Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32602 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 32602 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30636/2020 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
Comune di Agira , in persona del Sindaco pro tempore , domiciliato in Roma
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 126/2020 de lla Corte d’Appello di Caltanissetta, depositata il 21.5.2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l ‘
avv. NOME COGNOME
udito l ‘ avv. NOME COGNOME per delega verbale dell’ NOME COGNOME.
avv.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente si rivolse al Tribunale di Enna esponendo di essere dipendente del Comune di Agira, categoria A1, e di avere chiesto di passare alla categoria A2 mediante selezione indetta con determinazione dirigenziale n. 6820 del 24.4.2008, la quale si era conclusa con esito a lei favorevole, essendosi collocata in posizione utile nella graduatoria definitiva. Chiese quindi l’ accertamento del suo diritto al passaggio alla posizione economica A2 e la condanna dell’ente al pagamento delle relative differenze retributive.
Il Tribunale di Enna, nel contraddittorio delle parti, accolse la domanda.
Il Comune di Agira impugnò la sentenza di primo grado e la Corte d’appello di Caltanissetta accolse il gravame e rigettò, quindi, la domanda della lavoratrice, rilevando la nullità della procedura selettiva in mancanza della necessaria copertura finanziaria e degli atti formali di impegno di spesa.
La lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il Comune di Agira si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria n. 15536/2024 ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Nei termini di legge anteriori alla data fissata per l’udienza il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso e le parti hanno depositato ulteriori memorie.
All’udienza la causa è stata discussa dalla rappresentante della Procura Generale e dai difensori delle parti, che hanno tutti ribadito le rispettive conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia «falsa applicazione degli artt. 153 e 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 13 della legge regionale n. 44 del 1991, in relazione all’art. 360, comma 3, c.p.c. ».
La ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia ritenuto necessarie l’attestazione di regolarità contabile e quella di copertura finanziaria per la determinazione dirigenziale indittiva della selezione, senza considerare che il bando di selezione non è un atto impegnativo di spesa e che la copertura finanziaria delle progressioni economiche doveva essere necessariamente precedente a detto bando, risalendo alla costituzione del fondo annuale per il miglioramento dei servizi.
Il motivo è infondato.
2.1. La Suprema Corte ha chiarito -in un caso scaturito dalla medesima procedura selettiva per progressione economica orizzontale -che anche in tema di rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato le decisioni datoriali che incidano sul costo del personale e comportino spese a carico della Pubblica Amministrazione devono essere assunte in presenza della
necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale gli atti e le procedure eventualmente svolte sono prive di effetti e non consentono il sorgere di diritti delle parti, a ciò facendo eccezione soltanto i casi riportabili alla fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. e, quindi, caratterizzati dallo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato chieste e ricevute dal datore di lavoro pubblico pur in violazione di norme di legge o di contrattazione collettiva (Cass. n. 15364/2023).
In effetti, il principio della necessaria copertura della spesa, quanto agli enti locali, ha fondamento normativo, attualmente, nel combinato disposto degli artt. 191 e 153, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, secondo cui (art. 191, comma 1, cit.) «gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5».
A sua volta, l’art. 153, comma 5, menzionato, stabilisce che «Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle, proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità».
Sulla base della normativa allora vigente e di portata sostanzialmente analoga (art. 55, comma 5, legge n. 142 del 1990, secondo cui «i provvedimenti dei responsabili dei servizi
che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria») questa Suprema Corte ha già affermato che « la delibera …. è valida e vincolante nei confronti dell’ente soltanto se il relativo impegno di spesa sia accompagnato dall’attestazione, da parte del responsabile del servizio finanziario, della copertura finanziaria » e che « l’inosservanza di tale prescrizione determina la nullità della delibera …. comportando l’esclusione di qualsiasi responsabilità od obbligazione dell’ente pubblico in ordine alle spese assunte senza il suddetto adempimento » (Cass. S.U. n. 13831/2005).
Non diversamente, secondo Cass. n. 24303/2011, in tema di contratti stipulati dai comuni, è principio inderogabile quello della necessità dell’impegno di spesa, già ai sensi degli artt. da 284 a 288 del r.d. n. 383 del 1934, e succ. mod., la cui violazione comporta radicale nullità ed ancora, secondo Cass. S.U. n. 26657/2014, in tema di obbligazioni della pubblica amministrazione , all’ente non è consentito di derogare alle procedure di spesa di cui all’art. 23, commi 3 e 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla legge n. 144 del 1989, art. 1, comma 1, (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000) sicché, in mancanza, il rapporto obbligatorio non è riferibile all’ente.
In ambito di lavoro autonomo convenzionato, poi, Cass. n. 17358/2019 ha parimenti ritenuto che « l’esigenza di prevedere la copertura economica di qualunque spesa per la P.A. contraente è presupposto per la formazione di una valida volontà negoziale dell’amministrazione. Pertanto, ove la delibera di conferimento di un incarico professionale di
consulenza sia stata adottata senza la necessaria copertura finanziaria, è legittima la delibera di cessazione dell’incarico assunta dall’ente pubblico ».
Tali principi valgono, per la giurisprudenza di legittimità citata, data la generale portata delle norme, anche rispetto ad impegni destinati ad incidere su rapporti preesistenti (qui, rapporti di lavoro di pubblico impiego privatizzato) e, dunque, a vicende, come una progressione economica orizzontale, che, evidentemente, comportano il maturare di costi.
Ciò nel senso che la produzione di effetti di quegli impegni -quali, nel caso di specie, derivanti dall’indizione di una procedura utile ad individuare il personale che potrebbe godere della progressione de qua -in tanto può dispiegarsi e tradursi in un reale obbligo della Pubblica Amministrazione datrice di lavoro di adempiere, in quanto quella copertura di spesa vi sia.
In senso contrario non vale richiamare la giurisprudenza che, nel contesto dell’indirizzo del tutto uniforme di cui sopra, esclude l’invalidità o l’inefficacia quando l’attività negoziale sia fonte di costi non ancora certi e definiti (Cass. n. 13913/2019), non potendo questo affermarsi con riferimento ai costi del personale, soprattutto a quelli relativi a un aumento di trattamento di personale in forza, in ordine ai quali la copertura rispetto ai fondi destinati alla relativa sovvenzione non può non essere determinabile.
2.2. Tanto premesso, si osserva che, con riferimento alla richiesta «copertura finanziaria», la Corte d’appello di Caltanissetta ne ha accertato l’ inesistenza, sia per la mancanza delle previste attestazioni, sia perché la determinazione dirigenziale n. 117 del 23.11.2007 -indicata dalla ricorrente
quale fonte di prova della sussistenza della copertura -riguardava, in realtà, somme già pagate, che dunque non potevano essere destinate a finanziare futuri incrementi retributivi e, in particolare, quelli implicati dalle progressioni economiche indette con il bando del 2008.
Ne deriva che la corte di secondo grado ha ritenuto inesistente la necessaria copertura finanziaria con la conseguente inefficacia della procedura indetta, in linea con la giurisprudenza di questa Corte di portata generale in tema di obbligazioni della pubblica amministrazione e degli enti locali.
L’ accertamento di fatto, di per sé insindacabile in sede di legittimità, sorregge un’autonoma e autosufficiente ratio decidendi , a prescindere dall’ulteriore valutazione della Corte territoriale secondo cui sarebbe stata comunque decisiva anche la sola violazione formale dell’assenza di attestazione di regolarità nella determinazione indittiva della selezione.
Il secondo motivo di ricorso è rubricato «Violazione dell’art. 112 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.» ed è volto a denunciare l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata di condanna del Comune di Agira al risarcimento del «danno corrispondente … alla mancata percezione del differenziale di retribuzione con la medesima decorrenza dal 1°.1.2004» (ovverosia dalla data prevista nel bando di selezione quale decorrenza della progressione economica).
Il motivo è inammissibile, perché la ricorrente richiama le conclusioni da lei precisate nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, senza allegare di avere riproposto la domanda anche al giudice d’appello (art. 346 c.p.c.) . Deve essere qui ribadito che la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, pur non avendo l ‘ onere di proporre appello incidentale in relazione
alle proprie domande o eccezioni non accolte (perché superate o non esaminate in quanto assorbite), deve tuttavia riproporle espressamente nel giudizio di impugnazione, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un contegno omissivo (v. Cass. S.U. 13195/2018; Cass. n. 33649/2023).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso è rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
6 . Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1.500 per onorari, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori;
dà atto della sussistenza del presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della