Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3198 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 3198  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28528/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE  VAL  DI  CATANIA,  in  persona  del Sindaco,    elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
 avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  CATANIA  n.  413/2019 depositata il 22/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’odierno  ricorrente,  l’ingegnere  NOME  COGNOME, facendo  ricorso  a  giudizio  arbitrale  ha  chiesto  al  Comune  di Militello V.C.  il compenso e rimborso spese per lo svolgimento dell’incarico  professionale  di  progettazione,  direzione  lavori  e contabilità  dell’impianto  fognante  del  Comune.      Con  lodo arbitrale del 31 dicembre 2014  la richiesta dell’ingegnere era accolta.
Il Comune, con citazione del 30 marzo 2015, ha impugnato il lodo per avere disatteso l’eccezione di nullità, per mancanza di impegno di spesa, della delibera di Giunta dell’8.2.1990, -con la quale era stato conferito l’incarico al professionista -lamentando che erroneamente gli arbitri avessero ritenuto che la copertura finanziaria della spesa vi fosse, individuandola in fondi che in realtà erano destinati ad opere differenti; il Comune ha proposto ulteriori motivi che però la Corte d’appello di Catania ha ritenuto assorbiti in quanto ha accolto quello relativo all’assenza di copertura finanziaria e ha dichiarato la nullità del lodo arbitrale, rigettando le domande del COGNOME. La Corte di merito ha rilevato, in primo luogo, che alla fattispecie si applica la disciplina processuale anteriore alla riforma introdotta con il decreto legislativo n. 40 del 2006 e che secondo la disciplina applicabile alla fattispecie l’art. 829 comma secondo c.p.c. consente l’impugnazione del lodo per nullità anche qualora gli arbitri nel giudicare non abbiano osservato le regole di diritto; ha quindi osservato -previa ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale -che le delibere con le quali si affidano ai professionisti determinati incarichi sono nulle se non sussiste la copertura finanziaria e cioè l’impegno di spesa debitamente attestato; ha rilevato che nella delibera
autorizzativa dell’incarico manca la previsione dell’entità della spesa, della copertura finanziaria e l’attestazione da parte del responsabile del servizio finanziario di tale copertura; ha ulteriormente rilevato che al fine di ritenere sussistente la copertura di spesa non basta il richiamo ai decreti assessoriali elencati nella delibera di Giunta, sia perché si tratta di somme già vincolate alla realizzazione di altra e diversa opera (collettore) ritenuta prevalente, e in secondo luogo perché la copertura finanziaria non può essere condizionata a un futuro finanziamento ancora da erogarsi.
Ciò  premesso  la  Corte    d’appello    ha  ritenuto  che l’invalidità della delibera di incarico si estenda  anche  al contratto di prestazione d’opera, determinandone la nullità per violazione di norme imperative e che in carenza di una valida delibera di attribuzione dell’incarico professionale nessun compenso può essere liquidato al professionista.
Avverso  la  predetta  sentenza  ha  proposto  ricorso  per cassazione il professionista affidandosi a due motivi e ponendo in  subordine  una  questione  di  legittimità  costituzionale.  Si  è costituito  resistendo  con  controricorso  il  Comune  di  Militello. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
La causa  è stata trattata all’udienza  camerale  non partecipata del 21 dicembre 2023.
RITENUTO CHE
1.-    Con  il  primo  motivo  di  ricorso  si  lamenta  ai  sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 284  e 288  del Regio decreto 383/1934  e  l’errata applicazione dell’art. 23 del decreto legge n. 66 del 1989. La parte  ricorrente  illustra  la  differenza  tra    l’art.  284  R.D. 383/1934 e  l’art 23 del D.L. 66/1989; differenza che consiste nel  fatto  che  secondo  il  Regio  decreto  la  deliberazione  deve
indicare l’ammontare delle spese e i mezzi per farvi fronte, senza nulla da dire sulla nullità del contratto a valle, pur menzionando che le sezioni unite della Corte di Cassazione n. 12195 del 2005 hanno risolto la questione in via interpretativa adottando la soluzione della nullità derivata del contratto a valle; mentre l’articolo 23 cit. parla di impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario e prevede espressamente la nullità del contratto a valle facendo sorgere l’obbligazione direttamente in capo all’amministratore o al funzionario. Secondo la parte questa ultima norma (art. 23) non è applicabile al suo caso, malgrado quanto stabilito dalla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 26657 del 2014 sulla immediata applicabilità anche alle Regioni a statuto speciale come la Sicilia. Secondo la difesa del ricorrente infatti la nullità dei contratti è una nullità derivata dalla nullità della delibera a monte, che è un atto amministrativo, e quindi si tratta di disposizioni di diritto amministrativo rientrante nella legislazione esclusiva della Regione; l’art. 23 cit. pertanto non si applicherebbe al suo caso perché al momento in cui è stato stipulato il contratto la norma non era stata ancora recepita dalla Regione Sicilia. Applicandosi al suo caso la norma meno rigorosa (l’art. 284 R.D. 383/1934) ne discende che la delibera non è nulla perché non vi è assoluta incertezza della copertura della spesa in quanto il Comune disponeva di un ampio finanziamento destinato alla costruzione della rete fognaria e in questo finanziamento godeva di un residuo di circa 925.000,00 lire e i compensi sono determinati secondo tariffe obbligatorie.
2. -Il motivo è infondato.
Non vi è ragione di discostarsi dalla consolidata giurisprudenza  di  questa  Corte  espressa  dalla  sentenza  a
sezioni unite n. 26657 del 18/12/2014 e successive ( ass. n. 6970 del 20/03/2018; Cass. n. 21010 del 23/08/2018; Cass. n. 22481 del 24/09/2018) che ha enunciato il seguente principio: ‘Il divieto, per i Comuni, in base all’art. 23, commi 3 e 4, del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), di effettuare qualsiasi spesa in assenza di impegno contabile registrato dal ragioniere (o, in sua mancanza, dal segretario) sul competente capitolo di bilancio di previsione, si applica anche se la spesa sia interamente finanziata da altro ente pubblico, ferma restando la necessaria verifica della copertura della spesa nel bilancio del Comune che ne assume l’impegno. In tema di obbligazioni della P.A., l’inserimento nel contratto d’opera professionale di una clausola di cd. copertura finanziaria -in base alla quale l’ente pubblico territoriale subordina il pagamento del compenso al professionista, incaricato della progettazione di un’opera pubblica, alla concessione di un finanziamento -non consente di derogare alle procedure di spesa di cui all’art. 23, commi 3 e 4, del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), che non possono essere differite al momento dell’erogazione del finanziamento, sicché, in mancanza, il rapporto obbligatorio non è riferibile all’ente ma intercorre, ai fini della controprestazione, tra il privato e l’amministratore o funzionario che abbia assunto l’impegno. L’art. 23 del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267),
secondo il quale l’ente pubblico non risponde dell’attività posta in essere dal proprio funzionario senza l’osservanza delle regole procedimentali ivi previste, si applica anche ai Comuni della Regione Sicilia, a prescindere dal suo formale recepimento nella legislazione regionale, in quanto norma destinata ad incidere sull’efficacia del contratto e, quindi, relativa all’area dell’ordinamento civile riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.’
Segnatamente deve qui osservarsi che le censure del ricorrente non sono idonee a rivisitare questo ordinamento in quanto poggiano sulla considerazione che la sanzione di nullità della delibera a monte è stata adottata da una disposizione innovativa di diritto amministrativo rientrante nella materia regime degli enti locali e pertanto riservata alla legislazione esclusiva della Regione. Con questa censura il ricorrente trascura di considerare che l’interesse agitato in giudizio è l’interesse all’adempimento contrattuale e quindi un interesse di natura strettamente privatistica; la norma sulla copertura finanziaria, sulla nullità dei contratti nonché sulla riferibilità del rapporto obbligatorio all’ente è una norma destinata a produrre effetti nell’ambito dell’ordinamento civile, al fine di impedire che l’ente assuma obbligazioni senza copertura di spesa, e ciò a tutela del buon andamento della PRAGIONE_SOCIALE, nell’interesse pubblico all’equilibrio economico e finanziario degli enti, ragion per cui non è neppure possibile dirottare risorse destinate a fare fronte ad impegni di spesa regolarmente assunti a copertura di spese non debitamente impegnate ed obbligazioni non validamente assunte (v. Cass. n. 22481/2018, cit.)
3. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta l’omesso omesso esame di fatto decisivo per il giudizio. Il ricorrente deduce che il collegio arbitrale aveva considerato decisiva la circostanza che il Comune avesse accertato l’esistenza di economie sui finanziamenti regionali destinati alla realizzazione della rete fognaria; è quindi incongrua l’osservazione operata dalla Corte d’appello che la valutazione circa l’esistenza o meno di somme disponibili da parte del Comune andava fatta non sull’importo stimato della spesa prioritaria bensì sulle l’importo effettivamente impegnato a tal fine. La circostanza dell’esistenza della somma di lire 925.000.00 passata in economia, è largamente idonea a coprire gli obblighi di pagamento malgrado fosse stata ritenuta decisiva nel lodo e ignorata nella sentenza impugnata.
4. Il motivo è inammissibile.
La Corte ha tenuto conto del fatto che gli arbitri hanno ritenuto ‘sussistente la copertura per effetto di un risparmio di spesa afferente alla costruzione del collettore ‘ (v. pag. 5 ultime righe) e l’ha ritenuta una statuizione erronea per quanto precedentemente esposto sulla nullità della delibera di conferimento dell’incarico. La censura tende quindi a proporre una diversa valutazione del fatto già esaminato dalla Corte d’appello, ed è inammissibile il motivo che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass.n. 34476 del 27/12/2019).
Quanto  al  resto,  valgono  le  considerazioni  già  esposte nell’esame del primo motivo.
Il ricorrente prospetta inoltre una questione di legittimità costituzionale, riferita all’interpretazione rigoristica dell’art. 284 del Regio decreto n. 383/1934 perché comporterebbe un assoluto sacrificio dell’interesse del lavoratore professionista tutelato dalla Costituzione e in via subordinata per l’ipotesi in cui la Corte ritenga applicabile anche l’art. 23 anche in questo caso l’interpretazione letterale della disposizione comporta un sacrificio sproporzionato almeno in situazioni come quelle in esame in cui il committente dispone effettivamente di somme destinabili al pagamento del professionista.
La questione è manifestamente infondata sia perché la norma applicabile alla fattispecie è l’art. 23 del D.L. 2 marzo 1989 n. 66 convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), che è una norma a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione che quindi va bilanciata con i diritti del singolo, sia perché non vi è un sacrificio totale dei diritti del professionista, che ha comunque un credito verso il funzionario che ha agito senza la copertura finanziaria.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le  spese  seguono  la  soccombenza  e  si  liquidano  come  da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente,  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità,  che liquida in  euro 7.000,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili  oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1  quater  del  d.P.R.  n.  115  del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,  da  parte  del  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a titolo di contributo unificato pari a quello previsto  per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/12/2023.