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Correzione errore materiale: quando il giudice sbaglia

Una cooperativa ha ottenuto la correzione di un’ordinanza per un errore materiale nella liquidazione delle spese legali. La Cassazione ha ridotto l’importo da €15.000 a €5.000, riconoscendo un ‘errore di battitura’ e distinguendo tale svista dall’errore di fatto revocatorio. La decisione si basa sulla manifesta volontà del giudice, alterata da un refuso.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Correzione Errore Materiale: Quando un Typo in Sentenza Può Essere Modificato

La correzione errore materiale è una procedura fondamentale nel nostro ordinamento giuridico, che permette di emendare sviste e refusi presenti nei provvedimenti giudiziari senza dover ricorrere a complessi mezzi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4953/2024, offre un chiaro esempio di come e quando questo strumento possa essere utilizzato, in particolare nel contesto della liquidazione delle spese legali.

Il Caso: Una Richiesta di Correzione per Spese Legali Eccessive

Una cooperativa si è rivolta alla Suprema Corte per chiedere la correzione di una precedente ordinanza. Il provvedimento in questione aveva liquidato le spese di giudizio a suo carico per un importo di €15.000. La ricorrente ha sostenuto che tale cifra fosse frutto di un palese errore materiale.

Secondo la difesa della cooperativa, il valore della controversia rientrava in uno scaglione tariffario (da €52.001 a €260.000) per cui i compensi massimi previsti erano pari a €11.483. La condanna a €15.000, oltre a superare tale massimo, non era supportata da alcuna motivazione che giustificasse un simile aumento. La cooperativa ha ipotizzato che il giudice, per una semplice svista, avesse digitato “€15.000” invece del più congruo importo di “€5.000”.

La Difesa dell’Ente Controparte

L’ente previdenziale, controparte nel giudizio, si è opposto alla richiesta, eccependo l’inammissibilità del ricorso. A suo avviso, la cooperativa non stava denunciando un errore materiale, bensì un errore di fatto revocatorio, ovvero un errore di percezione del giudice che avrebbe richiesto una diversa e più complessa procedura di impugnazione.

La Decisione della Corte: Accolta la Correzione Errore Materiale

La Corte di Cassazione ha respinto l’eccezione dell’ente e ha accolto il ricorso della cooperativa. Ha stabilito che l’errore indicato non riguardava la percezione di un fatto, ma cadeva sulla manifestazione della volontà espressa nel comando giudiziale. In altre parole, si trattava di un classico “errore di battitura” o lapsus calami.

Di conseguenza, la Corte ha disposto la correzione dell’ordinanza precedente, sostituendo l’importo di “€15.000” con “€5.000,00”, ritenuto congruo rispetto al valore della causa e ai parametri tariffari.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito che l’errata applicazione di una tariffa forense può essere corretta attraverso la procedura di correzione errore materiale prevista dall’art. 288 c.p.c. Questo avviene quando l’errore non altera il contenuto concettuale della decisione, ma si limita a un’inesatta espressione formale.

Nel caso specifico, era evidente che l’ordinanza originale non intendeva superare i massimi tariffari, poiché mancava qualsiasi motivazione a supporto di tale scelta. L’importo di €15.000 era palesemente sproporzionato e riconducibile a una svista, un errore nella digitazione della cifra corretta. L’errore non era sul giudizio o sulla valutazione dei fatti (errore revocatorio), ma sulla sua trascrizione (errore materiale). La Corte ha quindi riconosciuto che la volontà del giudice era stata espressa in modo errato per un mero refuso, correggendo l’atto per renderlo conforme all’intenzione originaria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio di economia processuale e di giustizia sostanziale. Permette di rimediare a evidenti sviste senza costringere le parti a intraprendere lunghi e costosi percorsi di impugnazione. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che di fronte a un errore palese di calcolo o a un refuso nella quantificazione delle spese, la via della correzione errore materiale è non solo percorribile ma doverosa. La decisione rafforza la distinzione tra l’errore che vizia la formazione del giudizio e quello che ne inficia solo la sua estrinsecazione formale, garantendo che un semplice typo non possa pregiudicare i diritti delle parti.

Quando un errore nella liquidazione delle spese legali è considerato ‘materiale’?
Un errore nella liquidazione delle spese è considerato materiale quando deriva da una svista o un refuso, come un errore di battitura, e non da un’errata valutazione nel merito. Si verifica quando l’importo indicato nel provvedimento non corrisponde alla reale volontà del giudice, come nel caso di una cifra palesemente sproporzionata rispetto alle tariffe applicabili e non motivata.

Qual è la differenza tra errore materiale e errore di fatto revocatorio secondo la Corte?
Secondo la Corte, l’errore materiale cade sulla manifestazione di volontà espressa nel comando giudiziale (es. un errore di scrittura), mentre l’errore di fatto revocatorio riguarda un errore sulla percezione di un fatto processuale. Il primo può essere corretto con una procedura semplice, il secondo richiede un’impugnazione specifica.

È necessario motivare il superamento dei valori massimi previsti dalle tariffe forensi?
Sì, implicitamente la Corte afferma che, qualora un giudice intenda superare i massimi dello scaglione tariffario di riferimento, deve fornire una specifica motivazione. L’assenza di tale motivazione, nel caso di specie, è stata uno degli elementi che ha convinto la Corte che si trattasse di un semplice errore materiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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