Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24628 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24628 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27206/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME -domicilio digitale alla PEC EMAIL-ricorrente- contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME domicilio digitale alle PEC: EMAIL e EMAIL–
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 984/2020 depositata il 23/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nell’ambito di una controversia di oggetto più ampio in essere tra gli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME, da una parte, e NOME COGNOME e NOME COGNOME, dall’altra, il Tribunale di Bergamo prima e, in sede di impugnazione, la Corte d’Appello di Brescia, avevano ritenuto (tra l’altro) legittimo, per intervenuta usucapione, il mantenimento a distanza inferiore a quella legale di una scala in muratura sulla proprietà dei convenuti COGNOME/COGNOME, sull’assunto che sostituisse una precedente scala nella stessa collocazione da oltre un ventennio. La Corte d’Appello aveva quindi confermato il rigetto della relativa domanda di riduzione in pristino.
Proposto ricorso per cassazione da parte degli attori COGNOME e COGNOME, questa Corte di legittimità, con ordinanza n. 10170/2018, accogliendo il quarto motivo aveva cassato con rinvio solo in relazione alla doglianza relativa alla costruzione della scala, osservando che la precedente scala era in ferro, mentre la nuova era in muratura e che il Giudice di merito aveva omesso di svolgere una specifica indagine volta a verificare l’identità di dimensioni e volumetria tra i due manufatti e la rilevanza, ai fini della continuità o discontinuità tra gli stessi, della diversità del materiale di costruzione sotto il profilo della diversa qualità dell’intercapedine presente con la scala di ferro e poi con quella in muratura.
Decidendo in sede di rinvio, la Corte d’Appello di Brescia , cona la sentenza n. 984/2020, aveva confermato il rigetto della domanda di rimozione della ‘ nuova ‘ scala in base alle seguenti considerazioni:
-non sussiste identità di dimensioni e volumetria della scala in muratura rispetto alla precedente scala in ferro e la diversità di materiale costituisce di per sé discontinuità tra i due manufatti;
-dall’esame delle fotografie prodotte da entrambe le parti emerge come i due manufatti siano del tutto diversi e come non sia possibile di conseguenza affermare l’intervenut o acquisto per usucapione del diritto a mantenere la nuova scala a distanza inferiore a quella legale;
-‘ va tuttavia confermato quanto osservato in merito all’insussistenza di tale violazione alla luce della misura della cd intercapedine che è venuta così a crearsi e come visibile nelle foto ‘, tenuto conto della possibilità di costruire in aderenza riconosciuta dall’art. 877 e considerato altresì il disposto dell’art.873
-non costituisce intercapedine, per giurisprudenza costante, il distacco derivante da mere anomalie edificatorie e agevolmente colmabile senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente e, anche se l’intercapedine fosse effettivamente di tre centimetri, come rilevato dagli attori in riassunzione, si tratterebbe comunque di misura inferiore a quanto la giurisprudenza ha comunemente ritenuto compatibile con il concetto di aderenza ex art.877 c.c. (l’intercapedine sarebbe di due/tre centimetri per l’altezza di un solo metro, via via diminuente fino al suolo);
-‘ la modestia dell’intercapedine consente quindi l’applicazione di quest’ultima disposizione e il conseguente rigetto dell’appello anche su tale punto, non essendo invocabile l’art.873 c.c. e neppure le normative amministrative locali avendo il CTU accertato come, al momento della costruzione, né il piano regolatore generale né le relative norme d’attuazione prevedessero alcuna limitazione in tal senso (con riferimento alle scale cd aperte) ‘;
-quanto alla richiesta risarcitoria pure riproposta, va accolta l’eccezione di inammissibilità per intervenuto giudicato interno: la domanda, proposta in primo grado, era stata respinta dal Tribunale senza proposizione di appello sul punto.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il solo NOME COGNOME affidandolo a tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato controricorso e, infine, memoria illustrativa delle difese già svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Preliminarmente, va osservato che NOME COGNOME – attrice e appellante nei giudizi di merito (oltre che ricorrente nel precedente giudizio di legittimità) insieme al coniuge NOME COGNOME – non ha proposto il ricorso per cassazione, di cui però deve ritenersi evidentemente a conoscenza essendo stata difesa in sede di rinvio dallo stesso avvocato NOME COGNOME difensore dell’odierno ricorrente NOME COGNOME. Ciò esclude in radice qualunque irregolarità sulla instaurazione del contraddittorio.
Ciò premesso e passando all’esame dei motivi, col primo di essi il COGNOME lamenta la ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art.877 c.c. in relazione all’art.873 c.c. anche in relazione all’art.9 DM n.1444/1968’ .
La Corte -a suo dire – introducendo argomenti nuovi, mai svolti, avrebbe mal valutato l’entità dell’intercapedine, che non parrebbe di entità insignificante e che non apparirebbe attribuibile ad un errore costruttivo ma da una vera e propria scelta costruttiva, perché si manterrebbe costante per tutto lo sviluppo del manufatto. Neppure sarebbe stata indagata l’incidenza del tipo di materiale di cui è costituito il manufatto. Sarebbe stato opportuno, secondo il ricorrente, l’espletamento di una CTU, anche in considerazione del fatto che le controparti non avrebbero nemmeno mai offerto di colmare opportunamente l’intercapedine.
Il motivo è fondato.
A fondamento della decisione la Corte di merito ha rilevato, in fatto, l’esistenza di un distacco tra la scala e la proprietà COGNOME/COGNOME ma ha ritenuto, in diritto, che, anche se si estendesse fino a tre centimetri per l’altezza di un metro, come prospettato dai ricorrenti, detto distacco renderebbe praticabile l’applicazione dell’art.877 c.c.: anche seguendo la tesi di COGNOME/COGNOME si tratterebbe cioè, secondo la Corte di rinvio, di un distacco di misura tale da permettere il ricorso all’interpretazione giurisprudenziale di legittimità che applica il concetto di aderenza anche quando il distacco tra costruzioni, per la sua modestia, derivi da anomalia edificatoria, agevolmente colmabile senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente.
Osserva il Collegio che secondo un orientamento interpretativo di legittimità già espresso da Cass. n.12054/1990 e ribadito successivamente, la costruzione in aderenza al muro posto sul confine, ai sensi dell’art. 877 cod. civ., deve essere ravvisata anche in presenza di modeste intercapedini, ove queste derivino da mere anomalie edificatorie e siano, altresì, agevolmente colmabili senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ravvisato l’aderenza tra i due fabbricati, sigillati sul fronte e distaccati da tre a dodici centimetri su altri lati): così Cass. n. 3601/2012; di recente lo stesso principio è stato affermato da Cass. n. 26042/2024 .
Tuttavia, la Corte di rinvio, pur avendo correttamente richiamato il principio ripetutamente espresso dalla giurisprudenza di legittimità per riconoscere come eseguita in aderenza una costruzione, anche quando essa si discosti in minima misura da quella preesistente, non ne ha fatto corretta applicazione alla
fattispecie sottopostale: manca infatti nel caso in esame una doverosa verifica, in concreto, sull’autonomia strutturale e statica tra le due fabbriche e sulla possibilità di eliminazione totale dell’intercapedine attraverso idonee opere di riempimento, tali da ripristinare la perfetta aderenza tra la scala di proprietà dei controricorrenti e il muro di proprietà dei ricorrenti, opere che debbono essere non solo possibili ma effettivamente realizzate.
Ne consegue che l’art.877 c.c. è stato mal applicato perché, non essendo stato verificato se la scala sia autonoma sotto il profilo strutturale e statico e, in ipotesi affermativa, se e come la divaricazione tra i manufatti rilevata sia eliminabile completamente -ed effettivamente eliminatain modo da escluderne la qualificazione come intercapedine, non ne sono stati vagliati i presupposti di operatività nel caso concreto.
Sussiste pertanto la violazione dell’art.877 c.c. che giustifica la cassazione della pronuncia perché si ponga rimedio alla violazione riscontrata.
Con il secondo motivo di doglianza il ricorrente lamenta la ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art.2043 c.c. e dell’art.1226 c.c. in relazione all’art.873 c.c.’
La Corte -si assume – avrebbe errato nel ritenere inammissibile la domanda di risarcimento del danno pure formulata, non considerando che in materia di violazione delle norme sulle distanze legali tra costruzione il danno sarebbe da ritenere in re ipsa .
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della pronuncia del Giudice di rinvio al riguardo (sull’esito del motivo che non coglie la ratio, cfr tra le varie, cass. n. 19989/2017).
La Corte di rinvio ha infatti ritenuto non più valutabile la domanda risarcitoria per intervenuta formazione del giudicato interno sul suo rigetto. La Corte di rinvio ha rilevato infatti (v. pag. 9 della sentenza impugnata) che la pronuncia sfavorevole del Tribunale di Bergamo -che aveva espressamente rigettato la domanda escludendo che ‘ i danni per infiltrazioni rilevati nel bagno a piano terra degli attori (oggi appellanti) fossero riconducibili alla presenza della scala ‘ (così la sentenza di rinvio, a pag.9) – non era stata oggetto di appello da COGNOME/COGNOME che si erano limitati a chiedere la riforma della sentenza di primo grado sulle statuizioni riguardanti (per quanto qui interessa) la rimozione della scala.
Questa ratio decisiva non risulta censurata: gli argomenti dei ricorrenti volti a sostenere la riconoscibilità di un danno in re ipsa in caso di violazione delle distanze legali tra costruzioni sono completamente eccentrici rispetto al decisum di rinvio.
Con il terzo motivo di ricorso COGNOME si duole della ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art.91 c.p.c.’
Il ricorrente critica la decisione della Corte di merito, in sede di rinvio, relativa alla attribuzione delle spese processuali dei diversi gradi di giudizio, di merito e di legittimità: in particolare, non sarebbe stato tenuto in considerazione il fatto che nel ricorso per cassazione conclusosi con la pronuncia rescindente che aveva rimesso al Giudice di rinvio le valutazioni sulla scala i ricorrenti non erano stati soccombenti
Il motivo è logicamente assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso, dovendosene occupare il giudice di merito all’esito dell’espletando giudizio di rinvio.
In conclusione, deve essere respinto il secondo motivo di ricorso, accolto il primo e assorbito il terzo.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia nei limiti sopra individuati applicando il principio di diritto (già enucleabile dalle pronunce di legittimità sopra richiamate) previa verifica in concreto della autonomia strutturale e statica tra loe due fabbriche e sulla idoneità delle opere di riempimento ad eliminare la modesta intercapedine e rendere perfetta l’aderenza (v. in particolare cass. n. 12054/1990 e Cass. n. 26042/2024).
Il Giudice del rinvio (che si individua sempre nella Corte bresciana, ma in diversa composizione) provvederà anche alla regolamentazione delle spese relative a questo giudizio di legittimità.
PQM
La Corte respinge il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20.3.2025.