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Crediti formativi architetto: sanzione automatica

La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione di 36 giorni di sospensione per un architetto che non aveva acquisito i crediti formativi obbligatori. La sentenza stabilisce che la sanzione per i mancati crediti formativi architetto è automatica e non discrezionale, respingendo tutti i motivi di ricorso del professionista, inclusi quelli relativi a presunti vizi procedurali e al mancato riconoscimento di attività formative alternative non adeguatamente documentate.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Crediti formativi architetto: la Cassazione conferma la sanzione automatica

L’aggiornamento professionale continuo è un pilastro fondamentale per tutte le professioni regolamentate. In questo contesto, l’obbligo di acquisire i crediti formativi architetto non è una mera formalità, ma un dovere deontologico la cui violazione comporta conseguenze dirette e severe. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, confermando la legittimità di una sanzione di sospensione automatica nei confronti di un professionista inadempiente e chiarendo importanti aspetti procedurali.

I Fatti del Caso

Un architetto si è visto infliggere una sanzione disciplinare dal Collegio di disciplina del suo Ordine territoriale: la sospensione dall’esercizio della professione per 36 giorni. La motivazione era chiara e diretta: il mancato conseguimento di 36 crediti formativi minimi obbligatori nel triennio di riferimento 2014-2016.

Il professionista ha impugnato la decisione davanti al Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, sollevando diverse eccezioni. Tuttavia, il Consiglio Nazionale ha respinto l’appello, ritenendo infondate le censure relative a presunti vizi di incompetenza del Collegio, difetti di istruttoria e motivazione. A questo punto, l’architetto ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione, articolando il suo ricorso in sei distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Disciplina dei Crediti Formativi Architetto

Il ricorrente ha basato la sua difesa su una serie di argomentazioni, tra cui:
1. Incompetenza del Collegio disciplinare, sostenendo che la decisione avrebbe dovuto essere presa da un organo diverso.
2. Difetto di istruttoria e motivazione, lamentando che non era stata considerata la documentazione relativa alla sua partecipazione a eventi, mostre e viaggi di studio che, a suo dire, avrebbero dovuto contribuire al raggiungimento dei crediti.
3. Omessa pronuncia sulla determinazione della sanzione.
4. Vizi procedurali nella formazione e assegnazione dei casi ai Collegi disciplinari.
5. Mancata dichiarazione di assenza di incompatibilità da parte dei membri del Collegio.

Il cuore di molte di queste censure ruotava attorno all’idea che l’Ordine non avesse adeguatamente valutato le sue attività alternative. Tuttavia, come vedremo, la Corte ha adottato una posizione molto rigorosa su questo punto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso in toto, giudicando tutti i motivi inammissibili o infondati. La decisione si fonda su alcuni principi cardine che rafforzano l’importanza dell’obbligo formativo.

L’Automatismo della Sanzione

La Corte ha evidenziato come il codice deontologico preveda un meccanismo automatico per la sanzione: per ogni credito formativo mancante, corrisponde un giorno di sospensione. Questo automatismo, lungi dall’essere un difetto, garantisce un trattamento uniforme e paritario per tutti gli iscritti, eliminando la discrezionalità nella determinazione della pena. La sanzione non è il risultato di una valutazione discrezionale, ma una diretta conseguenza matematica dell’inadempimento.

L’Onere della Prova per Attività Formative Alternative

In merito alla presunta mancata valutazione di attività formative alternative, i giudici hanno dichiarato il motivo inammissibile per difetto di specificità. Il professionista si era limitato a menzionare genericamente la partecipazione a “eventi, mostre e vista di monumenti”, senza specificare quali attività avessero i requisiti di idoneità previsti dalla normativa (d.P.R. 137/2012) per l’attribuzione di crediti. Spetta al professionista, e non all’Ordine, l’onere di dimostrare in modo puntuale che le attività svolte rientrano tra quelle autorizzate e valide ai fini del conseguimento dei CFP.

Inapplicabilità delle Norme sul Procedimento Amministrativo

Un altro punto cruciale chiarito dalla Corte è che le norme generali sul procedimento amministrativo (Legge 241/1990) e sull’incompatibilità negli incarichi pubblici (D.Lgs. 39/2013) non si applicano ai procedimenti disciplinari degli architetti. Questi ultimi sono regolati da una normativa specifica e più risalente (Legge 1395/1923), che prevale su quella generale. Di conseguenza, le censure basate sulla violazione di tali norme sono state ritenute inconferenti.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la natura speciale del procedimento disciplinare professionale. L’automatismo della sanzione, previsto dal codice deontologico, è finalizzato a garantire equità e certezza, evitando disparità di trattamento. La previsione di un giorno di sospensione per ogni credito mancante è una misura chiara e predeterminata. Per quanto riguarda le censure procedurali, la Cassazione ha ribadito che spetta alla parte che eccepisce un vizio, come l’illegittima composizione di un organo giudicante, fornire una prova specifica e diretta di tale illegittimità. Un’affermazione generica non è sufficiente per invalidare il procedimento. Infine, il rigetto della richiesta di “sanatoria” è stato confermato, in quanto il Consiglio Nazionale non ha la competenza per provvedere in tal senso, essendo la materia regolata da norme imperative sull’obbligo formativo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti i professionisti iscritti a un albo. L’obbligo di aggiornamento non è negoziabile e il mancato rispetto delle regole comporta sanzioni automatiche e severe. La decisione chiarisce che l’onere di documentare e dimostrare la validità delle attività formative ricade interamente sul professionista. Non è possibile invocare genericamente la propria esperienza o la partecipazione a eventi culturali per sopperire alla mancanza dei crediti richiesti, se tali attività non sono state preventivamente riconosciute e certificate secondo le procedure stabilite dall’Ordine. La sentenza rafforza, in definitiva, il principio secondo cui la competenza e la professionalità si mantengono attraverso un impegno costante e documentato.

La sanzione per i crediti formativi non acquisiti è automatica?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il codice deontologico prevede una sanzione predeterminata e automatica, pari a un giorno di sospensione per ogni credito formativo mancante, al fine di assicurare un trattamento uniforme a tutti gli iscritti.

Possono essere considerate valide attività professionali alternative per l’acquisizione di crediti?
In linea di principio sì, ma la normativa (d.P.R. 137/2012) stabilisce quali attività sono idonee. Secondo la Corte, è onere del professionista specificare e documentare puntualmente quali attività svolte posseggano i requisiti per l’attribuzione di crediti. Una rivendicazione generica non è sufficiente.

Le regole generali sul procedimento amministrativo (Legge 241/1990) si applicano ai procedimenti disciplinari degli architetti?
No. La Corte ha chiarito che il procedimento disciplinare a carico degli architetti è regolato da una normativa speciale e più antica (Legge 1395/1923), pertanto le disposizioni della Legge 241/1990 non sono applicabili e la loro presunta violazione non può essere causa di invalidità della decisione disciplinare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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