l’obbligo del Ministero di saldarlo in qualità di successore legale dell’ex datore di lavoro.

Il Ricorso del Ministero e il Credito da Lavoro contestato

Contro questa decisione, il Ministero ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico e specifico motivo. L’amministrazione sosteneva la violazione di alcune norme (in particolare, l’art. 7 del d.l. n. 78/2010 e l’art. 14 del d.l. n. 98/2011) che regolano il trattamento economico dei dipendenti pubblici trasferiti da enti soppressi.

Secondo la tesi del ricorrente, il premio di produzione, in quanto voce retributiva non fissa e continuativa, non avrebbe dovuto essere conservato nel trattamento economico della lavoratrice una volta passata alle dipendenze del Ministero. Di conseguenza, a suo dire, il pagamento non era dovuto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha stroncato sul nascere la tesi ministeriale, dichiarando il ricorso ‘palesemente inammissibile’. La ragione di tale drastica decisione risiede nel fatto che l’argomentazione del Ministero era del tutto estranea alla ratio decidendi della sentenza impugnata, ovvero alla ragione giuridica fondamentale della decisione della Corte d’Appello.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno chiarito un punto cruciale che il Ministero aveva ignorato: la controversia non riguardava il trattamento economico della lavoratrice dopo un suo eventuale trasferimento al Ministero. Al contrario, l’oggetto del contendere era un credito da lavoro specifico, ovvero il premio di produzione, che la dipendente aveva già maturato quando era ancora alle dipendenze dell’ente originario, prima della sua soppressione.

La Corte ha sottolineato che nei gradi di merito era emerso che la lavoratrice non era mai ‘transitata’ al Ministero. Il suo diritto a percepire quella somma non derivava dal suo attuale o futuro inquadramento, ma da un rapporto di lavoro passato. L’obbligo del Ministero di pagare non sorgeva da un rapporto di lavoro diretto, ma dalla sua successione ex lege nei debiti dell’ente soppresso.

In parole semplici, la questione legale sollevata dal Ministero – quali voci retributive conservare per i dipendenti trasferiti – non aveva nulla a che vedere con la questione decisa dai giudici di merito, che era semplicemente se il Ministero dovesse pagare un debito pregresso dell’ente di cui aveva preso il posto.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio processuale fondamentale: un ricorso in Cassazione deve contestare le specifiche ragioni giuridiche su cui si fonda la sentenza impugnata. Introdurre argomenti, anche se astrattamente corretti, ma non pertinenti alla ratio decidendi del caso specifico, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Per le amministrazioni pubbliche che subentrano a enti soppressi, la lezione è chiara: i debiti pregressi verso i lavoratori devono essere onorati sulla base del rapporto di lavoro originario, e le norme che disciplinano il futuro inquadramento del personale trasferito non possono essere utilizzate per contestare diritti già maturati.

Perché il ricorso del Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni legali presentate dal Ministero, relative alle regole sul trattamento economico dei dipendenti trasferiti, erano completamente irrilevanti e non pertinenti alla ragione fondamentale della decisione della Corte d’Appello, che riguardava il pagamento di un debito preesistente dell’ente soppresso.

Il Ministero era obbligato a pagare il premio di produzione alla lavoratrice?
Sì, il Ministero era obbligato a pagare. Il suo obbligo non derivava da un rapporto di lavoro diretto, ma dal fatto di essere succeduto per legge in tutti i rapporti giuridici, compresi i debiti, dell’ente soppresso presso cui la lavoratrice aveva maturato il diritto al premio.

La lavoratrice era stata trasferita alle dipendenze del Ministero?
No, dai documenti processuali è emerso che la lavoratrice non era mai stata trasferita alle dipendenze del Ministero. Questo fatto ha reso ancora più evidente l’irrilevanza delle argomentazioni del Ministero, basate proprio sulle norme applicabili al personale trasferito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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