Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8210 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8210 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29302-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avvocata NOME COGNOME per procura in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t. , rappresentato e difesa dall ‘ avvocata NOME COGNOME per procura in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso il DECRETO n. 2960/2022 del TRIBUNALE DI ROMA, depositato il 29/10/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 25/9/2024.
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME con ricorso depositato il 16.12.2019, oltre il termine di dodici mesi di cui al primo comma dell’art. 101 l. fall., d omandò l’ ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE del credito prededucibile (commisurato all ‘ ‘ ultima retribuzione globale di fatto ‘ da lui
ricevuta quale dipendente con funzione di dirigente della società fallita) d i €. 141.117,84, preteso in forza della sentenza del 22/3/2019, passata in giudicato il 10/6/2019, con la quale il Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro aveva accertato l ‘ illegittimità del licenziamento intimatogli dal curatore con missiva del 3/11/2017 e aveva, quindi, condannato il Fallimento al pagamento in suo favore dell ‘ indennità prevista dall ‘ art. 24, comma 1quinquies , della l. n. 223/1991, demandando al giudice delegato di determinarne l’ esatto ammontare.
1.2. Il giudice delegato dichiarò inammissibile la domanda, rilevando che il ritardo nella sua presentazione era privo di giustificazione, in quanto la sentenza che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento era stata emessa quando ancora sarebbe stato possibile per Patruno richiedere l’ammissione del credito entro l’anno dal 10 maggio 2018, data in cui era stato dichiarato esecutivo lo stato passivo, non essendovi necessità di attendere il passaggio in giudicato della pronuncia.
1.3. L’opposizione ex art. 98 l. fall . proposta da COGNOME contro il provvedimento del G.D. è stata respinta dal Tribunale di Roma con decreto del 29/10/2022.
1.4. Il tribunale ha ritenuto che il ritardo nella presentazione della domanda fosse imputabile all’opponente, il quale , nonostante la pendenza del giudizio dinanzi al giudice del lavoro, avrebbe potuto e dovuto attivarsi presentandola in via tempestiva o quantomeno tardiva. Il giudice del merito ha osservato, in particolare, che nel caso in cui la reintegra nel rapporto di lavoro o, in termini più ampi, la tutela della propria posizione all ‘ interno dell ‘ impresa non rappresenti la prerogativa fondamentale dal lavoratore, che in sede fallimentare persegue
solo un interesse strumentale di natura patrimoniale, non trova giustificazione la scelta del medesimo di subordinare la presentazione della domanda di insinuazione all ‘ accertamento del rapporto in sede giuslavoristica e, a maggior ragione, all ‘ attesa del passaggio in giudicato di detto accertamento , essendo egli tenuto ad insinuarsi anche con riserva nei tempi e nei modi scanditi dalla disciplina fallimentare: ha in conseguenza affermato che non poteva essere condivisa la scelta ‘ insolita ‘ di COGNOME di attendere il passaggio in giudicato della sentenza, emessa quasi due mesi prima dello spirare del termine annuale per chiedere l’ammissione del credito con riserva.
1.5. NOME COGNOME con ricorso notificato il 2/12/2022, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione del decreto.
1.6. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.7. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, che denuncia la ‘ violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all ‘ art. 2751 bis n. 1 e all ‘ art. 111 bis L.F. in riguardo alla collocazione e il pagamento dei crediti prededucibili determinati ex art. 24 comma 1 quinquies legge 223/1991 ‘ nonché l ‘ ‘omesso esame ex art. art. 360 n. 5 c.p.c. di un fatto decisivo per la controversia ‘, il ricorrente censura la statuizione di inammissibilità della domanda rilevando che il proprio credito, in quanto portato da sentenza passata in giudicato emessa nei diretti confronti del Fallimento a causa dell’illegittimo licenziamento intimatogli dal curatore, doveva ritenersi certo nell’ an e, quantomeno nella misura minima di dodici mensilità, anche nel quantum e, pertanto, non essendo suscettibile di alcuna contestazione, avrebbe dovuto essere pagato in
prededuzione senza necessità di essere previamente accertato ai sensi dell’ art. 111 bis comma 1 n. 1 l. fall..
2.2. Col secondo motivo il ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 4 e 24 della l. n. 223/1991 e dell ‘ art. 24 l.fall., lamenta che il tribunale abbia rigettato l ‘ opposizione in ragione dell ‘ intervenuta contestazione da parte del curatore dell ‘ ammontare del credito da lui azionato: ribadisce che il credito in questione era stato accertato dal giudice del lavoro con sentenza passata in giudicato e che, avendo natura prededucibile perché imputabile al licenziamento illegittimo intimatogli dallo stesso curatore, non era più suscettibile di essere in alcun modo contestato.
2.3. Con il terzo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 96, n. 3 l. fall ., il ricorrente contesta che, in attesa del passaggio in giudicato della sentenza del giudice del lavoro, fosse tenuto a richiedere l’ammissione con riserva del credito risarcitorio, in quanto l’art. 96 l. fall. regola le ammissioni con riserva dei crediti concorsuali.
2.4. Con il quarto motivo, che prospetta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 e 24 Cost., il ricorrente deduce che l ‘ insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare non è soggetta al termine di decadenza previsto dall ‘ art. 101, commi 1° e 4°, l.fall. ma incontra solo il limite temporale, da individuarsi, in coerenza e armonia con l ‘ intero sistema di insinuazione, nel termine di un anno, decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare.
2.5. Con il quinto motivo, che denuncia la violazione degli artt. 96 n. 3, 101 e 111 bis l. fall. e 2751 bis c.c., il ricorrente torna a ripetere che, contrariamente a quanto ritenuto dal
tribunale, il suo credito non rientrava fra quelli da ammettere con riserva allo stato passivo.
2.6. I motivi, da trattare congiuntamente, sono ammissibili, in quanto sufficientemente specifici e vertenti su questioni di diritto e non di fatto (e dunque certamente non volti a ottenere un riesame ‘del merito’ della decisione ) e sono anche fondati, nei termini che di seguito si precisano.
2.7. Questa Corte ha di recente chiarito che i crediti prededucibili – qual è quello in esame, sorto in ragione del licenziamento illegittimamente intimato dal curatore a Patruno nel corso dell’esercizio provvisorio – sfuggono alla distinzione cui fa riferimento l ‘ art. 101 l.fall., essendo, in realtà, assoggettati unicamente all ‘ art. 111bis l.fall., il quale richiama per essi, con alcune eccezioni, le ‘ modalità ‘ di accertamento di cui agli artt. 93 ss. l.fall. ma non ‘ i termini ‘ (cfr. Cass. n. 18760 del 2024).
2.8. La ragione è che, in effetti, non ha alcun senso discorrere di termini per l ‘ insinuazione, secondo il regime delle domande tempestive o tardive, ove sia incerta (per definizione) e possa essere finanche del tutto casuale (come nel caso dei crediti risarcitori da fatto illecito imputabile alla procedura) la collocazione temporale del fatto generatore della pretesa azionata.
2.9. In altri termini, i crediti prededucibili, sorti nel corso di una procedura concorsuale, sfuggono all ‘ indicata distinzione nel senso che, se del caso, devono essere accertati ‘ con le modalità di cui al capo V ‘ (e cioè secondo l’iter procedurale previsto dagli artt. 93 ss. l.fall.) ma senza che a tal fine possa rilevare il discrimine tra insinuazione tempestiva e insinuazione tardiva, che è concettualmente incompatibile con la ragione d ‘ insorgenza del credito.
2.10. Ciò non significa che i crediti in questione possano essere insinuati senza limiti di tempo, potendosi, in effetti, desumere dall’art. 101 l. fall., così come interpretato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11000 del 2022) la necessità di ‘bilanciamento’ e di ‘ponderazione di stampo valoriale’, da valutare caso per caso e non in termine fisso, tra l’esigenza di definizione in termini ragionevoli del procedimento di accertamento dei crediti e il diritto di azione e di difesa del creditore (così, in motivazione, Cass. n. 18760 del 2024 cit.).
2.11. Ai fini dell’ammissibilità della domanda di insinuazione di un credito prededucibile assoggettabile al procedimento di verifica, l’art. 101 l. fall. viene dunque in considerazione come norma di riferimento di un principio generale, attuativo della ragionevole durata del procedimento e declinabile in funzione del bilanciamento col diritto di azione e di difesa, alla cui stregua il ritardo (ove ritenuto sussistente secondo le circostanze del caso e secondo il prudente apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato) è colpevole (così, ancora, Cass. n. 18760/2024 cit.).
2.12. Il tribunale, all’evidenza, non si è attenuto a questi principi in quanto, affermando che COGNOME, prima ancora del passaggio in giudicato della sentenza che aveva riconosciuto il suo diritto all’indennità prevista dall’art. 24, comma 1 quinquies, della l. n. 223/1991, avrebbe dovuto chiedere l’ammissione del credito con riserva, ha valutato il ritardo del ricorrente nella presentazione della domanda senza tenere minimamente conto della natura prededucibile del credito da questi insinuato: il giudice del merito, in buona sostanza, non solo ha ritenuto estensibile ai crediti prededucibili una disposizione dettata per i crediti concorsuali (e sempre che la sentenza di primo grado, emessa nei confronti del fallito ancora in bonis, sia stata
impugnata e che sia pendente in appello un giudizio promosso o proseguito dal curatore) ma non ha in alcun modo considerato che il diritto all’indennità in questione presuppone, ai fini della sua stessa insorgenza, il passaggio in giudicato della sentenza, avente natura costitutiva, che dichiara l’illegittimità del licenziamento, sicché, in difetto di perfezionamento della fattispecie, il relativo credito non potrebbe mai essere equiparato a quelli condizionali di cui all’art. 55 comma 3 l. fall.
2.13. L’ errore in cui è incorso il tribunale nella verifica degli elementi, di fatto e di diritto, in base ai quali apprezzare la sussistenza del ritardo comporta, di per sé, la cassazione del decreto impugnato.
2.14. Va ancora osservato, sotto altro profilo, che il giudice a quo ha pure omesso di considerare che i crediti prededucibili sono assoggettati all ‘ accertamento giudiziale nelle forme del giudizio di verificazione del passivo, così come disciplinato dagli artt. 93 ss. l.fall., soltanto nel caso in cui, secondo quanto previsto dall ‘ art. 111 bis , comma 1°, l.fall., siano ‘ contestati ‘ dal curatore ‘ per collocazione e ammontare ‘ (oltre che, evidentemente, e prima ancora, per la loro stessa esistenza).
2.15. Nella specie il diritto di credito di Patruno era stato accertato con sentenza emessa nei diretti confronti del Fallimento, non appellata dalla procedura soccombente e coperta pertanto da giudicato.
2.16. Va escluso, dunque, che il curatore potesse opporre qualsivoglia eccezione o rilievo alla richiesta dell’ odierno ricorrente, avanzata il 12.7.2019, di ottenere direttamente dal G.D., senza alcuna necessità di presentare domanda di ammissione ai sensi degli artt. 93 e segg. l. fall., la liquidazione dell’indennità quantomeno nella misura minima, di dodici mensilità, prevista dall’art. 24 comma 1 quinquies, della l. n.
223/1991: invero, premesso che fra i crediti ‘non contestati’ dal curatore devono essere inclusi anche quelli non più contestabili perché definitivamente accertati in base a un titolo giudiziario opponibile alla procedura (perché altrimenti, equiparando ad una contestazione il rifiuto ingiustificato del curatore di ottemperare alla decisione, si darebbe spazio a un abuso) entro tale ammontare il credito doveva ritenersi esigibile e liquido, dato che il G.D. non avrebbe potuto determinarlo in un importo inferiore.
2.17. Il ricorrente sostiene di essere stato sostanzialmente ‘obbligato’ a depositare domanda di riconoscimento del credito (preteso questa volta nella misura massima stabilita dall’art . 24 cit.) dopo aver inutilmente atteso che gli organi del Fallimento dessero riscontro alla predetta richiesta.
2.18. Ne consegue che (fermo restando che, entro l’importo corrispondente a dodici mensilità, il credito di COGNOME rientra fra quelli prededucibili sorti nel corso del fallimento non contestati -o, per meglio dire, non contestabili- per collocazione e ammontare e dunque da non accertare con le modalità di cui al capo V della legge e da soddisfare, in caso di sufficienza dell’attivo, al di fuori del procedimento di riparto ) l’accertamento che il giudice del merito dovrà compiere in ordine alla sussistenza di un ritardo (necessariamente colpevole) del ricorrente nella presentazione della domanda di riconoscimento dell’indennità per la differenza, sino al suo ammontare massimo, non potrà prescindere dalla valutazione del l’opportunità per il ricorrente di attendere una risposta alla richiesta avanzata e della sussistenza di una condotta ostruzionistica e scorretta del curatore e dello stesso G.D.
Il ricorso, nei termini esposti, dev ‘ essere quindi accolto, e il decreto impugnato, per l ‘ effetto, cassato con rinvio,
per un nuovo esame, al Tribunale di Roma che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Roma in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima