Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26152 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26152 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO anno 2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO in forza di procura speciale allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore, presso cui è domiciliata in Torino, INDIRIZZO;
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 7223/2019 pubblicata in data 21/11/2019, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE lamentando il pagamento di un assegno bancario non trasferibile per l’importo di € 9.900,00 tratto sul proprio conto corrente a soggetto diverso dal legittimo prenditore.
A seguito della segnalazione di mancata ricezione del titolo la RAGIONE_SOCIALE accertava che l’assegno era stato incassato presso la banca resistente da persona con nome e cognome identici a quelli del beneficiario tramite esibizione di documenti falsi, previa contraffazione della firma disconosciuta dall’effettivo beneficiario , come da denuncia presentata all’autorità competente. Pertanto, la ricorrente provvedeva a pagare nuovamente l’assegno al corretto beneficiario richiedendo la restituzione dell ‘importo alla banca. Chiedeva, pertanto, dichiararsi la responsabilità della banca e la restituzione di quanto pagato a soggetto diverso dal beneficiario, oltre interessi e rivalutazione.
Si costituiva la Banca chiedendo il rigetto delle domande.
Il Tribunale di Roma respingeva le domande rilevando la mancanza di prova in ordine alla circostanza che il titolo emesso dalla banca UGF su richiesta della RAGIONE_SOCIALE ed intestato al sig. NOME COGNOME fosse stato negoziato dalla società RAGIONE_SOCIALE, girataria per l’incasso , in favore di soggetto non legittimato.
RAGIONE_SOCIALE interponeva appello insistendo nelle domande formulate in primo grado cui si opponeva RAGIONE_SOCIALE chiedendone il rigetto.
La Corte di Appello di Roma in totale riforma della sentenza emessa dal Tribunale condannava RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento
in favore della società assicuratrice della somma di € 10.388,82 oltre rivalutazione ed interessi legali. Al riguardo, la corte territoriale riteneva assolto l’onere a carico di parte appellante di provare l’esistenza dell’assegno, la sua negoziazione, il mancato pagamento al soggetto non legittimato e il nuovo pagamento, onere assolto con la produzione in giudizio della denuncia sporta dal sig. COGNOME e la prova del secondo pagamento.
Ciò posto, la Corte di Appello accertava la colpa di RAGIONE_SOCIALE nell’aver negoziato il titolo in favore del falso prenditore limitando il controllo dell’identità attraverso l’esame della carta di identità e del codice fiscale non sufficiente nel caso in cui a presentare il titolo sia un soggetto che, non essendo un cliente abituale, non è stato in precedenza identificato, non ha in corso alcun rapporto con la banca e non può, nemmeno, dimostrare che l’incasso è collegato ad un’attività economica o di risparmio, in spregio alle raccomandazioni dell’RAGIONE_SOCIALE in subiecta materia.
Inoltre, la Corte di secondo grado riteneva non sussistente il concorso colposo di RAGIONE_SOCIALE per aver spedito il titolo per posta ordinaria.
La sentenza, non notificata, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 del RD 1736/33 e 1218 e 2697 c.c. nonché degli artt. 40 e 41 c.p., nonché la violazione dell’art. 112 c.p.c. per difetto di motivazione.
Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 del RD 1736/33 e 1218, 1176, comma 2, dell’art. 1992 c.c. e legge n. 445/2000 , contestando la erronea applicazione dei criteri di accertamento della colpa della banca negoziatrice.
Ad avviso di RAGIONE_SOCIALE non era possibile ravvisare alcuna responsabilità del cassiere laddove il titolo non presentava segni di alterazione e contraffazione e, pertanto, era stato legittimamente negoziato in favore di un soggetto identificato e corrispondente dal punto di vista anagrafico al beneficiario indicato nell’assegno. A fronte di tali circostanze il funzionario di banca non aveva alcun ulteriore obbligo di accertamento ai fini della identificazione del prenditore.
Con il terzo motivo, infine, RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1 c.p.c. degli artt. 1227, comma 1 c.c., 40 e 41 c.p. in riferimento agli artt. 83 D.P.R. 156/73 e D.M. 26/02/2004 e dell’art. 43 L.A., per erronea esclusione della rilevanza causale della spedizione dell’assegno mediante posta ordinaria, con conseguente esenzione da responsabilità a carico dello stesso mittente.
Orbene, le censure di cui ai primi due motivi sono da ritenersi inammissibili per le ragioni di seguito esposte.
Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità della asserita violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. con conseguente nullità della sentenza per omessa motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c..
Al riguardo, è sufficiente rilevare come la motivazione circa la sussistenza della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE sia stata effettuata dal giudice di secondo grado confutando le ragioni della odierna ricorrente.
Per quanto concerne il primo motivo avente ad oggetto la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di onere della prova a carico della parte attrice RAGIONE_SOCIALE, l’odierna ricorrente si duole della erronea valutazione compiuta dalla Corte di Appello di Roma in ordine alla sussistenza della prova circa il mancato pagamento al soggetto legittimato.
RAGIONE_SOCIALE evidenzia come la denuncia presentata dal signor NOME COGNOME, beneficiario dell’assegno, con la quale costui disconosce la firma apposta sul titolo, non possa ritenersi idonea a comprovare la circostanza, atteso che la dichiarazione è resa da un soggetto terzo e, quindi, non può costituire prova del mancato pagamento al soggetto legittimato in assenza di ulteriori elementi presuntivi. Ed invero, come accertato dal Tribunale, i dati anagrafici di colui che ha presentato la denuncia sono identici a quelli di chi si è presen tato all’incasso e la diversità tra il document o presentato dal denunciante e quello esibito al momento dell’incasso non evidenziano una falsità di quest’ultimo , atteso che il documento di identità esibito alla banca negoziatrice è del 2005, mentre quello presentato dal denunciante è del 2011; per cui è ben possibile che il documento del 2005 fosse genuino e il COGNOME COGNOME sia presentato con un nuovo documento di identità in sede di denuncia.
Orbene, il motivo di ricorso, sebbene sia formalmente fondato sulla violazione delle norme sulla prova del fatto costitutivo della responsabilità della Banca è, invero, finalizzato a far compiere a questa Corte un giudizio di valutazione delle emergenze di fatto come svolto dal giudice territoriale. Tale accertamento di fatto, segnatamente il pagamento a soggetto non legittimato è stato compiuto dalla Corte di Appello con
una valutazione non sindacabile in sede di legittimità.
Per quanto concerne il secondo motivo afferente alla denunciata non corretta applicazione dei criteri della colpa della Banca negoziatrice anche in relazione al l’erroneo riferimento alla circolare ABI valga quanto segue.
RAGIONE_SOCIALE evidenzia l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado che avrebbe censurato la condotta del cassiere senza tener conto della fondamentale circostanza che l’assegno si presentava integro e completo in tutti i suoi elementi essenziali così come i documenti di identità presentati per l’incasso.
In particolare, la pronuncia di appello avrebbe erroneamente fondato il giudizio di responsabilità contrattuale della banca negoziatrice -nell’attività di corretta identificazione del soggetto beneficiario del pagamento portato dal titolo – sulla base della mancata adozione delle raccomandazioni dell’ABI del 7 maggio 2001, e ciò in riferimento all’asserita necessità di richiedere due documenti identificativi dotati di fotografia al soggetto portatore del titolo per la verifica della corrispondenza dello stesso con l’effettivo e legittimo beneficiario del pagamento.
Ciò posto, è ben noto a questa Corte l’orientamento secondo il quale nel caso di pagamento di una somma in favore di soggetto non legittimato, non concorre ad individuare il livello di diligenza qualificata, esigibile da RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., la raccomandazione ABI contenuta nella circolare del 7 maggio 2001 (che prescrive l’identificazione del beneficiario del pagamento attraverso due documenti muniti di fotografia), dal momento che alla stessa non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, né tale regola prudenziale di condotta si rinviene negli “standards”
valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale da cui si ritiene di non doversi discostare (vedi Cass. Sez. 1 Sentenze nn. 34107 e 34108 del 19/12/2019 nonché più di recente Ordinanza n. 26866 del 13/09/2022).
Ma nel motivo posto all’attenzione della Corte l’odierno ricorrente richiede un riesame degli accertamenti compiuti in sede di merito su cui la Corte ha offerto una plausibile motivazione evidenziando che il controllo dell’identità del soggetto attraverso l’esame della carta di identità e del codice fiscale del presentatore non era sufficiente in quanto a presentare il titolo era stato un soggetto che, non essendo un cliente abituale, non era stato in precedenza identificato, non aveva in corso alcun rapporto con la banca e non poteva nemmeno dimostrare che l’incasso dell’assegno era collegato ad un’accertata attività economica o di risparmio.
Tale motivazione rappresenta in modo congruo la specificità della fattispecie sottoposta al giudice di merito che evidenzia la necessità di ulteriori approfondimenti circa la identificazione del prenditore del titolo, laddove sussistano profili di fatto che impongano un accertamento ulteriore e più approfondito di quello svolto in concreto dal cassiere di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. La censura in esame non si confronta specificamente con tale ratio decidendi e in particolare, si ripete, con l’accertamento di fatto compiuto in sede di merito per affermare la responsabilità della Banca.
Per quanto concerne il terzo ed ultimo motivo ritiene la corte lo stesso fondato.
La Cassazione (Cass. SS.UU. 9769/2020) sul punto ha
affermato il principio di corresponsabilità ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c. tra il mittente e la banca. Infatti, l’uso della posta ordinaria, come modalità di trasmissione, comporta l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza. Tale condotta, quindi, si configura come un antecedente causale dell’evento dannoso, che concorre con il comportamento colposo tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore del titolo all’incasso.
In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, previa pronuncia di inammissibilità dei primi due.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi; accoglie il terzo. Cassa e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche con riferimento al regime delle spese della presente fase.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,