Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14298 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14298 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28091/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE , che la rappresenta e difende
-controricorrente- avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 3323/2019 depositato il 18/7/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/3/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, con domanda tardiva presentata il 4/12/2015, chiedeva che fossero ammessi allo stato passivo di RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria (di seguito indicata semplicemente ‘Procedura’) i seguenti crediti: € 674 in chirografo, € 697.347,25, in prededuzione, ex artt. 20 e 51 d.lvo 270/1999, ed € 164.754,23, in prededuzione, in quanto credito maturato in costanza di procedura.
Le pretese creditorie si riferivano a prestazioni di forniture di energia elettrica erogate in regime di salvaguardia presso ‘il Pod’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sito in Roma, INDIRIZZO.
Il Giudice Delegato, per quanto di interesse in questa sede, ammetteva il credito di € 697.347,25, (riferito alle prestazioni rese in epoca anteriore all’apertura della procedura concorsuale), in via chirografaria, anziché in prededuzione come richiesto da RAGIONE_SOCIALE
Nulla statuiva riguardo al credito maturato dopo la dichiarazione di apertura dell’amministrazione straordinaria.
Il Tribunale di Roma, adito da RAGIONE_SOCIALE, rigettava l’opposizione con decreto del 18/7/2019.
3.1 Il Tribunale capitolino r ilevava che solo l’espressa volontà manifestata dal commissario straordinario di voler subentrare nel contratto ad esecuzione continuata o periodica attribuisce al contraente in bonis il diritto di essere soddisfatto in prededuzione anche per le prestazioni effettuate prima dell’apertura della procedura concorsuale, ragion per cui, poiché nel caso di specie non era intervenuta alcuna esplicita dichiarazione del commissario straordinario di subentro nel contratto concluso in precedenza dalle parti, il credito di € 697.347,25, riferito al periodo antecedente , andava ammesso in chirografo.
3.2 Con riferimento alla richiesta di ammissione allo stato passivo del credito per forniture successive all’accertamento dello stato di insolvenza, il Tribunale rilevava che l’importo indicato nell’atto di opposizione (€ 262.528,08) era diverso da quello richiesto con l’istanza di insinuazione tardiva (€ 164.754,23) e che la procedura aveva incontestabilmente proceduto, sulla base dell’attivo realizzato, a corrispondere all’opponente in data 31/5/2015 la somma di € 252.355,72 e , il 10/11/2016, l’importo di € 283.063,80 per il pagamento dei servizi resi dopo l’apertura dell’amministrazione straordinaria.
4. RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidato a due motivi, la Procedura ha svolto difese mediante controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo, presentato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 c.p.c., è così rubricato: «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in violazione dell’art. 115 (il peculiare regime di fornitura di energia elettrica in essere tra le parti, e la non disalimentabilità dell’utenza) , circostanza che, in ogni caso, integra violazione e/o falsa applicazione degli artt. e 51 d.lvo 270/1999 nonché degli artt. 74 e 111 l.fall., in relazione all’art. 3 Cost., all’art. 29 del T.I.V. ed agli artt. 1 e 23 del T.I.M.O.E.»: si sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare il peculiare regime di salvaguardia e disalimentabilità cui era sottoposta l’utenza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che di fatto precludeva al somministrante l’attivazione del procedimento di messa in mora dell’organo della procedura così da provocare la sua espressa manifestazione di subentro. Stante l’impossibilità da parte di RAGIONE_SOCIALE di interrompere unilateralmente la fornitura di energia elettrica, la scelta del commissario di non individuare altro
fornitore di energia elettrica sul libero mercato e di continuare a servirsi delle prestazioni di RAGIONE_SOCIALE non poteva che qualificarsi come una scelta di proseguire nel rapporto con la stessa RAGIONE_SOCIALE.
2. Il motivo è infondato.
Giova, infatti, ricordare che l’art. 50 d.lgs. n. 270 del 1999 dispone che «1. Salvo quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario può sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell’amministrazione straordinaria. 2. Fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione. 3. Dopo che è stata autorizzata l’esecuzione del programma, l’altro contraente può intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell’intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto. 4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano: a) ai contratti di lavoro subordinato, in rapporto ai quali restano ferme le disposizioni vigenti; b) se sottoposto ad amministrazione straordinaria è il locatore, ai contratti di locazione di immobili, nei quali il commissario straordinario subentra, salvo patto contrario ».
L ‘ art. 1-bis l. 27 ottobre 2008, n. 166, (di conversione, con modificazioni, del d.l. 28 agosto 2008, n. 134), ha sancito che « La disposizione di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 50, comma 2 va interpretata nel senso che l’esecuzione del contratto, o la richiesta di esecuzione del contratto da parte del commissario straordinario, non fanno venir meno la facoltà di scioglimento dai contratti di cui al medesimo articolo, che rimane impregiudicata, né comportano, fino all’espressa dichiarazione di subentro del commissario straordinario, l’attribuzione all’altro contraente dei
diritti previsti in caso di subentro del commissario straordinario dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 51, commi 1 e 2 ».
2.1 E’ stata così affermata la regola per cui il contratto ineseguito o parzialmente eseguito prosegue ope legis e continua ad avere esecuzione sia dopo la dichiarazione d’insolvenza, sia a seguito dell’apertura dell’amministrazione straordinaria; al commissario viene attribuito il potere di sciogliersi in ogni momento dal contratto, ma, finché una simile facoltà non viene esercitata, quest’ultimo continua ad avere esecuzione: un subingresso della procedura nel contratto può configurarsi, pertanto, solamente in presenza di un ‘ espressa manifestazione resa dall’organo della procedura.
Risulta di tutta evidenza come una simile disciplina si diversifichi in maniera sensibile da quella fallimentare attualmente in vigore, che prevede la sospensione ex lege del rapporto finché il curatore non decida di subentravi o di sciogliersene.
Le ragioni di tale diversità di trattamento risiedono nella difforme natura del fallimento e dell’amministrazione straordinaria: strettamente liquidatoria e satisfattiva, nel primo caso; recuperatoria e comunque conservativa nel secondo, da attuarsi attraverso la continuazione dell’attività d’impresa sub specie di prosecuzione finalizzata alla cessione (art. 27, comma 2, lett. a) e/o di ristrutturazione volta al risanamento (art. 27, comma 2, lett. b).
2.2 La giurisprudenza di questa Suprema Corte è ferma nel ritenere che la prosecuzione di una precedente somministrazione dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza deve essere accompagnata da un’espressa dichiarazione di subentro da parte del commissario (Cfr. Cass. 3193/2016, 1195/2018, 19146/2022 e 23889/2023), la sola che consente il pagamento in prededuzione dei crediti per i corrispettivi delle prestazioni eseguite prima dell’apertura della procedura; quelli invece maturati successivamente, vanno pagati in
prededuzione ai sensi del l’art. 52 d.lgs. n. 270 del 1999, a tenore del quale « i crediti sorti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono soddisfatti in prededuzione a norma della L.Fall., art. 111, comma 1, n. 1) anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria ».
2.3 Nella fattispecie in esame il Tribunale ha accertato – e la circostanza non è stata oggetto di contestazione dalla ricorrente che il subentro nel contratto di fornitura di energia elettrica non è stato esplicitamente manifestato dal commissario, il quale non è stato mai messo in mora dalla fornitrice con specifici atti.
2.4 Tale sistema di graduazione dei crediti non può subire deroghe in presenza di contratti di servizi in regime di salvaguardia ed in relazione ad un ‘ utenza non disalimentabile al cospetto di comportamenti del commissario ritenuti elusivi del diritto del somministrante ad ottenere il riconoscimento della prededuzione anche per i crediti maturati anteriormente all’apertura della procedura concorsuale.
2.5 Al riguardo meritano di essere riportate le considerazioni contenute nella sentenza di questa Corte nr. 23889/2023, condivise da questo collegio e riferite a una fattispecie sovrapponibile a quella oggetto del presente ricorso: « Assume la menzionata società (cfr. amplius, pag. 23 del ricorso) che, in fattispecie riguardanti utenze non disalimentabili intestate a soggetto poi sottoposto ad amministrazione straordinaria, il commissario, qualora voglia sciogliersi dal rapporto, non può limitarsi a rimanere inerte, ma deve porre in essere l’atto richiesto dalla legge per liberare l’altra parte contraente (nel caso di specie, scegliere un altro fornitore sul libero mercato)…….. Ora, – come pure rimarcato, affatto condivisibilmente, dal sostituto procuratore generale – “per quanto sia naturalmente vero che il commissario è responsabile di quanto fa in tale veste, non risulta peraltro che il
sistema vigente abbia caricato il comportamento del commissario dai contratti di fornitura pendente di un simile, peculiare onere. Né, tanto meno, risulta assegnare al contraente in bonis una posizione di tutela negoziale rispetto all’onere così preteso. Nessuna norma del sistema vigente, invero, viene a secondare una simile lettura. Né essa può essere desunta dal particolare regime del settore energia…..Neppure può opinarsi, infine, che l’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di continuare l’erogazione di energia elettrica, determinato prosecuzione meramente fattuale di rapporti già scioltisi e dalla comunicazione dei commissari sull’inclusione di tutte le forniture nell’elenco dei POD non disalimentabili, comporti la violazione del canone di buona fede oggettiva da parte degli organi della procedura… Una siffatta conclusione, invero, trascura, in realtà, il peso e valore necessariamente da attribuirsi ad una componente essenziale della fattispecie concretamente in esame: vale a dire, come sottolineato pure dal sostituto procuratore generale, “che l’obbligo predetto non si è tramutato nell’obbligo di esporsi ad erogazioni destinate a rimanere senza corrispettivo. La posizione del contraente in bonis obbligato a proseguire le forniture risulta, in effetti, adeguatamente tutelata, dalla prededuzione, che assiste tutte le prestazioni compiute nel corso della procedura, sia antecedentemente che successivamente a tale comunicazione. Perché entrambe assistite dalla copertura del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20. Quelle precedenti al decorso del termine collegato all’interpello previsto dall’art. 50, comma 3, perché, continuando il rapporto anche dopo l’apertura della procedura, gli effetti dello scioglimento del contratto non possono riverberarsi, per il principio ricavabile dagli artt. 1378, 1373 e 1460 c.c., sulle prestazioni già eseguite di un contratto ad esecuzione periodica o continuata. Mentre, per quelle successive, la comunicazione dei commissari integrava il requisito della funzionalità all’esercizio dell’impresa del servizio, in quanto essenziale per la conservazione dell’integrità
aziendale.. Riconoscere, invece, nella specie, al contraente in bonis la prededuzione anche per le prestazioni anteriori all’avvio della procedura, malgrado il sopravvenuto scioglimento dei relativi contratti, determinerebbe chiaramente un vulnus grave al principio della par condicio creditorum, nemmeno giustificabile, peraltro, con la peculiarità propria del regime delle utenze non disalimentabili ».
Il secondo motivo denuncia «la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per omessa valutazione (e comunque omessa pronuncia) in relazione a fatti decisivi non contestati da controparte, con particolare riferimento ai crediti maturati da RAGIONE_SOCIALE per prestazioni eseguite dopo l’apertura della procedura di a.s.»: il Tribunale non ha considerato che l’importo di € 283.063,80 pagato alla ricorrente dalla procedura il 10/11/2016 era stato imputato a fatture diverse ed anteriori rispetto da quelle fatte valere nell’insinuazione al passivo , sicché il credito residuo vantato dalla società nei confronti della procedura era di € 96.152,85 dall’apertura della procedura sino alla data dell’insinuazione e di € 231.820 dalla data di apertura della procedura sino al 12/5/2016.
Questi conteggi erano stati esposti nelle note autorizzate dell’opponente senza che la procedura opposta l i avesse contestati, con la conseguente prova del fatto ai sensi dell’art . 115 c.p.c.
Il motivo è inammissibile, in primo luogo in quanto privo di specificità.
4.1 Infatti, i l Tribunale, in accoglimento dell’eccezione in adempimento, ha affermato, sulla scorta dei bonifici esaminati, che la procedura aveva corrisposto alla ricorrente somme superiori al credito insinuato.
A fronte di tale accertamento circa l’estinzione del debito per pagamento, la ricorrente eccepisce una diversa imputazione del pagamento di € 283.063,80 richiamando bonifici, fatture ed estratti, senza tuttavia specificare date, singoli importi e precisi
riferimenti temporali e causali, rendendo impossibile ogni verifica sulla fondatezza del proprio assunto.
4.2 Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti cfr. Cass. 6172/2020).
4.3 Il motivo è inammissibile anche per mancanza di decisività.
4.4 La ricorrente sostiene di aver precisato nel corso del giudizio che il credito maturato sino al deposito della domanda di insinuazione al passivo e ancora insoluto ammontava in realtà alla minor somma € 96.152 e che il pagamento di € 283.063,80 effettuato in favore della ricorrente dalla Procedura il 10/11/2016 era stato imputato ad altre fatture.
4.5 Ora, anche a voler superare la ragione di inammissibilità di cui sopra si è dato conto, resta il fatto che Tribunale ha accertato che la Procedura aveva pagato anche l’ulteriore importo € 252.355 alla data del 31 maggio 2015 per prestazioni eseguite dopo l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, come risultava dalle copie dei bonifici depositati in atti.
4.6 Si tratta di un accertamento in fatto che la ricorrente ha avversato sostenendo, anche in questo caso in maniera aspecifica, che vi sarebbe stato un evidente e marchiano errore, perché l’indicazione della somma di € 252.355 doveva intendersi come un ‘di cui’ rispetto alla somma complessiva d i € 283.063.
Non sono, tuttavia, rivedibili in questa sede gli accertamenti in fatto compiuti dal giudice di merito, poiché il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011).
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese presente giudizio che liquida in € 10.000, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 14 marzo