Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6523 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6523 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13064/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale p.t., NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 54/2020 depositata il 13/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che:
NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Pescara la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo, previo accertamento del suo inadempimento all’obbligo di offrirgli copertura assicurativa per la responsabilità civile, in quanto tesserato, nella qualità di istruttore di secondo livello della affiliata RAGIONE_SOCIALE, che fosse condannata al risarcimento dei danni nella misura di euro 21.754,00 o nella diversa misura da accertare giudizialmente;
a tal fine adduceva che durante un allenamento aveva colpito accidentalmente al volto l’allievo NOME COGNOME; che, per tale episodio, era stato ritenuto colpevole del reato di lesioni colpose dal Tribunale penale di RAGIONE_SOCIALE (sentenza n. 678/08) e condannato al pagamento di euro 500,00 di multa, di euro 2.000,00, oltre ad accessori, per spese legali nonché al risarcimento del danno a favore della parte civile costituita per un importo di euro 10,000,00 a titolo provvisionale; che la FIN non aveva comunicato alla RAGIONE_SOCIALE il numero e i tabulati dei tesserati per l’anno di rifermento e che quindi non si era potuto avvalere della polizza assicurativa, sicché aveva versato a NOME COGNOME la somma di euro 10.000,00, oltre alle spese legali, e poi aveva raggiunto un accordo transattivo, in forza del quale gli aveva corrisposto l’ulteriore somma di euro 9.000,00;
la RAGIONE_SOCIALE chiedeva di essere autorizzata a chiamare in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, subentrata alla RAGIONE_SOCIALE, soppressa, ai sensi dell’art. 28 del
dl n. 159/2007; lamentava l’incompetenza territoriale del giudice adito e chiedeva il rigetto della domanda, perché non era tenuta a stipulare una polizza assicurativa della responsabilità civile a favore dei propri tesserati e perché, comunque, data la colpa grave dell’attore nella causazione dei danni, gli stessi non erano risarcibili; in via subordinata, chiedeva la condanna di RAGIONE_SOCIALE a risarcire i danni richiesti dall’attore;
RAGIONE_SOCIALE chiedeva di dichiarare l’incompetenza del Tribunale di Pescara per essere competente quello di RAGIONE_SOCIALE o alternativamente quello di Roma e, in via subordinata, di dichiarare il difetto di giurisdizione del tribunale, essendo la controversia devoluta alla competenza arbitrale; in via ulteriormente subordinata, domandava il rigetto della chiamata in causa per difetto di legittimazione passiva e comunque insisteva per l’ infondatezza della domanda;
il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 276/2015, accertava la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per non aver comunicato all’assicurazione il nominativo dell’assicurato e disponeva la prosecuzione del giudizio per l’accertamento dell’entità del danno;
detta sentenza veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Corte d’Appello di L’Aquila;
con successiva sentenza n. 1027/2016 il Tribunale di Pescara condannava Fin a rifondere all’attore la somma di euro 3 .015,80, applicando la franchigia fino a tre punti di invalidità ed escludendo le spese per le protesi odontoiatriche;
NOME COGNOME impugnava detta sentenza dinanzi alla Corte d’appello di L’Aquila, chiedendone la riforma nella parte in cui aveva ritenuto di applicare la copertura per la franchigia fino a tre punti di invalidità e in quella in cui aveva escluso che la copertura assicurativa riguardasse le protesi odontoiatriche;
riuniti i due appelli, quello avverso la sentenza non definitiva, e quello avverso la sentenza definitiva, la Corte d’appello di L’Aquila, ha accolto il gravame di NOME COGNOME ed ha riformato la sentenza n.
276/2015 e la sentenza n. 102/2016, condannando FIN a pagare la somma di euro 12.300,00, con rivalutazione e interessi; ha rigettato invece l’appello proposto da FIN;
ricorre per la cassazione di detta sentenza RAGIONE_SOCIALE, avvalendosi di due motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in questa sede;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
il controricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto che:
1) con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dalla condotta violenta e non accidentale causativa del danno; infatti il Tribunale penale di RAGIONE_SOCIALE aveva condannato NOME COGNOME per il reato di lesioni colpose, escludendo l’esimente del caso fortuito , stante la prevedibilità dell’evento, e , quindi, ritenendo sussistente la colpa cosciente, per aver lanciato la palla dal bordo piscina in direzione della parte offesa, colpendola al mento, allo scopo di richiamarne l’attenzione;
ciò avrebbe dovuto escludere la copertura assicurativa, perché l’art. 3 della sezione responsabilità civile della polizza garantiva la copertura assicurativa solo dei danni cagionati non volontariamente ai sensi di legge; del resto, aggiunge parte ricorrente, se così non fosse si dovrebbe ammettere che attraverso l’assicurazione della responsabilità civile il responsabile di un fatto penalmente rilevante possa essere sostituito dall’assicuratore chiamato in manleva a farsi carico delle conseguenze della sua condotta illecita;
il motivo è inammissibile;
non può che portare alla declaratoria di inammissibilità il rilievo, assorbente, che la ricorrente non ha soddisfatto gli oneri di allegazione gravanti a carico di chi invoca la violazione dell’art.
360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.; la censura risulta formulata in maniera generica e senza soddisfare l’onere di indicare il dato extratestuale dal quale evincere la esistenza del fatto omesso nonché il come e il quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione tra le parti; ciò non consente di attribuire al fatto asseritamente omesso i caratteri del tassello mancante alla plausibilità cui è giunta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054);
anche ammesso che la questione fosse ancora sub iudice e non fosse coperta da giudicato -il dubbio nasce dal fatto che, rassegnando le sue conclusioni in appello, FIN aveva fatto riferimento al giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Pescara al fine di accertare i presupposti per l’attivazione della polizza – il fatto asseritamente omesso è privo di decisività per più ragioni;
l’obbligazione dell’assicuratore non sorge se il fatto illecito che origina il danno ha natura dolosa; il danno che deriva da fatto colposo, benché connotato da colpa anche grave (Cass. 5/09/2019, n. 23948 e già Cass. 17/07/1993, n. 7971: dalla garanzia assicurativa, ex art. 1917 cod.civ., sono esclusi unicamente i danni derivanti da fatti dolosi dell’assicurato, ‘ma non certamente quelli colposi, anche se dovuti a colpa grave, in quanto l’assicurazione per la responsabilità civile presuppone ontologicamente una colpa dell’assicurato, un’imputabilità del fatto dannoso a titolo di colpa, come fondamento dell’obbligazione di risarcire il danno … altro è l’interesse dell’assicurato nell’assicurazione responsabilità contro i danni, altro l’interesse nell’assicurazione sulla responsabilità civile) o gravissima, per contro, vi rientra; è consentito alle parti di escludere tanto l’assicurabilità dei fatti dovuti a colpa grave dell’assicurato quanto l’assicurabilità dei fatti dovuti a particolari e specifici comportamenti colposi; occorre, però, una pattuizione espressa (Cass. 11/08/2017, n. 20070) , la mancanza della quale fa
sì che l’assicurazione copra il danno causato da qualsiasi condotta colposa (Cass. 01/06/1968, n. 1632 e successiva giurisprudenza conforme);
erra la ricorrente ad adombrare l’esclusione della copertura assicurativa, data la non accidentalità del fatto; che cosa debba intendersi per fatti accidentali è stato esaustivamente chiarito da questa Corte nella decisione n. 23762 del 29/07/2022 che, chiamata a pronunciarsi sulla clausola di un contratto di assicurazione della responsabilità civile che limitava l’operare della copertura assicurativa ai fatti accidentali, ha affermato che ‘un’ assicurazione della responsabilità civile che descrivesse il rischio assicurato limitandolo ai casi fortuiti sarebbe una assicurazione senza rischio, e perciò nulla ex art. 1895 cod.civ., giacché da un caso fortuito mai nessuna responsabilità dell’assicurato potrebbe sorgere’ ed ha chiarito che tale limitazione deve essere intesa nell’unico senso possibile, cioè riferendola ‘semplicemente alla condotta colposa, anche se volontaria, in contrapposizione ai fatti dolosi, in quanto secondo la terminologia giuridica tradizionalmente accettata senza contestazioni, il fatto accidentale è equivalente a fortuito o forza maggiore; di conseguenza appare evidente la contraddizione della previsione del risarcimento dovuto all’assicurato quale civilmente responsabile per danni prodotti a terzi in dipendenza di un fatto accidentale’; con detta pronuncia è stato preso definitivamente commiato dall’unico precedente rappresentato da Cass. n. 1214 del 04/02/1992, il quale, premesso che ‘ben possano darsi eventi non dolosi e non accidentali’, aveva osservato che ‘l’accidentalità non richiede l’imprevedibilità dell’evento dannoso, ma l’incertezza della sua specificità, sicché si configura quando, pur essendo astrattamente possibile il verificarsi di una evenienza, sia incerto il complesso di fattori che concorrono a produrla secondo le modalità materiali e temporali concretamente verificatasi’ ed è stato altresì chiarita
l’insostenibilità dell’affermazione secondo cui i ‘fatti colposi’ sono quelli dovuti a colpa del responsabile, mentre quelli ‘accidentali’ sono quelli dovuti al concorso della condotta del responsabile e di un fattore estranee ad esso, alla luce del principio secondo cui il concorso del fatto umano col fatto naturale non esclude né riduce il nesso di causalità tra condotta colposa e danno;
non essendo in discussione la assicurabilità della responsabilità penale -in genere inassicurabile, perché la responsabilità penale, è orientata non già a compensare la perdita subita dalla vittima, ma a colpire l’azione antigiuridica del reo, attraverso l’irrogazione di una sanzione punitiva sicché il contratto di assicurazione della responsabilità civile che coprisse il rischio di irrogazione di pene sarebbe nullo per contrarietà ai principi di ordine pubblico propri del sistema sanzionatorio punitivo -come la effettività e la personalità della pena – nei quali trova espressione la potestà sanzionatoria dello Stato, perché non solo implicherebbe una spersonalizzazione della pena attraverso il trasferimento del rischio di una sua irrogazione sull’assicuratore, ma determinerebbe altresì uno svilimento dell’efficacia della sanzione punitiva, in quanto l’impresa assicuratrice assumerebbe il relativo rischio a costo parziale, attraverso una sua redistribuzione all’interno della comunione degli assicurati -non ha alcun rilievo il fatto che l’illecito integri anche gli estremi di un reato: l’illiceità della condotta dannosa, infatti, non incide sulla causa del contratto, né sul suo oggetto (Cass. 23/02/1963, n. 434 e successiva giurisprudenza conforme);
2) con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1362 e 1363 cod.civ. per essere stata ritenuta obbligata a comunicare alla compagnia assicurativa i tabulati dei tesserati; tale obbligo -nella sua prospettazione – non era previsto dalla polizza , la quale prevedeva solo che dovesse riferire l’elenco dei convocati facenti parte delle squadre nazionali, dei partecipanti ai corsi di
salvamento, dei soci, dei non tesserati FIN di società affiliate, degli iscritti alle scuole federali del settore propaganda;
il motivo è da rigettare;
la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra ( cfr., ex multis , Cass. 09/04/2021, n. 9461;
3) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di quella controricorrente, liquidandole in euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile