Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23625 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23625 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 12835 – 2024 R.G. proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE di CATANIA -c.f. P_IVA -in persona del direttore generale, legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Catania, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo di p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALEc.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME
che hanno indicato i rispettivi indirizzi di p.e.c. e presso i quali elettivamente domicilia.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 1985 /2023 della Corte d’Appello di Catania, udita la relazione nella camera di consiglio del 17 giugno 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. la ‘ RAGIONE_SOCIALE conveniva dinanzi al Tribunale di Catania l’ ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’.
Premetteva che in qualità di ‘comunità terapeutica assistita’ (c.t.a.) erogava prestazioni ‘per la riabilitazione psichiatrica’ per conto del Servizio Sanitario con cui era accreditata (cfr. ricorso, pag. 5) .
Premetteva che il corrispettivo delle prestazioni era stato determinato per ciascun paziente che fruiva dei ‘programmi terapeutici’, della durata massima di 72 mesi, in euro 202,00 al giorno per i primi 24 mesi ed in euro 192,00 al giorno per i mesi successivi; ed era stato determinato in euro 110,00 al giorno per ciascun paziente che fruiva di ‘trattamenti socio -riabilitativi’ (non terapeutici) (cfr. ricorso, pag. 5) .
Premetteva che le prestazioni terapeutiche e le prestazioni riabilitative venivano erogate in due distinti moduli, entrambi con la disponibilità di venti posti (cfr. ricorso, pag. 5) .
Indi esponeva che, a causa dell’insufficienza dei posti nel modulo destinato alle prestazioni riabilitative , l’ ‘ARAGIONE_SOCIALE di Catania ‘ aveva con nota del 6.6.2014 stabilito che i pazienti che avevano esaurito il ciclo di prestazioni terapeutiche,
onde fruire dell’assistenza ‘socio -riabilitativa’, rimanessero nel primo modulo con corresponsione della retta di euro 110,00 al giorno pro capite (cfr. ricorso, pag. 5) .
Esponeva inoltre che aveva impugnato innanzi al T.A.R. la surriferita nota dell’ ‘A.S.P’; e che il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, dinanzi al quale aveva proposto appello avverso la sentenza di rigetto del T.A.R., aveva con sentenza n. 952/2019, in accoglimento del gravame, annullato il provvedimento dell’ ‘A.S.P.’ (cfr. ricorso, pag. 6) .
Chiedeva dunque, in forza della sentenza del C.G.ARAGIONE_SOCIALE, che aveva riaffermato il suo diritto soggettivo a ricevere in pagamento la retta di euro 192,00 pro die e pro capite , dichiararsi il suo diritto alla percezione delle maggiori somme, ‘anche a titolo di risarcimento del danno per la violazione del diritto soggettivo all’integrale pagamento dei corrispettivi dovuti’ (cfr. ricorso, pag. 6) .
2. Si costituiva l’ ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’.
Eccepiva nel merito, peraltro, che ai pazienti collocati provvisoriamente nel primo modulo era stato erogato unicamente il trattamento ‘socio -riabilitativo’, per il quale il corrispettivo era stato determinato in euro 110,00 pro die e pro capite (cfr. ricorso, pag. 6) .
Con ordinanza del 21.6.2021 il Tribunale di Catania, affermata la propria giurisdizione, opinav a nel senso che la sentenza del C.G.A.R.S. importasse ‘il riconoscimento del diritto di controparte al pagamento di € 192,00 al giorno per paziente (…) condannava quindi l’ARAGIONE_SOCIALE a pagare alla c.t.a. la differenza (pari a
€ 104.058,00) tra le rette già versate (…) e la retta di 192,00 al giorno’ (così ricorso, pagg. 7 -8) , con gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002.
L’ ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’ proponeva appello.
Resisteva la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 1985 dei 15/22.11.2023 la Corte d’Appello di Catania rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Evidenziava la Corte di Catania, in ordine al primo motivo d’appello – con cui si era addotto che la controversia afferiva al danno scaturito da atto amministrativo illegittimo, sicché erroneamente il primo giudice aveva affermato la giurisdizione del G.O. – che la domanda spiegata in prime cure dalla ‘ c.t.a .’ aveva ‘ad oggetto il pagamento del corrispettivo dovuto, a fronte del l’erogazione del servizio, in forza della convenzione conclusa con la ASP (…)’ (così sentenza d’appello, pag. 4) .
Evidenziava altresì, la corte, che era destituito di fondamento il secondo motivo d’appello, con cui era stato censurata la reiezione dell’eccezione di prescrizione quinquennale (cfr. sentenza d’appello, pa g. 5) .
Evidenziava dipoi, in ordine al terzo motivo d’appello – con cui era stato censurato il primo dictum , nella parte in cui il tribunale aveva ritenuto che per i pazienti provvisoriamente collocati nel primo modulo fosse in ogni caso dovuto il corrispettivo per i pazie nti bisognevoli di trattamento ‘terapeutico -psichiatrico’ -che al la ‘ c.t.a .’ era senz’altro dovuto il pagamento del corrispettivo afferente al primo modulo (cfr. sentenza d’appello, pag g. 7- 8) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l ‘ ‘ Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’ ; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Il consigliere delegato ha formulato proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. datata 21.10.2024 di definizione del giudizio in dipendenza della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con apposita istanza l’ ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’ ha chiesto che la causa venga decisa.
La ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 1, cod. proc. civ. il difetto di giurisdizione, la violazione degli artt. 7, 4° co. e 5° co., 133, 1° co., lett. c), e 30, 2° co. e 6° co., d.lgs. n. 104/2010.
Deduce che ha errato la Corte di Catania a respingere il primo motivo di gravame, con cui era stato addotto il difetto di giurisdizione.
Deduce che è la stessa sentenza impugnata a dar atto del rapporto di consequenzialità tra la statuizione di annullamento del C.G.A.R.S. e la pretesa creditoria azionata dalla ‘ c.t.a .’ ovvero a far ‘ discendere il credito di controparte dall’illegittimità del provvedimento amministrativo’, cosicché nella specie si versa senza dubbio in una ipotesi di giurisdizione esclusiva ex art. 133 c.p.a. (cfr. ricorso, pag. 18) .
Deduce dunque che la ‘c.t.a.’ avrebbe dovuto rivolgere al G.A. la sua pretesa risarcitoria; che difatti, perché potesse agire innanzi al G.O., la ‘c.t.a. avrebbe dovuto far valere un credito relativo a indennità, canoni o altri corrispettivi non pagati per mero i nadempimento dell’ARAGIONE_SOCIALE‘ (così ricorso, pag. 19) .
Deduce, del resto, che nella memoria di costituzione in appello controparte ha ammesso ‘il collegamento (…) con l’atto amministrativo annullato dal C.G.A. ‘ (così ricorso, pag. 19) .
Deduce quindi che la corte d’appello ha disatteso il principio per cui la devoluzione della tutela risarcitoria al giudice amministrativo si verifica, ‘qualora il danno patito dal privato, che agisce contro la pubblica amministrazione, sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento che ha impugnato’ (cfr. ricorso, pag. 15) .
11. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. p roc. civ. la violazione dell’art. 2909 cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ.
Premette che con l’atto di appello aveva addotto che la pronuncia n. 952/2019 del C.G.A.R.S. -benché avesse dato atto del ‘non irrilevante impegno economico’ correlato alla inevitabile presenza nel primo modulo del personale ‘medico e non medico’ necessario per l’erogazione delle terapie psichiatriche (cfr. ricorso, pag. 25) non potesse tuttavia ‘essere letta nel senso di riconoscere in automatico la spettanza del pagamento della retta di € 192,00, relativa ai programmi terapeutici, anche per le prestazioni riabilitative non terapeutiche’ (così ricorso, pag. 23) .
Indi deduce che i riferiti motivi di gravame ‘non sono stati esaminati dalla Corte d’appello’ (così ricorso, pag. 24) .
Deduce propriamente che la corte distrettuale, allorché ha desunto dalla sentenza n. 952/2019 del C.G.A.R.S. -che non aveva quantificato il ‘sacrificio economico’ -l’obbligazione di pagamento per i degenti ‘socio -riabilitativi’, temporaneamente collocati presso il primo modulo e non destinatari dei trattamenti ‘psicoterapeutici’, del corrispettivo concordato per tali ultimi trattamenti, ha violato il giudicato amministrativo di cui alla medesima statuizione del C.G.A.R.S. (cfr. ricorso, pagg. 25 – 26) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2697 cod. civ.
Deduce che la ‘comunità terapeutica assistita’ giammai ha dato prova dell’obbligo contrattuale dell’ ‘ARAGIONE_SOCIALE‘ di provvedere al pagamento della retta di euro 192,00 pro die e pro capite ‘in ragione del modulo di accoglienza del degente, a prescindere dalle prestazioni per lui erogate’ (così ricorso, pag. 26) .
Deduce ulteriormente che la ‘c.t.a.’ non ha dato prova del ‘sacrificio economico’ sofferto, ossia non ha dimostrato che era stata costretta a rifiutare -con perdita di chance – richieste di ricovero di pazienti psichiatrici in dipendenza dell’occupazione dei posti del primo modulo da parte di pazienti destinatari di trattamenti ‘socio -riabilitativi’ (cfr. ricorso, pagg. 27 – 28) .
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’ art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 11 d.lgs. n. 231/2002.
Deduce che ha errato la Corte di Catania a ri gettare il quarto motivo d’appello, con cui era stato censurato il riconoscimento da parte del primo giudice degli interessi di cui al d.lgs. n. 231/2002.
Deduce che il titolo convenzionale -susseguente all’accreditamento -dell’avversa pretesa risale al 2001, dunque è antecedente al 2002, anno di entrata in vigore del d.lgs. cit. (cfr. ricorso, pag. 28) .
14. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Catania a confermare il capo della sentenza di primo grado recante sua condanna alle spese di prime cure nonché a condannarla alle spese di seconde cure.
15. Il consigliere delegato -lo si è anticipato – ha formulato proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. datata 21.10.2024 di definizione del giudizio in dipendenza della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso del seguente tenore:
<> .
Il Collegio reputa di condividere e recepire integralmente la surriferita proposta di definizione del giudizio.
E, ben vero, le ragioni di cui alla proposta non sono per nulla incrinate dai rilievi svolti in memoria dalla ricorrente.
In ogni caso, si formulano i seguenti ulteriori passaggi motivazionali, in linea, evidentemente, e con i rilievi di cui alla proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. e con i rilievi svolti negli analoghi ricorsi iscritti al n. 5135/2023 r.g. e al n. 21474/2023 r.g.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
È innegabile che il denunciato difetto di giurisdizione è ancorato all’asserita erronea esegesi dell’iniziale domanda spiegata dalla ‘comunità terapeutica assistita’ (‘la prospettazione del ricorso al Tribunale ex art. 702 si esauriva (sin dall’intestazione dell’unico motivo (…)) nel richiamo del giudicato, al quale veniva collegata automaticamente la domanda di condanna alle differenze tra i due trattamenti economici (…)’: così memoria d ella ricorrente, pag. 2) .
E tuttavia, in tema di ricorso per cassazione, questa Corte spiega che l ‘ erronea interpretazione della domanda e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell ‘ art. 360, 1° co. 1, n. 3), cod. proc. civ., perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, 1° co., n. 5), cod. proc. civ. (cfr. Cass. (ord.) 3.12.2019, n. 31546; Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. sez. lav. 27.10.2015, n. 21874) .
In questi termini non può che reputarsi quanto segue.
Da un canto, la ricorrente né ha rubricato la denuncia veicolata dal mezzo in esame alla stregua della prefigurazione del n. 5) del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. né ha dato compiutamente conto nel corpo del motivo in disamina di incongruenze inficiati l’esegesi -l’interpretazione dell ‘istanza esperita ai sensi dell’art. 702 bis cod. proc. civ. dalla ‘comunità terapeutica assistita’ cui la corte d’appello ha atteso.
D’altro canto, l’interpretazione dell’iniziale domanda cui la corte distrettuale ha fatto luogo, risulta congrua ed ineccepibile, comunque immune da qualsivoglia forma di anomalia motivazionale rilevante nel segno della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
Ben vero, la corte territoriale ha debitamente soggiunto che il petitum sostanziale era da identificare non già con il risarcimento del danno conseguente ad un atto amministrativo illegittimo, bensì con il ‘pagamento del corrispettivo tabellare per il servizio prestato quale risulta a seguito dello statuito annullamento dell’atto illegittimo’ e quindi con una pretesa riconducibile all’alveo dei diritti soggettivi (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
Il secondo motivo ed il terzo motivo di ricorso sono all’evidenza connessi; il che ne giustifica l ‘esame contestuale; in ogni caso, il secondo mezzo è parimenti inammissibile e le ragioni che inducono alla declaratoria di inammissibilità, assorbono la disamina del terzo mezzo.
22. La Corte di Catania non è incorsa in omissione di pronuncia.
Invero, la Corte etnea, in ordine al terzo motivo d’appello, in rigorosa aderenza a suoi ‘precedenti’ relativi a controversie del tutto analoghe e ‘sulla scorta della sentenza del CGA che ha annullato la nota della ASP in data
6.6.2014 ‘ (così sentenza d’appello, pa gg. 6 – 7) , ha puntualizzato che, a fronte degli elevati standard professionali e di personale che la ‘c.t.a.’ era tenuta a garantire ai pazienti ricoverati seppur provvisoriamente nel primo modulo, era senz’altro dovuto il pagamento del corrispettivo afferente al medesimo modulo, il cui ‘unico presupposto costitu ito dal ricovero del paziente nel modulo in questione giusta disposizione dell’ASP competente’ (così sentenza d’appello, pag. 8) .
Invano, dunque, l’ ‘RAGIONE_SOCIALE prospetta in questa sede che la Corte siciliana ha omesso la pronuncia/disamina in ordine al/del motivo d’ appello, con cui aveva addotto che era erronea la statuizione di condanna di cui all’ordinanza del tribunale, giacché pronunciata senza che fosse ‘stato dimostrato il sacrificio economico sopportato dall’appellata a motivo della presenza dei pazienti ‘ (così ricorso, pag. 23) .
In pari tempo, in maniera del tutto irrituale la ricorrente prefigura la violazione del giudicato susseguente alla pronuncia del C.G.A.R.S.
Invero, l’interpretazione del giudicato ‘ esterno ‘ -assimilabile senza dubbio agli ‘elementi normativi’ – può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con piena cognizione, nei limiti tuttavia in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione in forza del principio di ‘ autosufficienza ‘ di tale mezzo di impugnazione.
Di talché, il ricorso deve riportare il testo della sentenza – che si assume passata in giudicato – con richiamo congiunto e della motivazione e del dispositivo, siccome il solo dispositivo non è bastevole alla comprensione del comando giudiziale (cfr. Cass. 19.8.2020, n. 17310; Cass. sez. lav. 8.3.2018,
n. 5508; Cass. 23.6.2017, n. 15737; Cass. 11.2.2015, n. 2617; Cass. sez. lav. 13.12.2006, n. 26627) .
24. Su tale scorta si rimarca quanto segue.
Per nulla la ricorrente ha provveduto, onde consentire il riscontro ed il vaglio dei propri assunti, a riprodurre nel corpo del ricorso il testo integrale della sentenza n. 952/2019 del C.G.A.R.S. , che ha dato vita al giudicato ‘esterno’ disatteso -assume -nel caso di specie.
Propriamente l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ si è limitata alle pagine 21 e 23 del ricorso – a riprodurne singoli stralci.
E, ben vero, il difetto di ‘autosufficienza’ e, prim’ancora, di ‘specificità’ è stato puntualmente eccepito dalla controricorrente (‘il ricorso difetta (…) quanto al motivo sulla violazione del Giudicato, dell’integrale illustrazione della sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana numero 952/2019 (non potendosi fare a meno di rilevare sin d’ora, che n el testo della sentenza riportato a pagina 21 del ricorso, risultano omesse proprio le parti ritenute più rilevanti dalla Cor te d’Appello e dal Tribunale (…)’ : così controricorso, pagg. 7 – 8) .
E, ben vero, il difetto di ‘autosufficienza’ rileva pur alla luce dell’elaborazione delle sezioni unite di questa Corte.
Ossia nel segno della pronuncia n. 8950 del 18.3.2022 delle sezioni unite, ove si è puntualizzato che il principio di ‘autosufficienza’ del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, 1° co., n. 6 ), cod. proc. civ., quale corollario del requisito di specificità dei motivi (anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021) non deve, certo, essere
interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e, tuttavia, postula che nel ricorso sia comunque puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure.
25. In questo quadro, cioè in dipendenza dell’efficacia esplicata dal giudicato conseguente alla pronuncia n. 952/2019 del C.G.A.R.S., restano ‘assorbite’ in senso improprio (cfr. Cass. (ord.) 12.11.2018, m. 28995, secondo cui la figura dell’assorbimento in senso improprio ricorre quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande) – le censure veicolate dal terzo mezzo.
Ossia i rilievi per cui, giusta la convenzione allegata, controparte ha dato prova del proprio diritto al pagamento della retta secondo il trattamento attuato (cfr. ricorso, pag. 27) e per cui ‘la retta (…) dipende dalle prestazioni rese in favore del degente, non dal modulo in cui egli si trova’ (così ricorso, pag. 27) .
Ossia il rilievo per cui non ‘sono stati mai indicati (e provati) ipotetici maggiori costi per il primo modulo, che la c.t.a. doveva necessariamente sostenere per i ricoverati sottoposti a programmi terapeutici (…)’ (così ricorso, pag. 28) .
Più esattamente, va recepita, in parte qua , l’argomentazione della controricorrente secondo cui ‘il riconoscimento (…) del diritto al maggior corrispettivo dovuto in relazione ai maggiori costi correlati al più oneroso standard imposto per il primo modulo, consente di escludere la necessità di qualsiasi ulteriore p rova in merito a ulteriori costi o all’esecuzione di trattamenti terapeutici’ (così controricorso, pag. 19) .
Il quarto motivo di ricorso del pari è inammissibile.
Va premesso che, in ordine al quarto motivo d’appello , la Corte catanese ha puntualizzato -per quel che qui rileva che competevano senz’altro gli interessi di cui al d.lgs. cit., siccome ‘la convenzione stata rinnovata reiteratamente dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 231/2002, sì come emerge dalla documentazione tempestivamente prodotta in giudizio dall’appellata’ (così sentenza d’appello, pag. 9) .
28. Su tale scorta non può che reputarsi quanto segue.
Il mezzo in disamina per nulla reca ‘autosufficiente’ specificazione degli esatti margini in cui l’iniziale contratto è stato rinnovato, sì che le rinnovazioni di volta in volta susseguitesi avrebbero comunque lasciato persistere il tenore dell’originaria pattuizione del 2001.
In ogni caso , seppur la ricorrente avesse assolto l’anzidetto onere di ‘autosufficiente’ specificità, di certo sarebbe stato da condividere il rilievo della controricorrente, secondo cui ‘lo scrutinio in merito all’esistenza e al riconoscimento di un rinnovo contrattuale è (…) una , non censurabile con ricorso per Cassazione’ (così controricorso, pag. 23. Cfr. Cass. 13.7.1987, n. 6107, secondo cui l’apprezzamento postulato dalla rinnovazione tacita del contratto è devoluto al giudice di merito) .
Le enunciate ragioni di inammissibilità dei precedenti motivi di ricorso giustificano di per sé, per un verso, la regolamentazione delle spese dei gradi di merito; giustificano di per sé, per altro verso, la reiezione del quinto motivo di ricorso.
30. In dipendenza dell’i nammissibilità del ricorso l’ ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’ va condannata a rimborsare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
31. Ai sensi dell’art. 380 bis , 3° co., cod. proc. civ., se la parte ha chiesto la decisione dopo la comunicazione della proposta di definizione anticipata e la Corte definisce il giudizio in conformità alla proposta, si applicano il 3° co. e il 4° co. dell’art. 96 cod. proc. civ.
La ricorrente deve, quindi, essere condannata al pagamento, a favore di controparte, ai sensi dell’ art. 96, 3° co., cod. proc. civ., di una somma equitativamente determinata in misura pari all’importo euro 7.000,00 – degli onorari di giudizio nonché, ai sensi dell’art. 96, 4° co., cod. proc. civ., al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad euro 2.500,00.
32. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente, ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’, a rimborsare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE , le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
condanna la ricorrente, ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’, a pagare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 96, 3° co., cod. proc. civ., la somma di euro 7.000,00 in tal misura equitativamente determinata;
condanna la ricorrente, ‘Azienda Sanitaria Provinciale di Catania’, a pagare alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° co., cod. proc. civ., la somma di euro 2.500,00;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte