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Crediti prededucibili: esclusi nel concordato in bianco

Una società fornitrice di servizi di marketing ha visto negarsi il riconoscimento dei propri crediti prededucibili nei confronti di un’azienda fallita. Quest’ultima aveva presentato una domanda di concordato ‘in bianco’ senza mai depositare un piano, per poi fallire. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in assenza di un piano e di un’autorizzazione del tribunale, i crediti sorti in questa fase non sono automaticamente prededucibili, in quanto gli atti gestionali non possono essere qualificati come di ‘ordinaria amministrazione’ e manca la necessaria sequenza tra le procedure concorsuali.

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Crediti Prededucibili nel Fallimento: La Lezione della Cassazione sul Concordato in Bianco

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale per chiunque intrattenga rapporti commerciali con imprese in crisi: la sorte dei crediti prededucibili. Ottenere questo status significa essere pagati prima degli altri creditori in caso di fallimento, una garanzia fondamentale. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con una decisione chiara e rigorosa, ha posto dei paletti precisi, soprattutto quando l’impresa debitrice ha tentato la via del cosiddetto ‘concordato in bianco’ senza successo. La pronuncia sottolinea i gravi rischi che corrono i fornitori che continuano a operare con un’azienda in questa fase delicata senza le dovute cautele.

I Fatti del Caso: Dai Servizi di Marketing al Fallimento

Una società specializzata in prodotti lattiero-caseari, trovandosi in difficoltà finanziarie, presentava una domanda di concordato preventivo ‘con riserva’, chiedendo al Tribunale tempo per elaborare un piano di salvataggio. Durante questo periodo, tra l’aprile e il dicembre 2014, una società di import-export continuava a fornirle servizi di marketing per promuovere i suoi prodotti sul mercato estero, maturando un credito di oltre 92.000 euro.

Tuttavia, la società debitrice non riuscì mai a presentare il piano promesso. Di conseguenza, il Tribunale ne dichiarò l’inammissibilità e, contestualmente, il fallimento. La società creditrice chiese allora che il suo credito fosse ammesso al passivo fallimentare in prededuzione, sostenendo che fosse sorto per atti funzionali alla continuità aziendale. Mentre il Tribunale di Napoli in sede di opposizione accoglieva questa tesi, il curatore fallimentare ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Distinzione tra Atti di Ordinaria e Straordinaria Amministrazione

Il Tribunale aveva basato la sua decisione su due argomenti principali:

1. Il credito derivava da atti di ‘ordinaria amministrazione’ compiuti legalmente dall’imprenditore dopo la domanda di concordato, e quindi doveva essere considerato automaticamente prededucibile.
2. In ogni caso, il credito era ‘funzionale’ agli interessi della massa dei creditori, poiché i servizi di marketing avevano permesso di mantenere l’attività produttiva e preservare il valore dell’azienda in vista della liquidazione.

Il curatore fallimentare ha contestato entrambi i punti, sostenendo che la prededucibilità non è mai automatica e richiede una valutazione concreta del vantaggio per la massa dei creditori, vantaggio che in questo caso non era stato dimostrato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sui crediti prededucibili

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del fallimento, smontando pezzo per pezzo la decisione del Tribunale. La motivazione dei giudici si fonda su principi cardine del diritto fallimentare, offrendo chiarimenti essenziali per operatori e imprese.

Il primo punto demolito è quello della prededuzione automatica. La Corte ha spiegato che in un ‘concordato in bianco’, dove manca un piano che delinei la strategia di risanamento, è impossibile distinguere con certezza tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. In un contesto di crisi, anche un atto astrattamente ‘ordinario’ come la stipula di un contratto di marketing può incidere negativamente sul patrimonio e pregiudicare le ragioni degli altri creditori. Pertanto, un simile atto va considerato di natura ‘straordinaria’ e, per generare crediti prededucibili, necessita della preventiva autorizzazione del Tribunale. In assenza di tale autorizzazione, il credito non può godere di alcun privilegio.

Anche la seconda argomentazione del Tribunale, basata sulla ‘funzionalità’ del credito, è stata respinta. La Cassazione l’ha definita una motivazione apparente e tautologica. Affermare che il mantenimento dell’attività aziendale giova ‘alla massa’ è un’affermazione troppo generica. La funzionalità deve essere provata in concreto, dimostrando come quella specifica spesa abbia arrecato un ‘beneficio effettivo’ in termini di accrescimento dell’attivo o di salvaguardia del suo valore per la liquidazione. Non basta la semplice prosecuzione dell’attività.

Infine, la Corte ha richiamato un principio fondamentale: la prededucibilità è strettamente legata alla cosiddetta ‘consecutio’ tra procedure. Se la domanda di concordato non sfocia nell’apertura formale della procedura, ma si conclude con una dichiarazione di fallimento, viene a mancare quella continuità procedurale che giustifica il trattamento privilegiato dei crediti sorti nel frattempo.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un monito importante per tutte le imprese che forniscono beni o servizi a società che hanno presentato domanda di concordato ‘in bianco’. Il rischio che il proprio credito venga relegato al rango di chirografario (e quindi, con basse probabilità di essere soddisfatto) è estremamente elevato se l’operazione non è stata preventivamente autorizzata dal Tribunale. La sentenza ribadisce che la tutela prioritaria è sempre quella della massa dei creditori nel suo complesso, e qualsiasi atto compiuto dal debitore in crisi deve essere valutato secondo questo rigido metro. Per i fornitori, la prudenza non è mai troppa: prima di proseguire i rapporti commerciali, è indispensabile verificare la presenza di un’autorizzazione giudiziale che possa garantire il carattere prededucibile del proprio credito.

Un credito sorto durante un ‘concordato in bianco’ è automaticamente prededucibile?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che, in assenza di un piano concordatario depositato, ogni atto che incide sul patrimonio dell’impresa deve essere considerato di straordinaria amministrazione. Per generare un credito prededucibile, tale atto necessita della preventiva autorizzazione del tribunale.

Perché il solo mantenimento dell’attività aziendale non è sufficiente a rendere un credito ‘funzionale’ e quindi prededucibile?
Perché la funzionalità deve essere dimostrata in concreto, provando un vantaggio effettivo per la massa dei creditori, come l’incremento dell’attivo o la conservazione del suo valore in vista della liquidazione. Una generica affermazione sulla prosecuzione dell’attività non è sufficiente per giustificare la prededuzione.

Cosa accade ai crediti se la domanda di concordato non porta all’apertura della procedura ma direttamente al fallimento?
Secondo la Corte, in questo caso manca la ‘consecutio’ (sequenza) tra le procedure. L’assenza di un’apertura formale della procedura di concordato impedisce il riconoscimento della prededucibilità dei crediti sorti nella fase preliminare, poiché viene meno il presupposto normativo per tale privilegio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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