Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25315 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25315 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22706/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente-
contro
CONDOMINIO COGNOME 3 ROMA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2811/2020 depositata il 12/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il Condominio di INDIRIZZO al fine di sentirlo condannare alla restituzione della somma di € 17.366,00, asseritamente anticipata quale amministratore del Condominio durante la propria gestione, dal 18/07/2003 al 04/05/2005, come risultava dai bilanci consuntivi degli anni 2004 e 2005, regolarmente approvati dall’assemblea condominiale in data 08/11/2006 ed in data 17/04/2007.
Si costituì il Condominio per resistere alla domanda, sostenendo che di non aver mai riconosciuto la fondatezza del credito preteso da NOME COGNOME che si era limitato a riportare nel bilancio consuntivo del 2004 un passivo di cassa pari a € 17.366,08, senza allegare alcun documento giustificativo degli esborsi effettuati.
Il Condominio aggiunse di aver sporto denuncia-querela nei confronti di NOME COGNOME a seguito di prelevamenti dal medesimo effettuati, per un totale di € 7.600,00, dal conto corrente postale del Condominio; spiegò, pertanto, domanda riconvenzionale volta al recupero di detta somma.
Il Tribunale di Roma rigettò la domanda principale ed accolse la domanda riconvenzionale
La Corte d’Appello, con sentenza n. 2811/20, annullò la sentenza di primo grado e, decidendo in grado d’appello, rigettò la domanda principale e, in accoglimento della domanda riconvenzionale,
condannò NOME COGNOME alla restituzione dell’importo di € 7.600,00, oltre interessi in favore del Condominio.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale affermò che per il rimborso delle anticipazioni sostenute dall’amministratore si applicavano le norme sul mandato e, segnatamente, l’art. 1720 c.c., in combinato disposto con i principi in materia di condominio; di conseguenza, affinché il credito fosse liquido ed esigibile, era necessario un controllo da parte dell’assemblea condominiale, che non poteva essere implicito nell’approvazione del bilancio, peraltro contestato da alcuni condomini.
Il bilancio consuntivo, peraltro, riportava un mero calcolo aritmetico relativo a costi sostenuti/quote incassate, inidoneo a provare il credito dell’amministratore.
Non risultava da alcun verbale che l’amministratore avesse anticipato le spese, né erano stati allegati i documenti giustificativi degli esborsi sostenuti in quanto la documentazione allegata era poco chiara e comprensibile e, pertanto, inidonea a provare i fatti per come descritti dall’appellante dai verbali di approvazione dei bilanci. Poiché mancava la prova attestante le anticipazioni di cassa asseritamente effettuate da NOME COGNOME con l’indicazione della tipologia di spesa e del soggetto beneficiario, né erano state allegate le relative ricevute di pagamento, era priva di fondamento la domanda di rimborso delle anticipazioni.
Avverso la sentenza della Corte d’appello ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di un unico motivo.
Il Condominio di INDIRIZZO ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1720 c.c. e ss., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.; il ricorrente sostiene che le norme sul contratto di mandato impongano la restituzione delle somme anticipate dal mandatario per l’espletamento dell’incarico, in presenza della prova documentale rappresentata dai bilanci condominiali e dalla conseguente approvazione dei medesimi. Il credito del ricorrente sarebbe provato dal dato obiettivo costituito dal bilancio consuntivo, da cui si evincerebbero le anticipazioni in danaro operate dal ricorrente, e dalla sua approvazione da parte dell’assemblea.
Il motivo è infondato.
La questione di diritto posta all’attenzione del collegio attiene all’idoneità del bilancio consuntivo, regolarmente approvato dall’assemblea, a costituire prova idonea del credito dell’amministratore nei confronti del condominio per le somme anticipate nel corso del mandato.
E’ consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del Condominio si fonda sul contratto tipico di amministrazione che intercorre con i condomini, al quale, per quanto non disciplinato nell’art. 1129 c.c., si applicano le disposizioni di cui alla sezione I, capo IX, titolo III, libro V, del codice civile.
L’amministratore, secondo quanto disposto dall’art. 1720 c.c., deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini, quali mandanti, sono tenuti a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate (Cass. Sez. 2, 26/02/2019, n. 5611; Cass. Sez. 6 – 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7498).
E’, dunque, l’amministratore a dover fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute.
La deliberazione dell’assemblea di condominio, che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall’amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell’organo collegiale in relazione a poste passive specificamente indicate (Cassazione civile sez. II, 10/02/2023, n.4179; Cass. Sez. 2, 09/05/2011, n. 10153).
L’approvazione del rendiconto recante un disavanzo tra le somme spese e quelle incamerate dal condominio per effetto dei versamenti eseguiti dai condomini o per altra causa, non implica che, per via deduttiva, possa ritenersi riconosciuto il fatto che la differenza sia stata versata dall’amministratore utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l’importo corrispondente.
Come osservato da Cass. Sez. 2, 09/05/2011, n. 10153, il mero disavanzo di cassa non esclude che l’amministratore possa aver utilizzato provviste aliene di cui aveva soltanto la disponibilità, come ad esempio, da fondi derivanti da altra gestione.
Coerentemente a tale principio, è stato affermato che l’accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente, così come un pagamento parziale, a titolo di acconto di una maggiore somma, non costituiscono prove idonee del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le
rispettive poste contabili (Cass. Civ., Sez. II, 23.7.2020, n.15702; Cass. Civ. Sez. II, 25.2.2020, n.5062).
Il credito dell’amministratore di condominio per le anticipazioni delle spese da lui sostenute non può ritenersi provato in mancanza di una regolare contabilità che, sebbene non debba redigersi con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve, però, essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, così da rendere possibile l’approvazione da parte dell’assemblea condominiale del rendiconto consuntivo (Sez. 2 , Sentenza n. 3892 del 14/02/2017).
Non costituendo l’approvazione del rendiconto ricognizione del debito del condominio nei confronti dell’amministratore, era onere del predetto dare la prova dell’anticipazione di dette somme in favore del condominio.
La Corte d’appello, sulla base del materiale probatorio, con apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che difettasse la prova del credito dell’amministratore, sia per assenza di alcun verbale da cui risultasse che questi avesse anticipato le spese, sia per la carenza di allegazione dei documenti giustificativi delle spese sostenute, come quietanze, fatture o ricevute di pagamento.
Secondo la Corte d’appello, la documentazione allegata dal ricorrente era poco chiara e comprensibile e, pertanto, inidonea a provare che l’amministratore avesse anticipato con denaro proprio le somme richieste e risultanti dal disavanzo di cassa.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2 .000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 12 giugno 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME