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Correzione errore materiale: quando è lecita?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la procedura di correzione errore materiale di una sentenza è legittima anche quando la svista non è evidente dal solo testo del provvedimento, ma emerge dal confronto con altri atti processuali, come una perizia tecnica (CTU). Nel caso esaminato, riguardante l’errata indicazione di un dato catastale di un box auto, la Corte ha rigettato il ricorso degli acquirenti, confermando che la correzione non alterava la decisione del giudice ma si limitava a rettificare una divergenza tra il suo pensiero e la sua espressione grafica, un mero ‘lapsus calami’.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Correzione Errore Materiale in Sentenza: Limiti e Possibilità

Una sentenza passata in giudicato è, per definizione, immutabile. Tuttavia, l’ordinamento prevede uno strumento per sanare sviste e imprecisioni che non intaccano la sostanza della decisione: la correzione errore materiale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini di applicabilità di questa procedura, stabilendo che è possibile ricorrervi anche quando l’errore non è palese ‘a colpo d’occhio’, ma emerge dal confronto con altri atti del processo. Analizziamo il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da un contenzioso immobiliare. Due coniugi avevano agito in giudizio contro una società costruttrice per ottenere, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento di proprietà di un box auto promesso in vendita e mai consegnato. Il Tribunale accoglieva la loro domanda, disponendo il trasferimento del bene, ma nel dispositivo della sentenza indicava un dato catastale errato (subalterno 34 anziché 36).

Successivamente, la società venditrice otteneva dal medesimo Tribunale la correzione dell’errore materiale. I coniugi acquirenti impugnavano tale decisione, sostenendo che si trattasse di un errore di giudizio e non di una semplice svista, e che la correzione avesse illegittimamente modificato una sentenza ormai definitiva (passata in giudicato). La Corte d’Appello respingeva il gravame, confermando la legittimità della correzione. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sulla correzione errore materiale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei coniugi, confermando la sentenza d’appello e la legittimità della procedura di correzione. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione estensiva degli articoli 287 e 288 del codice di procedura civile.

I giudici di legittimità hanno affermato un principio fondamentale: il procedimento di correzione è esperibile per ovviare a un difetto di corrispondenza tra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica. Tale difetto non deve necessariamente risultare ictu oculi (a colpo d’occhio) dal solo testo della sentenza, ma può essere evidenziato anche confrontando il provvedimento con atti esterni, purché facenti parte del medesimo giudizio, come la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU).

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa sulla distinzione tra errore di giudizio ed errore materiale. L’errore di giudizio attiene al processo logico-decisionale del giudice (valutazione delle prove, applicazione delle norme) e può essere corretto solo tramite i mezzi di impugnazione ordinari (appello, ricorso per cassazione). L’errore materiale, invece, è un mero lapsus calami, una svista che si verifica nella fase di estrinsecazione scritta del pensiero del giudice, lasciando intatto il contenuto decisionale.

Nel caso di specie, la Corte ha osservato che:

1. L’intento del giudice era chiaro: il giudice di primo grado, nella motivazione della sentenza originaria, aveva omesso di specificare i dati catastali del box, ma aveva fatto esplicito riferimento alla relazione del CTU per l’identificazione dell’immobile, le sue difformità e la conseguente quantificazione del danno.
2. La fonte dell’errore era rintracciabile: la perizia del CTU identificava correttamente il box con il subalterno 36. L’indicazione del subalterno 34 nel dispositivo della sentenza era dunque una palese divergenza rispetto agli atti su cui il giudice aveva fondato la propria decisione.
3. La correzione non ha alterato la decisione: la rettifica del dato catastale non ha modificato la volontà del giudice di trasferire la proprietà di quel preciso box, come individuato dal perito, ma ha semplicemente allineato il testo del dispositivo alla decisione effettivamente presa.

In sostanza, la correzione non è intervenuta sulla ricostruzione logica del giudice, ma ha sanato una discrasia tra il voluto e il trascritto. L’errore era quindi materiale e non di giudizio, rendendo legittimo il ricorso alla procedura di correzione.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale pragmatico e volto a garantire l’efficienza del sistema giudiziario. Si stabilisce che la nozione di errore riconoscibile ictu oculi non va intesa in senso restrittivo (solo dal testo della sentenza), ma in senso più ampio, ammettendo il confronto con gli atti processuali interni al fascicolo. Le implicazioni pratiche sono notevoli:

* Ampliamento dell’ambito della correzione: si conferma la possibilità di correggere sviste clericali (dati anagrafici, catastali, riferimenti normativi) la cui erroneità è dimostrabile attraverso documenti del processo, senza dover intraprendere un nuovo e più complesso giudizio di impugnazione.
* Distinzione netta: viene ribadita la cruciale differenza tra l’errore che inficia la volontà del giudice (errore di giudizio) e quello che riguarda solo la sua manifestazione esteriore (errore materiale). Solo quest’ultimo è emendabile con la procedura semplificata.
* Certezza del diritto: si fornisce uno strumento per rendere le decisioni giudiziarie più aderenti alla realtà processuale e alla volontà del decidente, evitando che meri refusi possano compromettere l’esecutività e la chiarezza di una sentenza.

È possibile correggere un errore materiale in una sentenza se l’errore non è evidente dalla sua sola lettura?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la procedura di correzione è ammissibile anche quando l’errore non è palese ‘a colpo d’occhio’ (ictu oculi), ma emerge chiaramente dal confronto tra la sentenza e altri atti del medesimo processo, come una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU).

Qual è la differenza tra un errore materiale e un errore di giudizio?
L’errore materiale è una svista nella rappresentazione grafica del pensiero del giudice (un ‘lapsus calami’ o un errore di calcolo) che non incide sul suo processo decisionale. L’errore di giudizio, invece, riguarda un vizio nel ragionamento logico-giuridico del giudice e può essere corretto solo tramite i mezzi di impugnazione come l’appello.

Perché la correzione del dato catastale del box è stata considerata un errore materiale?
Perché era evidente, dagli atti processuali (in particolare dalla CTU a cui la sentenza stessa faceva riferimento), che il giudice intendeva trasferire la proprietà del box identificato con il subalterno 36. L’indicazione del subalterno 34 nel dispositivo è stata quindi considerata una mera distrazione nella fase di scrittura, una discrasia tra la volontà decisionale e il testo scritto, e non una modifica della sostanza della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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