Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27977 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27977 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA
nel ricorso R.G. n. 29331/2022
promosso da
Condominio di INDIRIZZO INDIRIZZO in Roma , in persona de ll’Amministratore pro tempore , rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO , in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 3338/2022 della Corte di appello di Roma, pubblicata il 18/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Cons. NOME COGNOME;
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione davanti al Tribunale di Roma, il Condominio di INDIRIZZO e INDIRIZZO, sito in Roma (di seguito, il Condominio) conveniva in giudizio Roma Capitale, proponendo azione di ripetizione della somma di € 8.194,49, corrisposta a titolo di RAGIONE_SOCIALE per griglie e intercapedini su marciapiede stradale, riferito agli anni 2011-2016, nonostante non vi fosse alcun titolo concessorio.
Il Tribunale accoglieva la domanda.
Proposto gravame da Roma Capitale, nel contraddittorio delle parti, la Corte d’appello accoglieva l’impugnazione , respingendo l ‘originaria domanda del Condominio, con la seguente motivazione: «Come già evidenziato nella sentenza appellata, il canone di che trattasi trova giustificazione nel disposto dell’art. 63 del Dlgs 446/97 e laddove, per quanto qui interessa, è previsto che i comuni e le province, tramite propri regolamenti, anziché alla relativa tassazione possano assoggettare l’occupazione delle aree appartenenti al proprio demanio o al patrimonio indisponibile al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa. Tale pagamento, giova aggiungere, può essere preteso anche a fronte dell’occupazione di aree pri vate, se soggette a servitù di pubblico passaggio, costituita nei modi di legge. Ebbene, premesso che nel caso di specie, secondo quanto anche evidenziato da Roma Capitale, controparte non ha fornito riscontri dell’assunto della proprietà condominiale della porzione d’immobile occupata, non appare condivisibile la tesi del primo Giudice che il canone di che trattasi richiedesse l’avvenuto rilascio di un titolo concessorio e, quindi, non fosse dovuto in caso di occupazione abusiva, dovendosi piuttosto ritenere che lo stesso sia stato concepito dal Legislatore come un quid ontologicamente diverso dalla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, e costituisca piuttosto il
corrispettivo di una concessione, anche presunta nel caso di occupazione abusiva, dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e sia quindi dovuto non in base alla limitazione dell’uso comune o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzo particolare o eccezionale che ne trae il singolo (Sez. Unite n. 10733/18; vedi anche Cass. nn. 29447/18; 10733/18; 1435/18). Le considerazioni che precedono, in conclusione, inducono a ritenere che i pagamenti di cui si chiede la ripetizione non integrino gli estremi dell’indebito, Così accogliendo l’appello, dunque, la domanda dev’essere respinta. »
Avverso tale statuizione, il Condominio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi di ricorso.
Roma Capitale si è difesa con controricorso.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha proposto l’eccezione di giudicato, deducendo che l’ Autorità Giudiziaria si era già pronunciata, tra le stesse parti e sul medesimo RAGIONE_SOCIALE con le sentenze nn. 20437/16 e 16132/19 del Tribunale di Roma e con la sentenza n. 5430/22 della Corte d’appello di Roma .
La parte ha evidenziato che tali statuizioni avevano accolto la domanda di annullamento di alcune richieste di pagamento del RAGIONE_SOCIALE per griglie ed intercapedini, relativa ad annualità diverse da quelle oggetto del presente giudizio, facendo così proprie le ragioni del Condominio, aggiungendo che dette decisioni erano state tutte notificate al Comune di Roma e non erano state oggetto di impugnazione.
In particolare, il Condominio ha richiamato la sentenza n. 5430/22 della Corte d’Appello di Roma, depositata in data 31/08/2022 e notificata a Roma Capitale in data 28/10/2022, riguardante le stesse
parti e il medesimo RAGIONE_SOCIALE del presente giudizio, di cui ha riportato per esteso la motivazione.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su ll’eccezione di giudicato e sul riferimento ai precedenti conformi, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., come già dedotto in numerosi atti dei precedenti gradi di merito, richiamati nel ricorso per cassazione, di cui ha riprodotto per estratto il contenuto.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in combinato disposto con l’art. 324 c.p.c. e l’art. 118 disp. att. c.p.c. e delle norme a questi connessi e correlate, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non avendo la Corte d’appello tenuto conto che erano intervenut e pronunce oramai passate in giudicato tra le stesse parti, aventi il medesimo oggetto, che avevano escluso la debenza del canone.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 63 d.lgs. n. 446 del 1997 in combinato disposto con gli artt. 1, 14-bis e 16 del Regolamento del Comune di Roma, istitutivo del RAGIONE_SOCIALE, e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , non avendo la Corte d’appello dato rilievo al fatto che nella specie mancava una formale concessione al Condominio per l’occupazione del suolo .
Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 C.C., nonché dell’art. 63 d.lgs. n. 446 del 1997, in combinato disposto con l’art. 1 del Regolamento del Comune di Roma, istitutivo del RAGIONE_SOCIALE, e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non avendo la Corte d’appello tenuto conto della mancanza di prova dell’esistenza di un’area demaniale o di una servitù di pubblico passaggio costituita nei modi e termini di legge (così come testualmente previsto dall’art.
63 d.lgs. n. 446 del 1997), nonché del prius temporale della realizzazione delle griglie e delle intercapedini, che invece erano previste sin dal progetto di costruzione dell’edificio condominiale prima addirittura della costruzione della via.
Con il sesto motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 63 d.lgs. n. 446 del 1997, in combinato disposto con gli artt. 1, 14-bis e 16 del Regolamento del Comune di Roma, istitutivo del RAGIONE_SOCIALE, e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sull’assenza di occupazione e sulla realizzazione su area privata non soggetta a pubblico passaggio, nonché nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di mancata sottrazione all’uso pubblico, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. , non avendo la C orte d’appello tenuto conto che il Condominio aveva dedotto che le griglie e le intercapedini erano state realizzate su area privata contestualmente alla costruzione dell ‘ edificio condominiale, in conformità alla relativa licenza edilizia rilasciata dal Comune, prima di ogni eventuale imposizione di servitù pubblica di passaggio, e che l’eventuale occupazione ed utilizzazione particolare non aveva comportato un’effettiva sottrazione all’uso pubblico .
La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto molteplici profili.
2.1. In primo luogo, secondo Roma Capitale, il Condomino ha erroneamente qualificato i motivi ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., aggiungendo che, anche se fossero stati correttamente qualificati con riferimento all’art. 360, c omma 1, n. 5, c.p.c., sarebbero risultati comunque inammissibili, in quanto le circostanze che secondo il ricorrente non sono state considerate da lla Corte d’appello , sono state, invece, chiaramente prese in considerazione e valutate dalla
menzionata Corte, con un giudizio di merito non sindacabile in sede di legittimità.
La controricorrente ha anche dedotto l’inammissibilità dei motivi per mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., aggiungendo che il ricorso è da ritenersi inammissibile anche perché propone censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata.
Infine, la stessa controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione del dovere di sinteticità, in relazione al disposto dell’art. 3 66 c.p.c.
2.2. L’eccezione di inammissibilità del ricorso, pur riguardando numerosi profili, è estremamente generica, risolvendosi in enunciazioni astratte che non possono essere in concreto verificate.
2.3. Involgendo, tuttavia, questioni rilevabili d’ufficio, l’eccezione va comunque esaminata, ma si rivela infondata, come si evince dalla semplice lettura del ricorso, ove le doglianze sono specificamente illustrate con riguardo ad ogni profilo denunciato, con le deduzioni e argomentazioni necessarie ad integrare i requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c.
Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della intima connessione esistente, e si rivelano tutti infondati.
3.1. Com’è noto, i n tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto, ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione
presuppone che un esame della doglianza vi sia stato ma la relativa statuizione sia viziata da mancanza assoluta di motivazione, ovvero da motivazione apparente, perplessa o incomprensibile, ovvero vi sia un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, evincibili dalla sola lettura del provvedimento impugnato. A tali ipotesi, si aggiunge, poi, quella propriamente sanzionata dal novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in cui la statuizione viene assunta sulla domanda o sull’eccezione proposta, senza, tuttavia, che il Giudice abbia esaminato un fatto, inteso come fatto storico, e cioè un avvenimento, oggetto di discussione nel processo, che avrebbe inciso sull’esito della lite (v. da ultimo Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27551 del 23/10/2024).
3.2. Ovviamente, per integrare il vizio di omessa pronuncia è necessaria l’illustrazione del carattere decisivo della prospettata violazione, che evidenzi come la minuspetizione abbia riguardato una questione astrattamente rilevante, posto che, altrimenti, si dovrebbe cassare inutilmente la decisione gravata (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10290 del 18/04/2025; Cass., Sez. 6-3, Sentenza n. 16102 del 02/08/2016).
3.3. In tale ottica, occorre richiamare l’orientamento maggioritario di questa Corte, condiviso dal Collegio, secondo il quale la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di fornire la prova dello stesso, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione della controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6868 del 02/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10944 del 26/04/2023).
L’art. 124 disp. att. c.p.c., infatti, espressamente stabilisce che «A prova del passaggio in giudicato della sentenza il cancelliere certifica, in calce alla copia contenente la relazione di notificazione, che non è stato proposto nei termini di legge appello o ricorso per cassazione, né istanza di revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 del codice. Ugualmente il cancelliere certifica in calce alla copia della sentenza che non è stata proposta impugnazione nel termine previsto dall’articolo 327 del codice.»
Tale attestazione non è necessaria solo ove si tratti di decisione oggetto di ricorso per cassazione, dichiarato inammissibile o respinto, poiché, in tal caso, la pubblicazione della sentenza del giudice di legittimità determina ipso facto il passaggio in giudicato della statuizione impugnata, senza che rilevi la pendenza del termine per impugnare la sentenza della Corte Suprema per revocazione, come si ricava dal disposto dell’ art. 391 bis , comma 5, c.p.c., ove è previsto che in caso di impugnazione per revocazione della decisione della Corte di cassazione «non è ammessa la sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, né è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo» (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 11737 del 03/05/2019).
3.4. Nel caso di specie, la controricorrente ha espressamente eccepito la mancata produzione del menzionato attestato di cancelleria.
E, in effetti, il ricorrente ha descritto e prodotto in copia le tre pronunce di merito, sopra richiamate, riguardanti statuizioni tra le stesse parti, riferite allo stesso canone oggetto del presente giudizio, ma relativo ad annualità diverse, senza dedurre di avere prodotto anche la relativa attestazione della cancelleria, che non ha depositato nel presente giudizio di legittimità, neppure con riguardo alla sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5430/22, depositata in data 31/08/2022, e dunque successivamente al deposito della sentenza in
questa sede impugnata, sicché, come eccepito da Roma Capitale, non può ritenersi provato l’intervenuto passaggio in giudicato delle decisioni e la relativa eccezione, veicolata dal primo motivo di ricorso, deve essere respinta.
3.5. Il lamentato omesso esame dell’eccezione di giudicato nei precedenti gradi di merito attiene, dunque, ad una questione non decisiva, poiché l’eccezione di giudicato non sarebbe stata accolta, in assenza della menzionata attestazione della cancelleria, con la conseguenza che anche il secondo e il terzo motivo di ricorso devono essere respinti.
3.6. Né può ritenersi che la mancata considerazione in motivazione dei numerosi precedenti giurisprudenziali, richiamati nei gradi di merito dal ricorrente a sostegno delle proprie ragioni, possa integrare il dedotto vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., poiché la statuizione sulla domanda di ripetizione dell’indebito vi è stata, sia pure sulla base di argomenti diversi da quelli invocati dalla parte e supportati dai precedenti giurisprudenziali richiamati.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
4.1. Il ricorrente ha censurato la statuizione impugnata, nella parte in cui ha statuito quanto segue: «…non appare condivisibile la tesi del primo Giudice che il canone di che trattasi richiedesse l’avvenuto rilascio di un titolo concessorio e, quindi, non fosse dovuto in caso di occupazione abusiva, dovendosi piuttosto ritenere che lo stesso sia stato concepito dal Legislatore come un quid ontologicamente diverso dalla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, e costituisca piuttosto il corrispettivo di una concessione, anche presunta nel caso di occupazione abusiva, dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e sia quindi dovuto non in base alla limitazione dell’uso comune o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzo particol are o eccezionale che ne trae il singolo…».
Secondo il Condominio, infatti, il canone in questione può essere richiesto solo nel caso in cui vi sia una concessione che autorizzi l’occupazione l’area pubblica o destinata all’uso pubblico.
4.2. Tale opinione non può essere condivisa.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, cui questo Collegio ritiene di dare continuità, il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (RAGIONE_SOCIALE) non è un’imposta, ma un’entrata patrimoniale privatistica, dovuta in ragione di una concessione, reale o presunta (in caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici o destinati all’uso pubblico, con la conseguenza che è dovuto, non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, come avviene per la TOSAP, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale , che ne trae il singolo (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10432 del 19/04/2023; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24541 del 02/10/2019; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17296 del 27/06/2019; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 3710 del 08/02/2019; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 1435 del 19/01/2018; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18037 del 06/08/2009; Cass. n. 7188/2022).
Il RAGIONE_SOCIALE costituisce, dunque, il corrispettivo dell’utilizzazione particolare (o eccezionale) di beni pubblici e non richiede un formale atto di concessione, essendo sufficiente l’occupazione di fatto dei menzionati beni (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10432 del 19/04/2023).
Il quinto e il sesto motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della stretta connessione esistente, rivelandosi entrambi fondati sia pure nella sola parte in cui è prospettata l’omessa pronuncia sulla deduzione del ricorrente, posta a fondamento dell’azione di ripetizione (erroneamente qualificata dalla parte come eccezione), secondo la quale, nella specie, le griglie e le intercapedini erano state realizzate su area privata contestualmente alla costruzione dell`edificio condominiale, in conformità alla licenza
edilizia rilasciata dal Comune, prima dell’imposizione d ella servitù pubblica di passaggio.
5.1. In effetti, il ricorrente ha spiegato di avere operato tale prospettazione, che effettivamente risulta dagli atti del giudizio di primo e di secondo grado (v. atto di citazione davanti al Tribunale e comparsa di costituzione in appello), ma nella sentenza impugnata non vi è alcuna statuizione sul punto.
La Corte di merito si è limitata ad affermare che il Condominio non ha dimostrato di essere proprietario dell’area in questione , ma, per pronunciarsi sulla questione posta dal Condomino, fondante l’azione di ripetizione, avrebbe dovuto accertare la proprietà dell’area in capo al Condominio al momento della realizzazione delle griglie e delle intercapedini e la priorità temporale di tali opere rispetto alla destinazione all’uso pubblico o alla cessione del bene all’ente locale.
5.2. La statuizione su tali questioni si rileva decisiva, tenuto conto che questa Corte ha più volte affermato, in contenzioso omogeneo rispetto a quello per cui è qui processo, che se le grate o intercapedini esistono già quando il Condominio mette volontariamente (seppur non intenzionalmente), con carattere di continuità, il proprio bene (area perimetrale del condominio) a disposizione della collettività, assoggettandola al relativo uso pubblico di passaggio, il Comune ‘ riceve ‘ il bene assoggettato all’uso pubblico così come è, essendo la tolleranza del Condominio del pubblico passaggio ancorata a tali limiti, senza alcuna rinuncia all’originaria facoltà del proprietario di godere di aerazione ed illuminazione per i propri locali sottostanti, nulla togliendo, oltretutto, le grate e le intercapedini all’uso pubblico, costituendosi piuttosto la servitù, per l’appunto, con le grate, già presenti (così Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10450 del 19/04/2023; v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10764 del 20/04/2023; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8289 del 15/03/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n.
12760 del 13/05/2021; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 21236 del 09/08/2019). In tali ipotesi, questa Corte ha ritenuto che il presupposto impositivo del RAGIONE_SOCIALE non sussiste, stante la limitata estensione e portata della costituita servitù di pubblico passaggio per dicatio ad patriam , non ricorrendo un ‘ occupazione, con griglie ed intercapedini, di un suolo privato già soggetto al pubblico passaggio al tempo della loro realizzazione (v. ancora Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10764 del 20/04/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10450 del 19/04/2023; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8289 del 15/03/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 12760 del 13/05/2021; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 21236 del 09/08/2019).
In conclusione, devono essere accolti il quinto e il sesto motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e respinte le altre censure, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, chiamata anche a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il quinto e il sesto motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e, respinte le altre censure, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME