Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4701 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 4701  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9485/2020 R.G.  proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante,  rappresentata  e  difesa,  giusta  procura  in  calce  al ricorso,  dagli  AVV_NOTAIO.ti  NOME  AVV_NOTAIO  e  NOME  COGNOME,  elettivamente domiciliata presso il loro studio, in AVV_NOTAIO, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME,  elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  del  primo,  in AVV_NOTAIO, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché nei confronti di
AUTORITA’ DI SISTEMA RAGIONE_SOCIALE DEL MAR TIRRENO CENTRALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in AVV_NOTAIO, INDIRIZZO
-controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, domiciliata per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione
-controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante, rappresentata  e  difesa,  giusta  procura  in  calce  al  controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in AVV_NOTAIO, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso  la  sentenza  del la  Corte  d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE n.  1792/2019, pubblicata in data 30 dicembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -deducendo di avere ricevuto incarico dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per lo sbarco, il ritiro, il ricarico su automezzi ed il trasporto presso lo stabilimento della committente sito in Ottaviano di circa 7 tonnellate di rottami in vetro, giunti nel porto di RAGIONE_SOCIALE a mezzo di nave olandese, e che, nel corso delle operazioni di sbarco, affidate alla RAGIONE_SOCIALE, sebbene avesse preventivamente curato la pulizia della banchina, l’impresa addetta alla movimentazione della merce, allargando il raggio d’azione della pala meccanica, aveva raccolto residui di precedente carico di quarzite , contaminando l’intero carico, che era divenuto inutilizzabile, con conseguente danno stimato in euro 235.000,00- evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che venisse accertata la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE , con conseguente condanna delle stesse al risarcimento del danno, e che la RAGIONE_SOCIALE venisse condannata al pagamento della fattura n. NUMERO_DOCUMENTO, dell’importo di euro 95.969,91, oltre accessori, ad essa dovuto a fronte del trasporto della merce effettuato su suo incarico.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, costituendosi in giudizio, contestava la legittimazione dell’attrice, che aveva azionato un diritto proprio della RAGIONE_SOCIALE, e spiegava domanda riconvenzionale, nei confronti dell’attrice, chiedendone la condanna al pagamento della fattura n. 20/2002, rimasta inevasa.
RAGIONE_SOCIALE  chiedeva  a  sua  volta, in via riconvenzionale, la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni.
Autorizzata  la  chiamata  in  causa,  si  costituiva  in  giudizio  anche
RAGIONE_SOCIALE, la quale, facendo proprie le difese già spiegate dall’assicurata RAGIONE_SOCIALE, opponeva i limiti di massimale.
L’RAGIONE_SOCIALE  contestava  la  domanda  attrice  in ragione dell’incerta verificazione del danno  nell’ambito dell’area pRAGIONE_SOCIALE, negando ogni addebito.
Il  Tribunale  di  RAGIONE_SOCIALE,  accogliendo  la  domanda  principale,  che riteneva estesa in favore della RAGIONE_SOCIALE, condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE dell’importo di euro 235.000,00 e rigettava la domanda  dell’attrice  spiegata  n e i  confronti  dell’RAGIONE_SOCIALE  pRAGIONE_SOCIALE ; respingeva  pure  la  domanda  riconvenzionale  svolta  dalla  RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’attrice.
Con  successivo  provvedimento,  reso  ai  sensi  dell’art.  287  cod. proc.  civ.,  integrava  il  dispositivo  della  sentenza  con  la  condanna della  RAGIONE_SOCIALE  al  pagamento,  in  favore  della RAGIONE_SOCIALE,  della  somma  di  euro  95.869,91  di  cui  alla  fattura  n. NUMERO_DOCUMENTO.
2. La sentenza è stata impugnata in via principale, con autonomi atti, dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, dalla RAGIONE_SOCIALE; all’ esito della costituzione delle controparti , la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che le risultanze probatorie non consentissero di ritenere dimostrata la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per i fatti di causa ed ha considerato fondata la domanda avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere il pagamento delle competenze dovute dalla RAGIONE_SOCIALE
Ha,  inoltre,  confermato  il  rigetto  della  domanda  spiegata  nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE pRAGIONE_SOCIALE, per difetto dei presupposti normativi richiesti,  anche ai sensi dell’art. 16 della legge n. 84/94 ,  ed  accolto l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE limitatamente alla responsabilità della RAGIONE_SOCIALE , per avere l’appellante provato il
titolo negoziale da cui era derivata l’obbligazione di cui aveva allegato l’inesatto adempimento e non avendo, di contro, la RAGIONE_SOCIALE provato il fatto estintivo della pretesa creditoria; conseguentemente, ha condannato quest’ultima al pagamento, in favore della committente, della somma di euro 139.030,09, rappresentata dalla differenza tra il quantum del danno, pari ad euro 235.000,00, e la somma ad essa dovuta a titolo di compenso, pari ad euro 95.969,91, portata dalla fattura, il cui pagamento era stato sospeso in via cautelativa.
RAGIONE_SOCIALE ricorre, con un unico motivo, per la cassazione della suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE ricorre, avverso la medesima sentenza, sulla base di sette motivi.
RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE resistono con autonomi controricorsi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso al ricorso incidentale.
 La  trattazione  è  stata  fissata  in  camera  di  consiglio  ai  sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente osservato che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta  che, una volta avvenuta  la  notificazione  della  prima  impugnazione,  tutte  le  altre debbono  essere  proposte  in  via  incidentale  nello  stesso  processo, sicché ogni ricorso successivo al primo si converte –
indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante- in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al  rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal  combinato disposto degli artt.  370 e 371 cod. proc. civ.  (Cass., sez.  3,  23/11/2021,  n.  36057;  Cass.,  sez.  6 -3,  14/01/2020,  n. 5448; Cass., sez. 3, 09/02/2016, n. 2516; Cass., sez. L, 20/03/2015, n. 5695; Cass., sez. 2, 06/12/2005, n. 26622).
Ne  segue  che  il  ricorso  successivamente  proposto  da  RAGIONE_SOCIALE,  notificato  in  data  6  marzo  2020,  deve intendersi proposto in via incidentale.
 Deve  pure  darsi  atto,  preliminarmente,  che,  in  assenza  di specifica  impugnazione  sul  capo  autonomo  della  sentenza  d’appello con cui è stata rigettata la domanda svolta nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE per ritenuta assenza di responsabilità, si è ormai formato il giudicato interno.
 Con l’unico  motivo  del  ricorso principale,  proposto  dalla  RAGIONE_SOCIALE, si denunzia ‹‹Violazione e falsa applicazione degli  artt.  112  e  282  c.p.c.  in  relazione  all’art.  360  n.  3  e  n.  4 c.p.c.››.
Premesso che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nella sentenza di primo grado, aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in suo favore, a titolo di risarcimento dei danni, dell’importo di euro 235.000,00, nonché RAGIONE_SOCIALE a manlevare la RAGIONE_SOCIALE , la ricorrente rappresenta che la Corte d’appello, su istanza di RAGIONE_SOCIALE, dopo avere inizialmente sospeso la esecutorietà della sentenza, ha successivamente limitato la sospensione al capo che riguardava RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, escludendo ‹‹ un interesse della RAGIONE_SOCIALE a conseguire in via immediata il pagamento della somma essendo lasciata impregiudicata ogni definitiva valutazione di merito ›› ; per effetto di tale provvedimento,
era  stata  costretta,  al  fine  di  evitare  l’esecuzione,  ad  effettuare  il pagamento della somma di euro 95.869,91 in favore della RAGIONE_SOCIALE
Lamenta che la Corte d’appello, senza tenere conto del pagamento dell’importo di euro 95.869,91 ,  già effettuato nelle more del giudizio, operando la compensazione dei rispettivi crediti e debiti, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in suo favore, della minor somma  di  euro  139.030,09,  così  incorrendo  nella  violazione  del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
 Con  il  primo  motivo  la  ricorrente  in  via  incidentale  RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denunzia ‹‹Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e seguenti c.c., anche in relazione agli artt. 1667, 1177 e 2222 c.c., all’art. 2697 c.c., all’art. 16 della legge n. 84/1993 ed agli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) ›› .
Partendo dalla considerazione che le operazioni di carico, scarico, trasbordo e di movimento delle merci svolte in ambito pRAGIONE_SOCIALE possono essere affidate esclusivamente a soggetti abilitati dall’RAGIONE_SOCIALE marittima, la ricorrente evidenzia di avere dovuto necessariamente affidare alla RAGIONE_SOCIALE l’esecuzione delle operazioni di scarico dalla nave, nonché di movimentazione e di carico su automezzi della partita di vetro e che sul contratto di appalto concluso con la RAGIONE_SOCIALE si è venuto ad innestare un contratto di sub-appalto, nel l’ambito del quale la stessa ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE hanno assunto rispettivamente la posizione di subappaltante e di sub-appaltatrice. Censura la sentenza gravata per avere erroneamente applicato alla sub-appaltatrice di servizi portuali un regime di responsabilità civile difforme da quello applicato al contratto principale, così erroneamente invertendo l’onere probatorio: l’unica RAGIONE_SOCIALE che aveva la responsabilità di custodia della merce era la RAGIONE_SOCIALEappaltatrice e, pertanto, una volta provati i vizi da parte della committente, gravava sulla sub-
appaltatrice l’onere  di dimostrare  che  la  cattiva  esecuzione  fosse stata  determinata  dall’impossibilità  di  un  esatto  adempimento  della prestazione per causa ad essa non imputabile.
 Con  il  secondo  motivo la  ricorrente  denuncia  ‹‹Nullità  della sentenza per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost. e 132 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.)››, per avere la Corte territoriale omesso di motivare adeguatamente in ordine all’assenza di responsabilità della RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo, censurando la decisione gravata per ‹‹Violazione e falsa applicazione dell’art. 2735 c.c. in relazione agli artt. 115, primo comma, e 116, primo comma, c.p.c. ed agli artt. 1362 e seguenti c.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)››, la ricorrente si duole non essersi dai giudici di appello attribuito valore di confessione stragiudiziale alla dichiarazione con la ha denunciato all’RAGIONE_SOCIALE che nel corso delle operazioni di carico della merce su automezzi erano stati raccolti anche residui di granulato di quarzite che si trovavano sulla banchina a seguito di precedenti operazioni di sbarco. t
Lamenta  non  essersi  dai  giudici  di  appello  considerato  che  la lettera  del  12  aprile  2002,  inviata  dalla  RAGIONE_SOCIALE  alla  RAGIONE_SOCIALE assicuratrice,  integra  una  confessione  stragiudiziale  e,  dunque,  una prova legale, vincolante per il giudice.
Con il quarto motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione degli  artt.  115,  primo  comma  e  116,  primo  comma,  anche  in relazione  all’art.  167  c od.  proc.  civ.  (art.  360,  primo  comma,  n.  3, cod. proc. civ.)- addebita alla Corte territoriale di non avere rilevato che  la  puntuale  ricostruzione  dell’evento  da  essa  esposta  nell’atto introduttivo del giudizio non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della RAGIONE_SOCIALE
Con il quinto motivo, deducendo ‹‹ omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) ›› , lamenta che i giudici di merito hanno trascurato di valutare che la lettera del 12 aprile 2002, inoltrata dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE assicuratrice, era supportata da documentazione decisiva, costituita dal verbale congiunto di accertamento del 28 ottobre 2002, a firma dei tre periti in rappresentanza delle parti interessate, i quali, nel quantificare il danno, ne avevano individuato la causale, e dalla perizia stragiudiziale asseverata, corredata da documentazione fotografica. La Corte aveva considerato i citati documenti, ma solo per escluderne l’astratta capacità probatoria.
Con il sesto motivo, denunciando ‹‹ violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. anche in relazione agli artt. 2727 e seguenti c.c. (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) ›› , lamenta che i documenti richiamati nel precedente motivo di ricorso avrebbero dovuto  essere  congiuntamente  presi  in  considerazione  dalla  Corte d’appello, che li ha, invece, esaminati separatamente ed in maniera atomistica, così azzerando il valore probatorio degli stessi.
 Con  il  settimo  motivo, prospettando ‹‹ violazione  e  falsa applicazione degli artt. 2043 e 1223 c.c. anche in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2727 e seguenti c.c. (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) ›› , si duole che il criterio atomistico di valutazione della prova abbia  precluso  al  giudice  di  merito  di  fare  corretto  governo  delle regole  in  materia  di  risarcimento  del  danno  e,  segnatamente,  di accertamento del nesso di causalità.
Deduce che l’ applicazione del criterio probabilistico ( del cd. ‹‹ più probabile che non ›› ) avrebbe attribuito alla concatenazione di eventi un  elevato  grado  di  probabilità  di  verificazione  del  fatto  individuato come produttivo di danno.
 Il  primo  motivo  del  ricorso  incidentale,  che  deve  essere
preliminarmente scrutinato per ragioni di ordine logico, è inammissibile.
11.1. Secondo la prospettazione della ricorrente, tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE  sarebbe  intercorso  un  rapporto  di  sub-appalto  che avrebbe determinato il coinvolgimento di quest’ultima nella vicenda a titolo  di  responsabilità  contrattuale  e  ribaltato  sulla  sub-appaltatrice l’onere  della  prova  della  non  imputabilità  dell’evento  lesivo ;  tale prova non sarebbe stata offerta dalla sub-appaltatrice ed i giudici di merito avrebbero invertito l’onere probatorio .
Osserva il Collegio che l’apparente deduzione , da parte della ricorrente, della violazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova, in realtà, presuppone una diversa valutazione dei fatti storici per come acclarati dalla sentenza, ossia che la contaminazione del materiale oggetto di trasporto sia avvenuta all’interno del porto di RAGIONE_SOCIALE ed in conseguenza dell’attività affidata alla RAGIONE_SOCIALE, e tralascia di considerare che, al contrario, i giudici di merito, pur facendo corretta applicazione della regola dell’onere probatorio, in esito alla valutazione del corredo probatorio acquisito, non hanno ravvisato responsabilità contrattuale a carico della RAGIONE_SOCIALE
Sul punto, infatti, la Corte territoriale, con accertamento di fatto non  censurabile  in  questa  sede,  non  si  è  limitata  a  rilevare  che  la RAGIONE_SOCIALE  sin  dalla  costituzione  in  giudizio  aveva  contestato  la riferibilità a sé di ogni profilo d responsabilità, ma ha esaustivamente posto in rilievo che il quadro probatorio emerso non offriva elementi di  riscontro  idonei  a  far  ritenere  una  specifica  responsabilità  della predetta RAGIONE_SOCIALE.
A tal fine, non tralasciando di rilevare che mancava la prova sia della tipologia di incarico conferito dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, sia  delle  caratteristiche  della  merce  acquistata  dalla  RAGIONE_SOCIALE,  sia  ancora  delle  modalità  di  carico  presso  il  porto
olandese e di trasporto sulla nave, i giudici di merito  hanno valorizzato la circostanza, emersa dalle deposizioni dei testi escussi, che il carico era stato trasportato su autobotti di RAGIONE_SOCIALE terza rispetto alle  parti  in  causa  e,  soprattutto,  che  la  stessa  RAGIONE_SOCIALE  aveva provveduto direttamente alla pulizia della banchina, alla quale si era dedicata nell’imminenza dello sbarco, ed aveva presenziato, attraverso un suo addetto, alle operazioni di scarico.
Alla  stregua  di  tali  circostanze  e  considerato  che  la  perizia  di parte, che peraltro si esprimeva in termini meramente probabilistici, aveva  valore  indiziario  e  non  di  prova  piena  e  che  neppure  poteva riconoscersi valenza probatoria alla denuncia di sinistro inoltrata dalla RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE in data 12 aprile 2002, la Corte ha concluso che la domanda nei confronti di  RAGIONE_SOCIALE, a qualsiasi titolo formulata, non poteva ritenersi fondata.
L’apprezzamento svolto non in corre nella violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., che è configurabile se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo (cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni), non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass., sez. 3, 05/09/2006, n. 19064; Cass., sez. 3, 17/06/2013, n. 15107; Cass., sez. 6 -3, 21/02/2018, n. 4241; Cass., sez. 3, 29/05/2018, n. 13395).
Il giudice del merito ha, invero, ritenuto che RAGIONE_SOCIALE  avesse assolto l’onere probatorio sulla  stessa  incombente,  dimostrando l’assenza di responsabilità a suo carico per i fatti di causa , ossia che la contaminazione del carico fosse derivata da un inadempimento ad essa imputabile, e tale valutazione del compendio istruttorio rientra
nell’esercizio  del  potere  di  apprezzamento  delle  prove  riservato  al giudice di merito.
La  deduzione  che  la  valutazione  delle  acquisizioni  istruttorie  sia stata incongrua e che il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata avesse assolto l’ onus probandi non integra, dunque, violazione  dell’art.  2697  cod.  civ.,  ma  piuttosto  contestazione  di  un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità esclusivamente negli angusti limiti del riformulato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
11.2. Quanto detto impone  di escludere anche le ulteriori violazioni  contestate con il mezzo in esame,  peraltro genericamente richiamate  in  rubrica  senza  illustrare  le ragioni per  le quali la sentenza  si  porrebbe  in  contrasto  con  le  disposizioni  normative evocate.
Infondato è il secondo motivo del ricorso incidentale.
Al riguardo è sufficiente rammentare che in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione, sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., sez. L, 14/02/2020, n. 3819; Cass., sez. 6 -5, 23/05/2019, n. 13977).
La  motivazione  della  sentenza  in  questa  sede  impugnata  non rientra nelle gravi anomalie individuate dagli arresti giurisprudenziali (Cass.,  sez.  U,  07/04/2014,  n.  8053  e  n.  8054;  Cass.,  sez.  U, 03/11/2016, n. 22232), perché non si pone sicuramente al di sotto del ‹‹ minimo costituzionale ›› .
La Corte d’appello, come già evidenziato al § 11.1), nell’escludere
una  qualsiasi  responsabilità  di  RAGIONE_SOCIALE,  ha  esaustivamente illustrato  gli  elementi  da  cui  ha  tratto  il  proprio  convincimento, cosicché le argomentazioni che sorreggono il decisum rendono possibile un controllo dell’esattezza e logicità del suo ragionamento , non  rendendo  la  motivazione  viziata  per  apparenza  (Cass.,  sez.  U, 05/04/2016, n. 16599; Cass., sez. 6 -5, 07/04/2017, n. 9105; Cass., sez. 3, 03/03/2022, n. 7090).
Il terzo motivo del ricorso incidentale è in parte infondato e in parte inammissibile.
13.1. La denuncia cautelativa effettuata da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE assicuratrice, in quanto rivolta ad un terzo (RAGIONE_SOCIALE), ai sensi dell’art. 2735 cod. civ. , è liberamente apprezzabile dal giudice, il quale, adito per la domanda di risarcimento dei danni, ben può fondare il proprio convincimento anche su diversi elementi dimostrativi (Cass., sez. L, 03/10/2018, n. 24121; Cass., sez. L, 09/04/2013, n. 8611; Cass., sez. 3, 03/03/2023, n. 6452). Ne segue che la sentenza non incorre nella violazione della disposizione normativa invocata.
13.2. Del tutto inesplicati, e, quindi, inammissibili perché generici, sono  invece  gli  ulteriori  vizi  denunciati  con  il  motivo  in  esame,  in quanto la ricorrente omette di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo  con  le  affermazioni  in  diritto  contenute  nella  sentenza impugnata.
Valga al riguardo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23745 del 2020, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, l ‘ onere di specificità dei motivi, sancito dall ‘ art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all ‘ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., a pena d ‘ inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il
contenuto  precettivo  e  di  raffrontarlo  con  le  affermazioni  in  diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare,  al  fine  di  dimostrare  che  queste  ultime  contrastano  col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con  una  ricerca  esplorativa  ufficiosa,  che  trascende  le sue  funzioni -la  norma  violata  o  i  punti  della  sentenza  che  si pongono in contrasto con essa.
Come appare evidente dal tenore delle doglianze formulate dalla ricorrente,  la  deduzione  di  esse  quale  violazione  di  legge  appare estremamente  generica  e  certamente  non  coincidente  con  i  precisi canoni di ammissibilità richiesti pacificamente dalla giurisprudenza di legittimità.
Anche il quarto motivo non sfugge alla declaratoria d’inammissibilità , da un lato perché privo di autosufficienza, dato che non riporta in modo adeguato, a norma dell ‘ art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il contenuto delle comparse di risposta depositate da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, né tanto meno localizza tali atti, al fine di porre questa Corte nella condizione di valutare la doglianza fatta valere; dall ‘ altro lato, perché investe un elemento valutativo riservato al giudice del merito, atteso che spetta al giudice del merito apprezzare, nell ‘ ambito del giudizio di fatto allo stesso riservato, l ‘ esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (cfr., fra le altre, Cass., sez. 1, 11/06/2014, n. 13217; Cass., sez. 6 -1, 15/01/2019, n. 3680).
15. Neppure ricorre il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc.  civ.,  denunciato  con  il  quinto  motivo,  in  quanto  la  Corte territoriale ha debitamente valutato sia il verbale di accertamento del danno (pag. 10 della motivazione), sia la perizia stragiudiziale (pag. 11 della motivazione), negando valenza probatoria a detti documenti.
Ciò impone di escludere il vizio in esame, che esige, per la sua deduzione, che il ricorrente indichi il ‹‹ fatto controverso ›› , inteso come fatto storico, che sia stato oggetto di discussione e che appaia ‹‹ decisivo ›› ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali -acquisiti al rilevante probatorio -ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez. U, 22/09/2014, n. 19881; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
Peraltro, l’omesso esame di elementi di fatto di natura istruttoria non  integra  di  per  sé  il  vizio  di  omesso  esame  di  un  fatto  decisivo qualora il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione  dal  giudice,  ancorché  la  sentenza  non  abbia  dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. 1, 04/10/2022, n. 28718; Cass., sez. 2,29/10/2018, n. 27415; Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
16. Il sesto ed il settimo motivo, che possono essere congiuntamente  esaminati  in  quanto  strettamente  connessi,  sono inammissibili,  in  quanto  la  deduzione  dei  vizi  di  cui  agli  artt.  115  e 116 cod. proc. civ. non rispetta i criteri enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20867 del 2020.
Con tale pronuncia si è chiarito che per denunciare la violazione dell ‘ art. 115 cod. proc. civ. è necessario che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte
dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio, fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 cod. proc. civ. (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell ‘ art. 116 cod. proc. civ., che non a caso è dedicato alla valutazione delle prove; Cass., sez. U, 05/08/2016, n. 16598).
D’altra parte, la violazione dell ‘ art. 116 cod. proc. civ. è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. n. 8053 e n. 8054 del 2014.
Sotto  altro  profilo,  anche  la  critica  rivolta  dalla  ricorrente  al ragionamento  presuntivo  svolto da giudice di merito sfugge  al concetto di falsa applicazione quando si concreta, come nella specie, o  in  un ‘ attività  diretta  ad  evidenziare  soltanto  che  le  circostanze fattuali  in  relazione  alle  quali  il  ragionamento  presuntivo  è  stato
enunciato dal giudice di merito avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo, o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica  semplicemente  diversa  da  quella  che  si  dice  applicata dal  giudice  di  merito,  senza  spiegare e  dimostrare  perché  quella  da costui  applicata  abbia  esorbitato  dai  paradigmi  degli  artt.  2727  e 2729 cod. civ. (Cass., sez. U, 24/01/2018, n. 1785).
Il ricorso incidentale va, dunque, rigettato.
Merita accoglimento l’unico motivo del ricorso principale.
Il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione, implica il divieto, per il giudice, di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda. Tale principio deve, quindi, ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione ( petitum e causa petendi ), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda (Cass., sez. 1, 13/11/2018, n. 29200).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte territoriale, non avvedendosi che la RAGIONE_SOCIALE aveva già provveduto al pagamento nel corso del giudizio, in favore di RAGIONE_SOCIALE, dell’importo di euro 95.869,91, per cui era stata emessa condanna con la sentenza di primo grado, ha proceduto, erroneamente, a compensare, nei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, i rispettivi crediti e debiti, condannando la prima al pagamento, in favore della seconda, del minor importo di euro 139.030,09, anziché di quello di euro 235.000,00, richiesto a titolo di risarcimento del danno, in tal modo condannando l’ odierna ricorrente a pagare due volte, in favore di RAGIONE_SOCIALE, l’importo di euro
95.869,91  dovuto in forza della fattura da quest’ultima azionata.
Sul punto, pertanto, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., con l’accoglimento della originaria domanda riconvenzionale spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e la condanna di quest’ultima al pagamento in favore dell’odierna ricorrente della somma di euro 235.000,00, a titolo di risarcimento del danno, oltre ad interessi legali a decorrere dal 10 settembre 2002.
18.  Le  spese  del  giudizio  di  merito  e  quelle  del  giudizio  di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, rigetta il ricorso incidentale. Cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originaria domanda riconvenzionale spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 235.000,00, oltre a interessi legali a decorrere dal 10 settembre 2002. Condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio di merito, che liquida per il primo grado in euro 5.450,00 per compensi, oltre a spese generali e accessori di legge, e, per il giudizio di appello, in euro 4.758.00 per compensi, oltre a spese generali e accessori come per legge, in favore di RAGIONE_SOCIALE Condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE Condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE. Condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  da  parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  AVV_NOTAIO,  nella  camera  di  consiglio  della  Terza  Sezione