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Cram down fiscale: omologa anche con voto contrario

La Corte di Cassazione ha stabilito che un concordato preventivo può essere omologato dal tribunale anche in presenza del voto contrario dell’Amministrazione Finanziaria. La decisione si basa sul principio del cram down fiscale, che richiede al giudice di valutare unicamente se la proposta concordataria sia più conveniente per i creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare, senza estendere il sindacato alla fattibilità economica del piano. Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che sosteneva l’applicabilità della norma solo in caso di inerzia e non di dissenso espresso, è stato rigettato.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cram Down Fiscale: Omologa Possibile Anche con Voto Contrario del Fisco

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha consolidato un principio fondamentale per le imprese in crisi: il tribunale può approvare un piano di concordato preventivo anche quando l’Amministrazione Finanziaria esprime un voto contrario. Questa decisione rafforza l’istituto del cram down fiscale, uno strumento cruciale per favorire la continuità aziendale, subordinando la volontà del Fisco a una valutazione di pura convenienza economica rispetto allo scenario fallimentare.

Il Fatto: Un Concordato Contestato dall’Amministrazione Finanziaria

Una società in liquidazione aveva proposto un piano di concordato preventivo per risolvere la propria crisi. Il piano, tuttavia, riceveva il voto contrario dell’Agenzia delle Entrate. Nonostante il dissenso, sia il Tribunale che la Corte d’Appello omologavano il concordato. I giudici di merito ritenevano che la proposta, che offriva al Fisco una percentuale di soddisfacimento (stimata al 40% per i crediti privilegiati), fosse comunque più vantaggiosa rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare, dalla quale l’erario avrebbe recuperato solo una minima parte (l’8%) delle somme dovute. Insoddisfatta, l’Amministrazione Finanziaria presentava ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica e le Argomentazioni sul Cram Down Fiscale

Il cuore della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 180 della Legge Fallimentare, nella versione applicabile al caso. L’Agenzia delle Entrate sosteneva una lettura restrittiva della norma, secondo cui il potere del tribunale di omologare il concordato nonostante il mancato assenso del Fisco (il cosiddetto cram down fiscale) potesse operare solo in caso di inerzia o astensione dal voto, ma non di fronte a un dissenso esplicito. Inoltre, l’Agenzia riteneva che il giudizio di convenienza del tribunale dovesse estendersi anche alla fattibilità economica complessiva del piano, e non limitarsi al mero confronto matematico tra la proposta e l’alternativa liquidatoria.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’interpretazione chiara ed evolutiva della normativa. I giudici hanno evidenziato come l’evoluzione legislativa, inclusa quella più recente del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), mostri la chiara volontà del legislatore di consentire l’omologazione forzosa in tutti i casi in cui manchi l’adesione dell’amministrazione finanziaria, includendo quindi sia l’inerzia sia il voto contrario. Il termine ‘mancanza di adesione’ è stato interpretato in senso ampio, come assenza di un consenso, a prescindere dal motivo. Di conseguenza, il cram down fiscale è applicabile anche quando il Fisco si oppone attivamente. La Corte ha inoltre precisato che il sindacato del giudice in questa sede è limitato alla valutazione della convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria. Non spetta al tribunale, in sede di omologa forzosa, riesaminare la fattibilità economica del piano, un aspetto già valutato in altre fasi della procedura.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Rafforza la posizione delle imprese che cercano di superare la crisi attraverso strumenti di risanamento, impedendo che il dissenso del Fisco, creditore spesso determinante per il raggiungimento delle maggioranze, possa bloccare un piano altrimenti valido e vantaggioso per l’intero ceto creditorio. La decisione conferma che il criterio guida per il tribunale deve essere la tutela del patrimonio e la massimizzazione del recupero per i creditori nel loro complesso. L’approvazione del concordato, anche contro la volontà dell’erario, diventa possibile a patto di dimostrare, dati alla mano, che tale soluzione è economicamente preferibile al fallimento.

Un tribunale può approvare un concordato preventivo se l’Agenzia delle Entrate vota contro?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, tramite il meccanismo del cram down fiscale, il tribunale può omologare il concordato anche in caso di voto contrario dell’Amministrazione Finanziaria, non solo in caso di sua astensione.

Qual è il criterio che il giudice deve seguire per applicare il cram down fiscale?
Il giudice deve valutare se la proposta di soddisfacimento per il Fisco contenuta nel piano di concordato sia più conveniente rispetto a quanto l’erario otterrebbe concretamente in caso di fallimento e liquidazione dei beni dell’impresa.

Nel decidere sull’omologa in cram down, il tribunale deve valutare anche la fattibilità economica del piano?
No. Secondo l’ordinanza, il sindacato del tribunale in questa fase è limitato al confronto di convenienza tra la proposta concordataria e l’alternativa liquidatoria, e non si estende a una nuova valutazione sulla fattibilità economica generale del piano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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