Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9287 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9287 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8717 -2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE –P_IVA – in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE –P_IVA -in persona del direttore generale, legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale allegata in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
RAGIONE_SOCIALE (incorporante la ‘RAGIONE_SOCIALE) -p.i.v.a. P_IVA –
INTIMATA
avverso la sentenza n. 674/2018 della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, udita la relazione nella camera di consiglio del 6 febbraio 2024 del AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con atto notificato il 25.5.2007 il ‘ RAGIONE_SOCIALE e la ‘RAGIONE_SOCIALE citavano a comparire dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’ ‘RAGIONE_SOCIALE e la Regione Campania.
Esponevano che il ‘RAGIONE_SOCIALE, titolare di una struttura erogante in regime di accreditamento provvisorio trattamenti riabilitativi ambulatoriali e domiciliari nonché prestazioni di fisiokinesiterapia, aveva percepito in ritardo i compensi dovuti per le prestazioni riabilitative eseguite nel 2004, 2005 e 2006.
Chiedevano condannare le convenute a pagar loro a titolo di interessi di mora ex art. 5 d.lgs. n. 231/2002 la somma di euro 387.083,73.
Con sentenza n. 6845/2009 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava la domanda.
Proponevano appello il ‘RAGIONE_SOCIALE e la ‘RAGIONE_SOCIALE (incorporante la ‘RAGIONE_SOCIALE) .
Resisteva l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Non si costituiva la Regione Campania.
Con sentenza n. 674/2018 la Corte di RAGIONE_SOCIALE accoglieva parzialmente il gravame e, per l’effetto, condannava l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a pagare alla ‘RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 84,56.
Premetteva la corte d’appello che con propria ordinanza del 14.2.2017, onde evitare pronunce ‘a sorpresa’, aveva sottoposto all’attenzione delle parti la necessità di puntualizzare se il debito concernente il pagamento del capitale fosse stato o meno assolto integralmente e spontaneamente, senza che fosse stato necessario proporre domanda giudiziale, siccome in caso di inadempimento, in difetto di un’espressa rinuncia al residuo capitale , la domanda di pagamento dei soli interessi avrebbe comportato violazione del divieto, per il creditore, di frazionamento del credito in una pluralità di richieste giudiziali di adempimento (cfr. sentenza d’appello, pagg. 4 5) .
Premetteva altresì la corte che per una cospicua parte delle fatture elencate le società attrici avevano documentato l’avvenuta proposizione di ricorsi per decreto ingiuntivo onde conseguire il pagamento e del capitale e degli interessi ex d.lgs. n. 231/2001 (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Indi, su tale scorta, la corte evidenziava che era da delibare nel merito unicamente la pretesa di euro 552,58 di cui alla nota di credito n. 76 del 20.9.2004, consegnata all’ente debitore i l 30.9.2004 e pagata il 25.1.2007 (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava dunque che per l’anzidetta ragione di credito era da riconoscere il diritto della ‘RAGIONE_SOCIALE alla percezione degli interessi ex d.lgs. n. 231/2001 ammontanti ad euro 84,56 per il periodo compreso tra il 30.9.2004, termine previsto per il pagamento, ed il 25.1.2007, data dell’effettivo saldo (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il ‘RAGIONE_SOCIALE; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione.
L’ ‘RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese .
La RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia a i sensi dell’a rt. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui al l’art. 112 cod. proc. civ.; la nullità della sentenza.
Premette, il ricorrente, che a seguito della pronuncia -da parte della Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’o rdinanza del 14.2.2017 ha provveduto con la comparsa conclusionale ad espungere dalla propria domanda gli interessi relativi a fatture insolute per le quali era stata formulata richiesta di decreto ingiuntivo, così da circoscrivere la propria pretesa ai soli interessi maturati su fatture pagate spontaneamente nondimeno in ritardo dall’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pagg. 6 -7) .
Premette poi che l’operata rielaborazione contabile ha indotto alla quantificazione del credito nel minor importo di euro 138.783,52 , all’uopo richiesto in luogo dell’iniziale maggior importo (cfr. ricorso, pag. 7) .
Indi deduce che la corte d ‘appello ha ignorato del tutto l’operata riduzione della domanda, ossia, per un verso, si è pronunciata unicamente in ordine alle fatture per il cui pagamento era stata formulata istanza di decreto ingiuntivo (cfr. ricorso, pagg. 13 e 15) , per altro verso, non si è pronunciata in ordine alle fatture -cui la domanda era stata circoscritta -per le quali l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ seppur in ritardo aveva fatto luogo spontaneamente all’integrale pagamento (cfr. ricorso, pagg. 13 e 15) .
Deduce altresì che, seppur non avesse espunto le richieste di pagamento correlate alle fatture azionate in INDIRIZZO monitoria, la corte distrettuale sarebbe comunque incorsa nel denunciato vizio ‘di attività’ (cfr. ricorso, pagg. 15 -16) .
Deduce invero che la corte territoriale ha in ogni caso omesso di pronunciarsi su parte della domanda, cioè in ordine alla richiesta di pagamento degli interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2001 correlata alle fatture per le quali l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ancorché in ritardo aveva provveduto spontaneamente al pagamento (cfr. ricorso, pag. 16) .
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; il vizio di omessa motivazione ovvero di motivazione apparente.
Deduce che la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha omesso l’esame dell’operat a delimitazione dell’ esperita pretesa agli interessi correlati a fatture per le quali benché in ritardo l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva atteso spontaneamente al pagamento (cfr. ricorso, pag. 18) .
Deduce che la riferita circostanza è senz’altro decisiva così come emerge dalla motivazione della stessa sentenza della corte d ‘appello (cfr. ricorso, pag. 18) .
Il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso sono di certo connessi; invero, con il secondo mezzo il ricorrente adduce, sub specie di ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio’, la medesima censura veicolata, sub specie di ‘ error in procedendo ‘ , dal primo mezzo; in ogni caso, ambedue i motivi di impugnazione sono destituiti di fondamento e vanno respinti.
Si rappresenta dapprima che l ‘ art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (nella riformulazione risultante dall’art. 54 del d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito in legge 7.8.2012, n. 134, ed applicabile nella specie) ha introdotto nell’ordinamento un
vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all ‘ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (cfr. Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053 (Rv. 629831); cfr. altresì Cass. 8.10.2014, n. 21152, secondo cui l’ art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2.2.2006, n. 40, prevede l’ ‘omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione’, come riferita ad ‘un fatto controverso e decisivo per il giudizio’, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate; Cass. 8.9.2016, n. 17761) .
In questi termini il fatto decisivo per il giudizio, il cui esame -assume il ricorrente con il secondo mezzo – sarebbe stato omesso, asseritamente ‘rappresentato dalla delimitazione della pretesa ai soli interessi generati dal ritardato pagamento, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, delle fatture da quest’ultima pagate spontaneamente’ (così ricorso, pag. 18; cfr. memoria, pag. 6) , di certo non integra gli estremi di un fatto storico, di un preciso accadimento o di una precisa circostanza in senso storico.
Con precipuo riferimento al primo mezzo si evidenzia che la Corte di RAGIONE_SOCIALE -a premessa della delimitazione della delibazione al solo credito di euro 552,58, di cui alla nota n. 76/2004 -ha fatto luogo ai seguenti ulteriori rilievi.
Ovvero al rilievo per cui la domanda delle appellanti avrebbe potuto essere esaminata nel merito ‘unicamente per i crediti relativi alle fatture integralmente pagate, poiché, si ribadisce, per quelle ancora insolute la società creditrice avrebbe dovuto agire sia per il capitale residuo sia per gli interessi senza frazionare le relative pretese’ (così sentenza d’appello, pag. 7) .
Ovvero al rilievo per cui le fatture per le quali la creditrice aveva ottenuto decreti ingiuntivi (cioè, le fatture n. 13, n. 14, n. 15, n. 16, n. 17 e n. 18 del 2004 e -per il residuo capitale – la fattura n. 90 del 2004) , parimenti erano da escludere ‘per le ragioni espresse in precedenza’ (così sentenza d’appello, pag. 7) ; cioè, ‘ogniqualvolta si formi la res iudicata in ordine a una qualsiasi parte di tale pretesa creditoria globale, al creditore sarebbe precluso agire nuovamente per la soddisfazione di altra porzione di quella pretesa, per il giudicato ostativo, prima ancora che per il divieto di frazionamento giudiziale (così sentenza d’appello, pag. 4’) .
Ebbene, al cospetto dei surriferiti puntuali rilievi il primo motivo di ricorso non risulta formulato in ossequio agli oneri di cui al n. 4 ed al n. 6 del 1° co. dell’art. 366 cod. proc. civ., id est difetta di specificità ed ‘autosufficienza’.
Propriamente , il ricorrente non ha fornito puntuale indicazione delle ‘fatture pagate (in ritardo rispetto ai termini contrattuali) spontaneamente da parte dell’RAGIONE_SOCIALE‘ (così ricorso, pag. 7) e del prospetto contabile all’uopo depositato e ‘ ad hoc predisposto’ (così ricorso, pag. 12) .
Si badi che, qualora venga denunciato un ‘ error in procedendo ‘ , questa Corte di legittimità diviene anche giudice del ‘ fatto processuale ‘ ed è investita del potere di esaminare direttamente gli atti di causa.
E però il ricorrente non ha indicato, così come avrebbe dovuto, gli elementi individuanti e caratterizzanti i ‘fatti processuali’ di cui ha invocato il riesame (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181, ove si soggiunge che l’ ‘ error in procedendo ‘ non è rilevabile ex officio e che questa Corte non può ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento dell’ ‘ error ‘ ) .
13. D’altra parte, q uesta Corte spiega che la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’ accertamento in concreto della volontà della parte (cfr. Cass. (ord.) 22.9.2023, n. 27181; Cass. (ord.) 13.3.2018, n. 20718, secondo cui l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel ‘thema decidendum’, tale statuizione, ancorché erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea; in tal caso, il dedotto errore del giudice non si conf igura come ‘error in procedendo’, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte; Cass. sez. lav. 27.10.2015, n. 21874) .
14. Su tale scorta si rimarca quanto segue.
Il ricorrente si duole, in fondo, per l’asserita erron ea interpretazione della sua domanda (‘la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE ha utilizzato, per definire il giudizio di secondo grado, un’errata prospettiva di indagine (in contrasto, peraltro, con la domanda da ultimo ridotta dal RAGIONE_SOCIALE (…) ) ‘: così ricorso, pag. 13) , così come ridefinita con la conclusionale d’appello (cfr. ricorso, pagg. 6 -7) .
E tuttavia la motivazione, in parte qua agitur , del dictum della Corte di RAGIONE_SOCIALE è -alla luce dei premessi rilievi – ineccepibile, congrua ed esaustiva.
C on il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 1260 cod. civ.; il vizio di omessa motivazione ovvero di motivazione apparente; la nullità della sentenza.
Deduce che ha errato la Corte di RAGIONE_SOCIALE ad attribuire l’importo di euro 84,56 alla ‘RAGIONE_SOCIALE (incorporante la ‘RAGIONE_SOCIALE) anziché ad esso ricorrente (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deduce che la corte d’appello non ha tenuto conto del contenuto dell’atto di cessio ne del credito datato 19.12.2006 siglato con la ‘RAGIONE_SOCIALE
Deduce segnatamente che all’art. 3.2 dell’atto di cessione le parti avevano concordato che sarebbero rimasti di esclusiva spettanza del cedente gli interessi relativi a somme incassate entro i cinque anni successivi (cfr. ricorso, pag. 21) .
Deduce quindi che nella specie l’importo – euro 552,58 – della nota di credito n. 76 del 20.9.2004 è stato incassato il 25.1.2007, dunque entro i cinque anni successivi al 19.12.2006 (cfr. ricorso, pag. 21 -22) .
Anche il terzo motivo di ricorso va respinto.
La titolarità -nella specie attiva – della posizione soggettiva dedotta in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione (cfr. Cass. sez. un. 16.2.2016, n. 2951 (Rv. 638371 – 01)) .
Evidentemente si tratta di un profilo ‘di fatto’ , a rigore censurabile ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499) .
18. Ebbene, il ricorrente non ha indicato il ‘come’ e il ‘quando’ il profilo d i cui all’art. 3.2 dell’atto di cessione , idoneo a fondare -adduce -la sua legittimazione sostanziale attiva, sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (cfr. Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053, (Rv. 629831)) .
Segnatamente il ricorrente si è limitato a prospettare del tutto genericamente che l’atto di cessione è stato ‘regolarmente offerto in comunicazione sin ab initio a controparte’ (così ricorso, pag. 21) e che al riguardo non vi è stata contestazione da parte dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (a tal ultimo riguardo cfr. altresì Cass. 9.8.2016, n. 16655) .
Per giunta, si badi, è stato lo stesso ricorrente ad addurre che la questione de qua non è stata oggetto di discussione tra le parti (cfr. ricorso, pag. 21) .
In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
La RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va nei suoi confronti assunta.
20. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE , a rimborsare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa previdenza come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte