Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14334 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14334 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2543/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrenti- contro
COGNOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato
COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrenti-
nonché contro
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 1465/2021 depositata il 16/11/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/1/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano davanti al Tribunale di Catanzaro Mario e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME perché fossero condannati alla demolizione di opere abusive effettuate su proprietà comune e al risarcimento dei danni. I convenuti si costituivano, resistendo.
Il Tribunale, dopo avere fatto chiamare i litisconsorti necessari pretermessi, ovvero gli altri comproprietari NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME che rimanevano contumaci, con sentenza n. 651/2017 accoglieva parzialmente la domanda, condannando i convenuti al risarcimento e alla riduzione in
pristino, ritenendo però -e quindi riducendo proporzionalmente il risarcimento -che gli attori fossero corresponsabili nella misura del 30%.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello principale, mentre NOME COGNOME e NOME COGNOME appello incidentale. Gli altri appellati rimanevano contumaci.
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1465/2021, accoglieva l’appello incidentale escludendo la corresponsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME, e quindi aumentando l’importo della condanna risarcitoria degli appellanti principali. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, basato su tre motivi e illustrato anche con memoria; NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono difesi con controricorso.
Considerato che:
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 29, 21 d.p.r. 380/2001 e 1227 c.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo e omessa motivazione.
1.1 La C orte territoriale ha rigettato il motivo d’appello degli attuali ricorrenti in ordine alla violazione dell’articolo 1227, secondo comma, c.c. escludendo che la condotta di controparte sia stata negligente e imprudente.
Si invocano gli adempimenti di cui agli articoli 20, 29 e 31 d.p.r. 380/2001 per cui si sarebbe potuto desumere che controparte era a conoscenza dell’abuso edilizio e non era quindi esonerata dalla relativa responsabilità. Si osserva poi che nel primo motivo d’appello si era evidenziato che ‘le modifiche progettuali in corso d’opera, che avevano determinato l’abuso, risultavano richieste proprio dagli attori’.
Si deduce pure la mancata contestazione ex articolo 115 c.p.c. di una nota del 18 luglio 2005 inviata ‘dal legale dei convenuti al legale degli attori’ per giungere a una transazione. Si sostiene altresì che ‘l’esecuzione dei lavori in difformità al progetto assentito era avvenuta sulla base di accordo tra tutti i comproprietari’, richiamando ancora il principio della non contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c. per affermare che controparte non avrebbe ‘assolto l’onere di contestazione nella prima difesa utile’.
Vengono inoltre richiamati quelli che sarebbero gli esiti delle testimonianze e dell’interrogatorio formale nonché documenti fotografici allegati alla consulenza tecnica d’ufficio e la consulenza tecnica d’ufficio stessa, attribuendo il giudice d’appello l’omesso esame ‘dei suddetti elementi probatori’, che avrebbero indotto a escludere la responsabilità degli attuali ricorrenti.
Si invoca, ancora, il profilo amministrativo per desumerne argomento sulla volontà di controparte (‘la presentazione della domanda di permesso di costruire in sanatoria’ rende pure ‘inefficace l’ordinanza di demolizione … con conseguente possibilità di mantenere le opere realizzate anche sulla base della accertata volontà dei coniugi COGNOME che intendevano realizzare un ampio terrazzo (lastrico solare) a servizio dell’appartamento di loro esclusiva proprietà’: sentenza, pagina 15): in tal modo sussisterebbe ‘palese violazione’ dell’articolo 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. essendo la motivazione ‘affetta da illogicità e incongruenza’, e sussisterebbe pure ‘omessa valutazione di un fatto storico decisivo’ ex articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c. per avere il giudice d’appello posto a base della responsabilità degli attuali ricorrenti il fatto che le controparti ‘avevano prestato il loro consenso alla demolizione del balcone afferente alla loro
proprietà esclusiva facendo affidamento sulla conformità urbanistica ed edilizia dei lavori di ristrutturazione che intendevano eseguire – avendo appurato che detti lavori non rispettavano il progetto … ne contestavano la difformità ed intimavano la demolizione’.
1.2 Il motivo, così ampiamente riassunto, dimostra ictu oculi sostanza fattuale; e pure i riferimenti normativi sono utilizzati per ‘coprire’ la sua natura di censura della ricostruzione dei fatti e dell’accertamento dell’assenza di corresponsabilità di controparte.
La doglianza, sotto questo profilo, patisce pertanto un’evidente inammissibilità.
Peraltro, non si può non si rilevare che la motivazione della sentenza d’appello non è carente di un sufficiente contenuto illustrativo, per cui non è stato violato -in contrario a quanto dedotto nel motivo, pur mancando nella relativa rubrica l’articolo 132 c.p.c. Ne consegue, per la presenza di tale infondata, appunto -censura, che il motivo va qualificato meritevole di rigetto.
Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c., violazione dell’articolo 111 Cost., omessa motivazione, violazione e/falsa applicazione degli articoli 132, secondo comma, 116 c.p.c. e 1227 c.c.
2.1 Il giudice d’appello si sarebbe posto in difformità rispetto alla consulenza tecnica d’ufficio senza spiegarne la ragione.
Il CTU ha ritenuto che vi sia un ‘minimo pregiudizio’ nella fruibilità dell’appartamento di controparte; la Corte territoriale afferma invece che la trasformazione della finestra per demolizione del balcone modifica il prospetto dell’edificio e diminuisce il valore dell’appartamento.
Qualora il giudice si discosti dalla consulenza tecnica percipiente, deve spiegarne le ragioni (Cass. 27411/2021). Si
riporta il passo d’appello attinente alla consulenza tecnica d’ufficio in ordine alla utilizzabilità rimasta (secondo quanto appunto affermato dal CTU) anche una volta tolto il balcone, si argomenta per la corresponsabilità dei coniugi proprietari che sono la controparte e se ne deduce, non avendo il giudice d’appello ritenuta sussistente tale corresponsabilità, violazione dell’articolo 1227, secondo comma, c.c.
2.2 Il motivo in parte è inammissibile perché -palesemente contenente una critica fattuale, che sarebbe adeguata in un gravame.
In altra parte esso risulta infondato rispetto alla pretesa mancanza di motivazione sulla divergenza dalla consulenza tecnica d’ufficio: la C orte territoriale non critica l’accertamento tecnico della consulenza tecnica d’ufficio, bensì accerta con altri mezzi l’esistenza di un pregiudizio per i proprietari dell’appartamento, cioè la diminuzione del valore dell’appartamento ‘sia ai fini della sua locabilità che ai fini di un eventuale vendita’, in base anche alla testimonianza di NOME COGNOME – che dichiara di avere rinunciato a prendere in locazione l’appartamento, pur essendo questo ‘finito’, proprio ‘per l’assenza del parapetto’ -.
Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 1226 c.c. e 132, secondo comma, n.4 c.p.c.
3.1 La Corte d’appello avrebbe attribuito erroneamente agli attuali ricorrenti i danni da mancata locazione ‘senza … considerazione degli elementi di fatto emersi ad esito dell’istruttoria e nella palese insussistenza dei presupposti, sulla base di argomentazioni inidonee a fornire elementi utili ad individuare la ratio decidendi ‘.
Si censura il passo motivazionale relativo alla testimonianza di NOME COGNOME e sulla determinazione del canone di locazione su cui il giudice d’appello avrebbe fondato il quantum risarcitorio, ritornando all’affermazione del consulente tecnico d’ufficio che ‘il pregiudizio alla fruibilità dell’appartamento è abbastanza contenuto’, diminuendo ‘il valore locativo mensile’ del 10% e argomentando ulteriormente e ampiamente sul contenuto della consulenza tecnica d’ufficio.
Il giudice d’appello avrebbe violato gli articoli 112 e 132, secondo comma, n.4 c.p.c. non essendo possibile ‘ritenere pregiudicata la locabilità dell’appartamento’ né ‘individuare la ratio decidendi ‘; si invocano pure i chiarimenti della consulenza tecnica d’ufficio e si argomenta sul contenuto della testimonianza di NOME COGNOME
3.2 Questo motivo in parte ripete il motivo precedente; comunque è integralmente adeguato ad un gravame, vertendo sul fatto e sugli esiti probatori della consulenza tecnica d’ufficio, per cui patisce un’evidente inammissibilità.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna -in solido per il comune interesse processuale -dei ricorrenti a rifondere a controparte le spese di lite, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti a rifondere ai controricorrenti le spese processuali, liquidate in un totale di € 1 .400,00, oltre a € 200 ,00 per gli esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 16 gennaio 2025