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Costituto possessorio: vendita e possesso dell’immobile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8315/2025, ha rigettato il ricorso per usucapione di un immobile venduto decenni prima, ma nel quale la famiglia del venditore aveva continuato a risiedere. La Corte ha chiarito che, con la vendita, si realizza un ‘costituto possessorio’: il possesso passa all’acquirente, mentre il venditore che rimane nell’immobile ne diventa un semplice detentore. La presenza di una clausola di riscatto e gli interventi di manutenzione effettuati dall’acquirente hanno ulteriormente confermato la sua qualità di possessore, rendendo impossibile l’acquisto per usucapione da parte degli occupanti.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Costituto Possessorio: Quando la Vendita Esclude l’Usucapione

L’acquisto di una casa è un passo fondamentale, ma cosa succede se il venditore continua a vivere nell’immobile dopo la vendita? Questa situazione può generare complesse questioni legali, specialmente riguardo all’usucapione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un istituto cruciale in questi casi: il costituto possessorio. Questo principio stabilisce che, con la vendita, il possesso si trasferisce immediatamente all’acquirente, anche se il venditore rimane fisicamente nell’immobile, degradando la sua posizione a quella di mero detentore. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti di Causa: Una Disputa Lunga Decenni

La vicenda giudiziaria ha origini antiche. Tutto inizia nel 1984 con una causa per la divisione di un’eredità, ma si complica a causa di una domanda riconvenzionale per usucapione. La richiedente sosteneva di aver acquisito la proprietà di un immobile per possesso continuato, iniziato da sua madre fin dal 1916.

Il punto cruciale della controversia risale però al 1933, anno in cui il padre della richiedente vendette formalmente l’immobile in questione al padre degli eredi originari. Nonostante la vendita, la famiglia del venditore non lasciò mai l’abitazione. Per oltre cinquant’anni, essi continuarono a viverci, portando la figlia, decenni dopo, a rivendicarne la proprietà per usucapione.

Dopo un lungo e complesso iter processuale, passato per il Tribunale, la Corte d’Appello e un primo vaglio in Cassazione con rinvio, la questione è giunta nuovamente dinanzi alla Suprema Corte per una decisione finale.

La Decisione della Corte e l’Analisi del Costituto Possessorio

La Corte di Cassazione ha rigettato definitivamente la domanda di usucapione, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il cuore della decisione ruota attorno all’interpretazione del contratto di vendita del 1933 e alla qualificazione della permanenza del venditore nell’immobile.

Secondo i giudici, il contratto di compravendita non trasferisce solo il diritto di proprietà, ma anche il possesso del bene. Quando il venditore rimane nella disponibilità materiale dell’immobile, non lo fa più come possessore (con animus rem sibi habendi, cioè l’intenzione di essere proprietario), ma come semplice detentore. Si verifica, in altre parole, un costituto possessorio implicito: il possesso giuridico passa all’acquirente, mentre al venditore rimane solo la detenzione, ossia la custodia del bene per conto del nuovo proprietario. Per poter usucapire il bene, il detentore avrebbe dovuto compiere un atto di “interversione del possesso”, manifestando in modo inequivocabile la volontà di non riconoscere più il diritto altrui, cosa che in questo caso non è avvenuta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali:

1. La Volontà Contrattuale: L’atto di vendita conteneva una clausola che attestava l’immissione dell’acquirente nel possesso del bene. La Corte ha specificato che non si trattava di una mera “formula di stile”, ma di una chiara espressione della volontà delle parti di trasferire immediatamente anche il possesso.

2. La Clausola di Riscatto: Il contratto del 1933 prevedeva una clausola che dava al venditore la possibilità di riacquistare l’immobile entro quattro anni. Secondo la Corte, questa previsione era una prova schiacciante. Il fatto stesso che il venditore avesse bisogno di una clausola per riacquistare la proprietà dimostra la sua piena consapevolezza di aver perso non solo la titolarità giuridica, ma anche il possesso del bene. Se si fosse ritenuto ancora possessore, tale clausola sarebbe stata superflua.

3. Il Comportamento Successivo delle Parti: Un altro elemento decisivo è stato il comportamento dell’acquirente. Dopo i danni subiti dall’immobile durante la Seconda Guerra Mondiale, fu l’acquirente a compiere personalmente importanti interventi di manutenzione straordinaria (rifacimento di muri maestri, copertura, infissi). Questi atti, secondo la Corte, sono una manifestazione inequivocabile dell’esercizio del possesso e del diritto di proprietà, incompatibili con l’affermazione che il possesso fosse rimasto in capo alla famiglia del venditore.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto immobiliare: la vendita di un immobile trasferisce, di regola, anche il possesso. Chi vende un bene e continua ad occuparlo lo fa in qualità di detentore e non di possessore. Per poter aspirare all’usucapione, non è sufficiente la semplice permanenza nell’immobile per lungo tempo, ma è necessario dimostrare un atto inequivocabile con cui si è cessato di riconoscere il diritto del proprietario, trasformando la detenzione in possesso. La decisione sottolinea l’importanza di analizzare non solo le clausole contrattuali, ma anche il comportamento concreto delle parti dopo la stipula, per comprendere la reale natura del loro rapporto con il bene.

Se vendo una casa ma continuo a viverci, posso acquisirla per usucapione dopo molti anni?
No, di norma questo non è possibile. Secondo la Corte, con la vendita si realizza un ‘costituto possessorio’, per cui il venditore che rimane nell’immobile ne diventa un semplice detentore e non un possessore. La detenzione non è sufficiente per l’usucapione, per la quale è richiesto il possesso con l’intenzione di comportarsi come proprietario.

Cosa significa ‘costituto possessorio’?
È una situazione giuridica in cui chi trasferisce la proprietà di un bene (il venditore) ne conserva la disponibilità materiale (la detenzione) ma per conto del nuovo proprietario (l’acquirente). In pratica, il possesso giuridico viene trasferito all’acquirente al momento della vendita, anche se fisicamente il bene rimane nelle mani del venditore.

Quali elementi ha considerato la Corte per escludere l’usucapione in questo caso?
La Corte ha valutato tre elementi principali: 1) la clausola contrattuale che attestava il trasferimento del possesso all’acquirente; 2) la presenza di una clausola di riscatto, che dimostrava la consapevolezza del venditore di aver perso la proprietà e il possesso; 3) gli importanti interventi di manutenzione straordinaria effettuati dall’acquirente dopo la guerra, considerati un chiaro esercizio del suo diritto di proprietà e possesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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