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Correzione errore materiale: spese legali e limiti

La Corte di Cassazione interviene per la correzione di un errore materiale in una propria ordinanza. Inizialmente, pur dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino, aveva erroneamente condannato alle spese il Ministero convenuto, rimasto però inattivo nel processo (intimato). Su istanza del ricorrente, la Corte ha corretto la decisione, stabilendo che nulla è dovuto per le spese, poiché la condanna era frutto di un palese refuso in contrasto con le motivazioni. La pronuncia chiarisce che il procedimento di correzione non ammette una nuova statuizione sulle spese processuali.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Correzione errore materiale: la Cassazione chiarisce i limiti sulle spese legali

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sulla correzione errore materiale e sulla sua applicazione pratica, in particolare per quanto riguarda la condanna alle spese di giudizio. Questo strumento processuale si rivela fondamentale per garantire la coerenza e l’esattezza formale dei provvedimenti giudiziari, senza però alterarne la sostanza. Vediamo come la Suprema Corte ha applicato questi principi a un caso emblematico.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza con cui la Corte di Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un cittadino contro il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Tuttavia, nel dispositivo della stessa ordinanza, la Corte aveva commesso un palese errore: aveva condannato il Ministero – che era rimasto ‘intimato’, ovvero non si era costituito né aveva partecipato al giudizio – al pagamento delle spese legali in favore del ricorrente.

Questa statuizione era evidentemente contraddittoria. Se il ricorso era inammissibile, la parte soccombente era il ricorrente stesso, e non poteva logicamente beneficiare di una condanna alle spese a carico della controparte, per di più rimasta inattiva. Accortosi dell’evidente svista, lo stesso ricorrente ha presentato un’istanza per la correzione errore materiale contenuto nel provvedimento.

La Procedura di Correzione Errore Materiale

La Corte ha accolto la richiesta, riconoscendo la fondatezza dell’istanza. Il procedimento di cui all’art. 287 del Codice di procedura civile è esperibile proprio per sanare difformità tra il pensiero del giudice e la sua materiale stesura nell’atto, quando tale discrepanza sia chiaramente rilevabile dal testo stesso del provvedimento.

In questo caso, il contrasto era lampante: la motivazione stabiliva la soccombenza del ricorrente, mentre il dispositivo condannava erroneamente la controparte. La Corte ha quindi disposto, ai sensi degli artt. 391 bis e 380 bis c.p.c., la rettifica dell’ordinanza. La parte del dispositivo relativa alle spese è stata sostituita con la dicitura corretta, ovvero che nulla doveva essere disposto per le spese, essendo il Ministero rimasto intimato.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono state chiare e lineari. I giudici hanno definito le statuizioni errate come il “frutto di refusi”, ovvero di semplici errori di trascrizione. Sussistevano, quindi, tutti i presupposti per accogliere la richiesta di correzione.

Un punto cruciale della decisione riguarda le spese relative al procedimento di correzione stesso. La Corte ha stabilito che non vi era luogo a provvedere su di esse. La natura del procedimento di correzione è, infatti, considerata sostanzialmente amministrativa e non contenziosa. Non essendo volto a risolvere una lite tra le parti, ma solo a ripristinare la corretta formulazione di un atto giudiziario, non si configura una posizione di soccombenza ai sensi dell’art. 91 c.p.c. Pertanto, nessuna delle parti può essere condannata al pagamento delle spese per aver attivato o partecipato a tale procedura.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce due principi fondamentali. Primo, la correzione errore materiale è uno strumento essenziale per rimediare a incongruenze formali palesi, assicurando che la volontà del giudice sia rappresentata fedelmente nel provvedimento scritto. Secondo, un soggetto che rimane ‘intimato’ in un giudizio di legittimità non può essere condannato alle spese qualora il ricorso contro di lui venga respinto o dichiarato inammissibile. Infine, la natura non contenziosa del procedimento di correzione esclude la possibilità di una nuova pronuncia sulle spese processuali, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Quando si può chiedere la correzione di un errore materiale in un’ordinanza?
Si può chiedere quando esiste un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua rappresentazione grafica nel testo del provvedimento. L’errore deve essere chiaramente rilevabile dal confronto tra la motivazione e il dispositivo, senza che la correzione incida sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione.

Perché il Ministero, pur essendo parte del giudizio, non doveva essere condannato alle spese?
Perché era rimasto ‘intimato’, ovvero non si era costituito né aveva partecipato attivamente al giudizio di cassazione. In base al principio di soccombenza, le spese dovevano seguire la sorte del ricorso, che era stato dichiarato inammissibile. La condanna a carico del Ministero è stata quindi un evidente errore materiale.

Sono previste spese legali per il procedimento di correzione dell’errore?
No. La Corte ha specificato che nel procedimento di correzione degli errori materiali non è ammessa alcuna pronuncia sulle spese processuali. Questo perché il procedimento ha una natura ordinatoria e amministrativa, non contenziosa, e quindi non determina una posizione di soccombenza tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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